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Portale di informazione per le guardie particolari giurate :: Modulo Forum per XOOPSMon, 10 Aug 2020 23:22:00 +0200http://backend.userland.com/rss/CBB 1.16Forum[email protected][email protected]itGuardie Informate = Guardie Giurate :: Forumhttp://www.guardieinformate.net/modules/newbb/images/xoopsbb_slogo.png
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9252Re: Cosa è il Bossing? [da FFS]
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Mobbing:: Cosa è il Bossing?<br />
Verissimo!!!<br />Si tratta di una forma di persecuzione attuata attraverso una strategia di vessazioni psicologiche e disciplinari, volta a costringere il dipendente sgradito all'autolicenziamento.<br />Viene applicata a tutti, in particolare ai graduati (2° e 3° livello) e agli anziani che vengono spostati dal loro consueto compito, affidando mansioni degradanti e dequalificanti rispetto al loro profilo professionale.<br />Se ti mancano pochi anni alla pensione, ti chiamano e ti offrono una vera miseria per invogliarti ad andartene prima.<br />Gentaglia!Wed, 26 Oct 2016 13:17:11 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=23815&forum=55Mobbing: che cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro [da ADMIN ]
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Mobbing:: Mobbing: che cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro<br />
Mobbing: che cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro<br /><br />Harald Ege<br /><br /><br />Con la parola Mobbing si intende una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori. La vittima di queste vere e proprie persecuzioni si vede emarginata, calunniata, criticata: gli vengono affidati compiti dequalificanti, o viene spostata da un ufficio all’altro, o viene sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori. Nei casi piú gravi si arriva anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali. Lo scopo di tali comportamenti può essere vario, ma sempre distruttivo: eliminare una persona divenuta in qualche modo “scomoda”, inducendola alle dimissioni volontarie o provocandone un motivato licenziamento.<br /><br /><br />Si tratta di una materia solo recentemente teorizzata, ma ben nota, più vicino alla nostra vita di quanto non avremmo mai immaginato. Chi di noi infatti vive o ha mai vissuto la sua vita lavorativa senza conflitti e senza problemi? Allora siamo dunque tutti vittime di Mobbing? La risposta è, ovviamente, no. Se il vostro capoufficio arriva in ritardo, arrabbiato perchè la macchina l’ha piantato in asso in mezzo ad un incrocio, e voi gli ricordate che deve fare una telefonata fastidiosa o gli riferite l’esistenza di un problema, allora avrete novantanove probabilità su cento di venire trattati male e di sentirvi umiliati e feriti. Una cosa è però certa: non siete vittime di Mobbing, ma solo di azioni che chiameremo mobbizzanti: azioni fastidiose, anche dure e poco gradevoli, ma legate a fattori situazionali (una giornata storta, un mal di testa, un problema privato, o altro da parte vostra o di chi vi lavora accanto) e quindi momentanee. Se invece per qualche ragione il modo di fare prepotente del capoufficio o i pettegolezzi dei colleghi o i comportamenti aggressivi diventano un’abitudine, cioè se le azioni mobbizzanti diventano regolari, sistematiche e di lunga durata, allora si può parlare di Mobbing.<br /><br /><br />Il Mobbing infatti si manifesta come un’azione (o una serie di azioni) che si ripete per un lungo periodo di tempo, compiuta da uno o più mobber per danneggiare qualcuno (che chiameremo mobbizzato), quasi sempre in modo sistematico e con uno scopo preciso. Il mobbizzato viene letteralmente accerchiato e aggredito intenzionalmente (il verbo inglese to mob significa “assalire, aggredire, affollarsi attorno a qualcuno”) da aggressori che mettono in atto strategie comportamentali volte alla sua distruzione psicologica, sociale e professionale. I rapporti sociali si volgono alla conflittualità e si diradano sempre più, relegando la vittima nell’isolamento e nell’emarginazione più disperata.<br /><br /><br />Il Mobbing ha effetti devastanti sulla persona colpita: essa viene danneggiata psicologicamente e fisicamente, menomata della sua capacità lavorativa e della fiducia in se stessa. Risente spesso di sintomi psicosomatici, stati depressivi o ansiosi, tensione continua e incontrollata. L’esito ultimo - e non raro - è il suicidio: in Svezia un’indagine statistica ha rivelato che tra il 10 ed il 20% dei suicidi in un anno hanno avuto come causa scatenante forme depressive dovute a Mobbing. In questo Paese, all’avanguardia nello studio sul Mobbing, è stata aperta una clinica specialistica per mobbizzati, il Mobbing è stato dichiarato reato punibile penalmente ed i suoi effetti sono ritenuti malattia professionale. Le ricerche hanno dimostrato che il Mobbing può portare ad un danno psichico o psicofisico permamente, tale da consentire una regolare richiesta di risarcimento per invalidità professionale.<br /><br /><br />Ma il Mobbing non è solo questo: esso provoca anche un sensibile calo di produttività all’interno dell’azienda in cui si verifica: chi fa Mobbing o lo subisce fa registrare un forte calo di rendimento professionale, inoltre la vittima si assenta spesso per visite o periodi di malattia. Tale costo si ripercuote poi sull’intera società: una vittima di Mobbing è di solito pre-pensionata o invalidata dal lavoro, e secondo stime statistiche, un lavoratore costretto alla pensione a soli 40 anni costa già 1 miliardo e 200 milioni di Lire in più rispetto ad uno pensionato all’età prevista.<br /><br /><br />Il Mobbing ha quindi effetti ampiamente distruttivi, complicati dal fatto che scarse e tortuose risultano le possibilità di difesa. Si tratta in effetti di una materia delicatissima, in cui la legislazione è scarsa ed ambigua ed il confine tra lecito esercizio del comando ed il puro arbitrio aggressivo è più impalpabile che mai. In Italia si calcola che più di 1 milione di lavoratori soffrano per Mobbing. Esistono già ricorsi in giudizio per invadilità da vessazioni e persecuzioni sul lavoro che rientrano nella casistica del Mobbing ed alcune sentenze di risarcimento sono già state pronunciate. La strada per arrivare alla dichiarazione del Mobbing come malattia professionale risarcibile e come pratica criminale punibile penalmente é ancora lunga da percorrere. Stiamo muovendo solo ora i primi passi, ma è una battaglia da cambattere con coraggio e determinazione.<br /><br /><br /><br /><br />2. Le strategie del Mobbing<br /><br /><br /><br /><br /><br />Il Mobbing è un fenomeno complesso, che può esprimersi in vari modi e i cui attori possono comportarsi secondo canoni diversi. Tuttavia, cominciamo a renderci conto che nel Mobbing esiste una costante: la vittima è sempre in una posizione inferiore rispetto ai suoi avversari. Inferiorità non riferita al potere, all’intelligenza o alla cultura, ma come status: durante un lungo periodo di tempo in cui subisce Mobbing, la vittima perde gradatamente la sua posizione iniziale, cioè perde<br /><br /><br />1. la sua influenza<br /><br /><br />2. il rispetto degli altri verso di lui<br /><br /><br />3. il suo potere decisionale<br /><br /><br />4. non di rado la salute<br /><br /><br />5. la fiducia in se stesso<br /><br /><br />6. gli amici<br /><br /><br />7. l’entusiasmo nel lavoro<br /><br /><br />8. se stesso<br /><br /><br />9. la sua dignità.<br /><br /><br />La gamma della strategie che un mobber può adottare è davvero diabolica. Ho saputo di impiegati trasferiti in uffici senza servizi igienici, impossibilitati a lasciare il proprio posto di lavoro per i bisogni fisici se non dopo umilianti telefonate; di maestre ridotte a bibliotecarie; di manager cinquantenni truffati con false promesse di riassunzione che si sono ritrovati a percepire stipendi irrisori e degradanti; di impiegate mobbizzate dal capoufficio come vendetta per i loro rifiuti di prestazioni sessuali. I casi più gravi riguardano persone giunte a meditare ed a attuare il suicidio, ultimo atto di un quadro depressivo dilaniante, o esasperate al punto da pensare ad uccidere il proprio persecutore.<br /><br /><br />Come si può ben immaginare, capire se una persona è stata, è o sta per essere mobbizzata non è cosa semplice. Prendendo ad esempio un periodo medio di 35 anni di lavoro e ragionando a livello statistico, possiamo supporre che almeno una volta nel corso della vita lavorativa ad ognuno di noi si presenti un caso di Mobbing, indipendentemente dal fatto che sia da noi vissuto in modo passivo (cioè se assistiamo da spettatori non coinvolti ad un caso di Mobbing nel nostro ufficio o verso un collega a noi vicino) o che invece ne abbiamo presa una parte attiva (come vittima o come mobber stesso).<br /><br /><br />Con questo vorrei evidenziare il fatto che il Mobbing non è un fenomeno nè estraneo e nè marginale nella vita di qualsiasi lavoratore. Ma attenzione: ciò non implica che sia un evento del tutto normale! Tutt’altro. Il Mobbing è un’aberrazione e un abuso, che dovrebbe essere combattuto e bandito dalla nostra società. La mia piccola statistica vuole mostrarci invece come a dispetto di ciò esso avvenga tranquillamente e impunemente vicino a noi, probabilmente anche con maggiore frequenza di quanto ipotizzato. Il Mobbing avviene perchè nessuno lo impedisce: gli spettatori non tentano di fermare il mobber, e con il loro silenzio, lo favoriscono. Davanti al Mobbing infatti si tace e si fa finta di non vedere.<br /><br /><br />Il perchè non è giustificabile, ma almeno comprensibile: la paura. Paura di essere coinvolti, di fare una brutta figura, di essere poi accusati a nostra volta di qualcosa, di avere ritorsioni di qualche genere, di perdere eventualmente il lavoro. Paura, forse, di affermare le proprie convinzioni anche a dispetto di tutti gli altri. Potremmo affermare che esiste una specie di omertà professionale, che innalza un muro di silenzio dietro a cui il mobber può agire indisturbato. Nel Mobbing, purtroppo, vale un vecchio detto: “Chi tace acconsente e partecipa”.<br /><br /><br />Il Mobbing è dunque sempre esistito, ma solo adesso comincia a diffondersi una sua teorizzazione. Finora è sempre stato passivamente accettato come parte del gioco. I commenti più frequenti che ho ricevuto parlando di Mobbing sono stati: “Purtroppo ci si deve adattare” o “Queste sono le regole del lavoro”. Ebbene, è veramente necessario che ognuno di noi riveda le sue convinzioni e i suoi pregiudizi. Il Mobbing non è la regola da accettare passivamente, ma un abuso da combattere.<br /><br /><br /><br /><br />3. Gli attori del Mobbing<br /><br /><br /><br /><br /><br />Il Mobbing è un fenomeno sociale: non può avvenire da sè, ma è fatto, subito o favorito da esseri umani. Le persone che vi prendono parte ne sono attori indispensabili, con i loro difetti, le loro idiosincrasie caratteriali, le loro paure. Il Mobbing è un’azione aggressiva, che vede necessariamente due attori: l’aggressore, o mobber, e la sua vittima, o mobbizzato. In un ufficio, o in un luogo di lavoro, tuttavia, solo raramente questi due personaggi si trovano da soli l’uno contro l’altro. Nella stragrande maggioranza dei casi attorno a loro c’è un numero variabile di persone. Nessuna situazione di Mobbing può restare inavvertita da questi cosiddetti spettatori: la sua portata è troppo pregnante perchè non venga in qualche modo percepita. Conseguentemente a questo, anche gli spettatori del Mobbing ne sono coinvolti: possono fare da semplice sfondo oppure parteggiare apertamente per una delle due parti<br /><br /><br />Il tratto tipico del mobbizzato è l’isolamento. La vittima di Mobbing si sente incompresa e sola di fronte al suo nemico, in una situazione senza via d’uscita in cui non sa come è entrata e spesso nemmeno perchè. In effetti, molte persone colpite si chiedono ancora oggi cosa mai avessero fatto di male, cosa fosse o sia così sbagliato nel loro comportamento da provocare questo odio degli altri verso di loro. È difficile poter stilare una casistica di vittime, di trovare cioè la persona caratterialmente più propensa ad essere mobbizzata. In effetti, dal punto in cui stanno oggi le ricerche sul Mobbing, possiamo affermare che la vittima potrebbe essere chiunque e che non esiste una categoria di persone predestinata a diventare una vittima del Mobbing.<br />Tuttavia possiamo affermare che ci sono situazioni in cui è più probabile venire mobbizzati. Pensiamo ad una persona in qualche modo diversa dagli altri: una donna in un ufficio di uomini o viceversa, una persona più qualificata, più giovane, più brava nel lavoro, oppure il classico caso della persona nuova, magari più qualificata e più giovane, addirittura assunta da subito come capufficio: senz’altro le possibilità di subire Mobbing per lui sono sicuramente maggiori. Qualunque sia la sua posizione o il suo carattere, la vittima generalmente, e almeno all’inizio, reagisce al Mobbing che gli viene perpetrato, tuttavia a nulla servono i suoi sforzi: il più delle volte è la reazione stessa della vittima, in qualunque modo essa si configuri, a dare al mobber nuove argomentazioni di attacco o nuovi motivi per continuare la sua azione.<br /><br /><br />Il mobber, cioè colui che inizia e continua l’attacco, può avere davvero mille motivi per perpetrare il Mobbing: paura di perdere il lavoro o la posizione duramente guadagnata o di essere surclassato ingiustamente da qualcun altro più giovane o più qualificato, o semplicemente più simpatico; ansia di carriera che porta a frantumare qualsiasi ostacolo, vero o presunto, gli si pari davanti; semplice antipatia o intolleranza verso qualcuno con cui è costretto a convivere otto ore al giorno. Il mobber classico non lascia in pace la sua vittima perchè ritiene di riportare vantaggi dalla sua distruzione o la usa come valvola di sfogo dei suoi umori. Può agire da solo o cercarsi alleati. Può addirittura essere assolutamente consapevole della sua azione, mobbizzare di proposito per il gusto di farlo e pianificare per divertimento nuove strategie.<br /><br /><br />C’è anche chi si trova quasi per caso nella situazione di mobber: è risultato vincitore di un normale conflitto e del tutto inconsciamente continua la lotta con lo scopo di distruggere completamente la vittima. Paradossalmente queste persone non si rendono conto di quello che stanno facendo sulle loro vittime e sono le prime a mostrarsi incredule di fronte agli sviluppi della situazione. Infine ci sono le persone caratterialmente difficili, i collerici, gli autoritari, i megalomani ed i criticoni. E tutta una gamma di frustrati al di fuori del lavoro che sfogano i propri istinti repressi sui colleghi.<br /><br /><br />Gli spettatori sono tutte quelle persone, colleghi, superiori, addetti alla gestione del personale, che non sono coinvolti direttamente nel Mobbing, ma che in qualche modo vi partecipano, lo percepiscono, lo vivono di riflesso. La funzione che lo spettatore ricopre all’interno del posto di lavoro ha un’importanza cruciale per lo sviluppo del Mobbing. Come il ruolo del mobber dipende crucialmente dalla sua posizione gerarchica (cioè da quanto potere esecutivo può convogliare nella sua azione mobbizzante), così anche quello dello spettatore diventa fondamentale nella sua capacità di influenza sul Mobbing: se lo spettatore è un neo-assunto in contratto di Formazione allora è comprensibile che potrà fare ben poco di fronte al Mobbing; se invece è il capo-reparto, egli ha l’autorità di porre fine o far proseguire il processo.<br /><br /><br />Se uno spettatore non agisce, molto spesso si può tramutare in un altro temibile aggressore. Come dice un noto proverbio, il ladro non è solo chi ruba, ma anche chi gli regge il sacco: ebbene, un collega che assiste al Mobbing e non lo denuncia o cerca di interrromperlo in qualche modo può diventare lui stesso un mobber di riflesso, ossia un side-mobber: egli infatti favorisce il mobbing con la sua indifferenza e la sua non disponibilità ad intervenire. I colleghi non direttamente coinvolti hanno in mano la chiave di volta per permettere o non permettere l’azione del mobber nel loro ufficio. Nel Mobbing, più che in altre situazioni, chi tace inesorabilmente acconsente.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />4. Le fasi del Mobbing: il modello italiano Ege a 6 fasi<br /><br /><br /><br /><br /><br />Il Mobbing non è una situazione stabile, ma un processo in continua evoluzione. Sulla base di ciò, gli esperti tedeschi e svedesi hanno cercato di definire gli stadi che il Mobbing attraversa, per cercare di capirne così i metodi e le prerogative. Il modello più famoso è quello a 4 fasi elaborato da Leymann, lo studioso che è ritenuto il fondatore di questo nuovo ramo della Psicologia del Lavoro, che è ampiamente presentato e discusso nei miei libri. Come ho già avuto modo di affermare, tuttavia, ritengo che il modello di Leymann rifletta una percezione del Mobbing prettamente applicato alla realtà svedese, in cui egli operava, con una valida e precisa integrazione derivata dalle sue radici culturali tedesche. Per questo motivo, presumibilmente, il modello di Leymann, oltre ad avere un’indiscussa validità nell’area scandinava, si presta in modo eccezionale all’applicazione anche all’interno di studi condotti in Germania. Quando mi sono trovato ad analizzare la situazione italiana, però, mi sono reso conto che le cose stavano in modo ben diverso. Il modello di Leymann applicato in Italia lasciava infatti troppi vuoti da colmare in modo approssimativo, troppi quesiti aperti e troppe risposte prive di quell’esattezza che uno studio scientifico richiede.<br /><br /><br />Ciò di cui mi sono reso conto è stato che non era il modello ad essere inesatto (la sua validità era in effetti provata in modo indiscutibile), bensì erano le caratteristiche stesse della situazione italiana che male si adattavano al modello stesso, rendendolo troppo vago ed impreciso. Dunque, sono giunto alla conclusione che il modello di Leymann è inadeguato ed inapplicabile ad una realtà sociale come quella italiana, essendo questa per troppi versi distante ed inconfrontabile da quella germanica o nordeuropea all’interno della quale, e per la quale, esso era stato elaborato. Conseguentemente ho dovuto necessariamente operare degli aggiustamenti sul modello base, per renderlo adatto all’applicazione alla realtà del Mobbing italiano. Il risultato a cui sono giunto è stato un modello che ancora si fonda su Leymann, ma che ne costituisce un ampliamento. Il mio modello, che ho chiamato modello italiano Ege, si compone di sei fasi di Mobbing vero e proprio, legate logicamente tra loro e precedute da una sorta di pre-fase, detta Condizione Zero, che ancora non è Mobbing, ma che ne costituisce l’indispensabile presupposto. Per una maggiore comprensione, vediamo le sei fasi e la pre-fase con l’aiuto di un esempio.<br /><br /><br /><br />LA “CONDIZIONE ZERO”<br /><br /><br /><br />Non si tratta di una fase, ma di una pre-fase, di una situazione iniziale normalmente presente in Italia e del tutto sconosciuta nella cultura nordeuropea: il conflitto fisiologico, normale ed accettato. Una tipica azienda italiana è conflittuale. Sono poche le aziende che sfuggono a questa regola. Questa conflittualità fisiologica non costituisce Mobbing, anche se è evidentemente un terreno fertile al suo sviluppo. Si tratta di un conflitto generalizzato, che vede tutti contro tutti e non ha una vittima cristallizzata. Non è del tutto latente, ma si fa notare di tanto in tanto con banali diverbi d’opinione, discussioni, piccole accuse e ripicche, manifestazioni del classico ed universalmente noto tentativo generalizzato di emergere rispetto agli altri. Un aspetto è fondamentale: nella “condizione zero” non c’è da nessuna parte la volontà di distruggere, ma solo quella di elevarsi sugli altri.<br /><br /><br />Vediamo un esempio pratico: un’azienda di servizi che elabora programmi di computer e software. I tempi di consegna sono sempre strettissimi e i dipendenti sono continuamente sottoposti a superlavoro. Matteo è un programmatore dipendente di questa azienda: a volte si trova in difficoltà e indietro col lavoro, ma nessun collega può e vuole aiutarlo, perché impegnato a gestire i suoi stessi tempi strettissimi. Inoltre, nell’azienda esiste una forte competitività: ogni dipendente che riesce a consegnare in tempo il lavoro riceve una gratificazione, mentre chi resta indietro corre seri rischi. In conseguenza di tutto questo, i rapporti personali tra tutti i colleghi (e non solo nei confronti di Matteo) sono praticamente inesistenti e improntati a una gelida cortesia formale.<br /><br /><br /><br />LA 1° FASE: IL CONFLITTO MIRATO<br /><br /><br /><br />È la prima fase del Mobbing in cui si individua una vittima e verso di essa si dirige la conflittualità generale. Il conflitto fisiologico di base dunque prende una svolta, non è più una situazione stagnante, ma si incanala in una determinata direzione. In questo momento l’obiettivo non è più solo quello di emergere, ma quello di distruggere l’avversario, fargli le scarpe. Inoltre, il conflitto non è più oggettivo e limitato al lavoro, ma sempre più adesso sbanda verso argomenti privati.<br /><br /><br />Nel nostro esempio, Matteo riceve una cospicua gratificazione per aver portato a termine in tempo un importante lavoro. Questo suscita invidia nei colleghi che temono di venire ingiustamente surclassati: ora, pensano, il capufficio privilegerà lui invece di noi. Cominciano così a isolarlo e a prenderlo in giro: “Sei tu il fenomeno, quindi non hai bisogno di consigli da parte nostra”.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />LA 2° FASE: L`INIZIO DEL MOBBING<br /><br /><br /><br />Gli attacchi da parte del mobber non causano ancora sintomi o malattie di tipo psico-somatico sulla vittima, ma tuttavia le suscitano un senso di disagio e fastidio. Essa percepisce un inasprimento delle relazioni con i colleghi ed è portata quindi ad interrogarsi su tale mutamento.<br /><br /><br />Matteo è ora fatto bersaglio di veri e propri attacchi: è accusato di stakanovismo e di superbia nei confronti dei colleghi. Prima era spesso attaccato, ora ogni problema viene gettato su di lui, che è diventato ormai il capro espiatorio dell’intero ufficio: “La colpa del ritardo è sua, voleva fare tutto da solo”, “Non ci ha informato per avere da solo tutto il vantaggio”, “Quello vuole farci le scarpe a tutti”. Matteo si accorge della freddezza che improvvisamente lo circonda e comincia a chiedersi cosa mai ha fatto per meritarsela.<br /><br /><br /><br />LA 3° FASE: PRIMI SINTOMI PSICO-SOMATICI<br /><br /><br /><br />La vittima comincia a manifestare dei problemi di salute e questa situazione può protrarsi anche per lungo tempo. Questi primi sintomi riguardano in genere un senso di insicurezza, l’insorgere dell’insonnia e problemi digestivi.<br /><br /><br />A furia di interrogarsi, il nostro Matteo è arrivato al punto che la situazione in ufficio è diventata un chiodo fisso: non dorme più bene, si sveglia spesso in preda a incubi, comincia ad avvertire tremori alle gambe quando va in ufficio e entra in una lieve depressione, poiché vede che non riesce in nessun modo a migliorare le cose.<br /><br />LA 4° FASE: ERRORI ED ABUSI DELL`AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE<br /><br /><br /><br />Il caso di Mobbing diventa pubblico e spesso viene favorito dagli errori di valutazione da parte dell’ufficio del Personale. La fase precedente, che porta in malattia la vittima, è la preparazione di questa fase, in quanto sono di solito le sempre più frequenti assenze per malattia ad insospettire l’Amministrazione del Personale.<br /><br /><br />In seguito ai sintomi psicosomatici che avverte, Matteo va una prima volta in malattia, ma al ritorno in ufficio le cose sono anche peggio: ora i colleghi lo prendono in giro anche per avere, a loro dire, rimediato delle vacanze extra quando loro erano oberati di lavoro. Matteo cerca di resistere, ma deve chiedere altri giorni di permesso: l’insonnia si è aggravata e la depressione è sempre più profonda, non riesce a entrare in ufficio e a mettersi al lavoro. L’ufficio personale, allarmato anche dal ritardo del lavoro, nota le ripetute assenze di Matteo e comincia a indagare: la soluzione più facile è inviare richiami disciplinari a una sola persona (Matteo) piuttosto che a tutto l’ufficio.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />LA 5° FASE: SERIO AGGRAVAMENTO DELLA SALUTE PSICO-FISICA DELLA VITTIMA<br /><br /><br /><br />In questa fase il mobbizzato entra in una situazione di vera disperazione. Di solito soffre di forme depressive più o meno gravi e si cura con psicofarmaci e terapie, che hanno solo un effetto palliativo in quanto il problema sul lavoro non solo resta, ma tende ad aggravarsi. Gli errori da parte dell’amministrazione infatti sono di solito dovuti alla mancanza di conoscenza del fenomeno del Mobbing e delle sue caratteristiche. Conseguentemente, i provvedimenti presi sono non solo inadatti, ma anche molto pericolosi per la vittima. Essa finisce col convincersi di essere essa stessa la causa di tutto o di vivere in un mondo di ingiustizie contro cui nessuno può nulla, precipitando ancora di più nella depressione<br /><br /><br />Matteo è in piena depressione: non riesce più a dormire o ad andare avanti senza pastiglie. Ora è convinto più che mai che tutto il mondo ce l’ha con lui, non solo i colleghi, ma anche l’azienda stessa, che lo richiama, lo rimprovera, gli nega permessi, ferie e aspettative.<br /><br /><br /><br />LA 6° FASE. ESCLUSIONE DAL MONDO DEL LAVORO<br /><br /><br /><br />Implica l’esito ultimo del Mobbing, ossia l’uscita della vittima dal posto di lavoro, tramite dimissioni volontarie, licenziamento, ricorso al pre-pensionamento o anche esiti traumatici quali il suicidio, lo sviluppo di manie ossessive, l’omicidio o la vendetta sul mobber. Anche questa fase è preparata dalla precedente: la depressione porta la vittima a cercare l’uscita con le dimissioni o licenziamento, una forma più grave può portare al pre- pensionamento o alla richiesta della pensione di invalidità. I casi di disperazione più seri si concludono purtroppo in atti estremi.<br /><br /><br />Matteo, ormai incapace di reggere ancora la pressione a cui è sottoposto, si dimette. Le sue referenze per un altro eventuale impiego, non sono certo delle migliori, e comunque, prima di riprendere il lavoro, ha bisogno di riposo e di cure per uscire dal tunnel della depressione e riprendere fiducia in se stesso.<br /><br /><br /><br /><br />5. Il doppio-Mobbing<br />Quello che ho chiamato Doppio Mobbing è un’altra situazione che ho riscontrato frequentemente in Italia, ma di cui non si trova traccia nella ricerca europea sul Mobbing. Come ho già affermato, il Doppio Mobbing è legato al ruolo particolare che la famiglia ricopre nella società italiana.<br /><br /><br />In Italia, il legame tra individuo e famiglia è molto forte; la famiglia partecipa attivamente alla definizione sociale e personale dei suoi membri, si interessa del loro lavoro, della loro vita privata, della loro realizzazione e dei loro problemi: virtualmente non scompare mai dall’esistenza dei suoi componenti: si fa da parte, forse, ma è sempre presente a fornire consigli, aiuti, protezione. Conseguentemente, possiamo ipotizzare che, in linea generale, la vittima di una situazione di Mobbing tenda a cercare aiuto e consiglio a casa. Qui sfogherà la rabbia, l’insoddisfazione o la depressione che ha accumulato durante una giornata lavorativa passata sotto i colpi del mobber. E la famiglia assorbirà tutta questa negatività, cercando di dispensare al suo componente in crisi quanto più ha bisogno in termini di aiuto, protezione, comprensione, rifugio ai propri problemi. La crisi porterà necessariamente ad uno squilibrio dei rapporti, ma la famiglia ha molte più risorse e capacità di ripresa di un singolo, e riuscirà a tamponare la falla.<br /><br /><br />Il Mobbing, però, non è un normale conflitto, un periodo di crisi che si concluderà presto. Il Mobbing è un lento stillicidio di persecuzioni, attacchi e umiliazioni che perdura inesorabilmente nel tempo, e proprio nella lunga durata ha la sua forza devastante. La vittima soffre e trasmette la propria sofferenza al coniuge, ai figli, ai genitori per molto tempo, il più delle volte anni. Il logorìo attacca la famiglia, che resisterà e compenserà le perdite, almeno per un certo tempo, ma quando le risorse saranno esaurite, entrerà anch’essa in crisi. Come un barattolo, che ha un suo limite di capienza, così una famiglia può assorbire fino ad un certo limite i lamenti di uno dei suoi membri.<br /><br /><br />Infatti, nello stesso momento in cui la vittima si sfoga, è come se delegasse i suoi famigliari a gestire la rabbia, la depressione, l’aggressività, il malumore accumulati. E giorno dopo giorno, per mesi e anni, il barattolo si riempe, avvicinandosi sempre di più alla saturazione. Se questo avviene, la situazione della vittima di Mobbing crolla. La famiglia protettrice e generosa improvvisamente cambia atteggiamento, cessando di sostenere la vittima e cominciando invece a proteggere se stessa dalla forza distruttiva del Mobbing. Ciò significa che la famiglia si richiude in se stessa, per istinto di sopravvivenza, e passa sulla difensiva. La vittima infatti è diventata una minaccia per l’integrità e la salute del nucleo famigliare, che ora pensa a proteggersi prima, ed a contrattaccare poi. Si tratta naturalmente di un processo inconscio: nessun componente sarà mai consapevole di aver cessato di aiutare e sostenere il proprio caro.<br /><br /><br />Il Doppio Mobbing indica la situazione in cui la vittima si viene a trovare in questo caso: sempre bersagliata sul posto di lavoro e per di più privata della comprensione e dell’aiuto della famiglia. Il Mobbing a cui è sottoposto è raddoppiato: ora non è solo presente in ufficio, ma continua, a con altre modalità, anche dopo, a casa.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />6. Il Bossing<br /><br /><br /><br /><br /><br />Molto interessanti a questo proposito sono i casi in cui manca la prima fase, ossia quella del conflitto non ancora con caratteristiche mobbizzanti. Nella maggior parte di questi casi siamo di fronte a ciò che si definisce Bossing, cioè Mobbing compiuto dai superiori o dai dirigenti dell’azienda, quasi sempre con lo scopo preciso di indurre il dipendente alle dimissioni. Come sappiamo, al giorno d’oggi il diritto dei lavoratori rende molto difficile per un’azienda licenziare qualcuno senza problemi, soprattutto quando si tratta di persone organizzate nei sindacati. Tuttavia, soprattutto in tempi di crisi, molte aziende sono costrette a ridurre il personale, o a ringiovanirlo. Il Bossing o Mobbing pianificato si configura in questi casi proprio come una precisa strategia aziendale.<br /><br /><br />Durante le mie ricerche in Italia ho conosciuto vari casi di Mobbing pianificato, messo in atto dall’azienda allo scopo di eliminare singole persone scomode, oppure di razionalizzare, ringiovanire o ridurre in genere il personale. Di solito l’organizzazione assume atteggiamenti davvero spietati, ai limiti (e spesso oltre) della legalità. In Italia la pratica del Bossing trova condizioni molto favorevoli per prosperare: la crisi latente e continuativa, infatti, causa necessariamente un elevato livello di disoccupazione e conseguentemente un’altissima paura da parte dei lavoratori di perdere il proprio posto. In questa situazione la pressione che il datore di lavoro ha la possibilità di esercitare sul dipendente con la minaccia del posto di lavoro diventa facilmente uno strumento di Mobbing pianificato.<br /><br /><br />In una catena di supermercati discount sono davvero rimasto senza parole davanti all’estrema facilità e normalità con cui le persone scomode venivano sabotate per essere poi denunciate davanti agli altri come incapaci: ho visto tendere vere e proprie trappole, alcune veramente subdole, per assicurarsi una finta prova da esibire per giustificarsi davanti agli altri e accusare la vittima. In un’azienda di questo genere con sede nel Veneto, per esempio, venivano messe in atto da parte della Direzione o dei suoi collaboratori le seguenti azioni di Bossing verso una persona particolare che doveva essere eliminata:<br /><br /><br />- gli venivano date istruzioni false o incomplete, in modo che egli era costretto a rimediare continuamente ad errori e ad “improvvisare” gran parte del suo lavoro, non sapendo mai nulla con precisione;<br /><br /><br />- gli venivano spediti fax e altre comunicazioni con ordini e istruzioni anonimi che contenevano, oltre alla vera trappola, anche grossolani errori che potevano facilmente essere fatti ricadere su di lui: il fax non era firmato, in modo che non era possibile per lui difendersi dicendo di aver ricevuto tali ordini da altri;<br /><br /><br />- il primo direttore compiva apertamente verso di lui la maggioranza delle azioni mobbizzanti descritte in precedenza. La cosa era resa ancora più grave dal fatto che tale direttore si permetteva di rimproverarlo con grida ed insulti davanti a persone che poi dovevano dipendere da lui, in modo che la sua autorità era ogni volta seriamente compromessa;<br /><br /><br />- venivano favoriti i conflitti e le inimicizie tra la persona presa di mira e i colleghi, mentre gli erano vietati i contatti con chi invece aveva un buon rapporto.<br /><br /><br />Alla fine, questa persona fu accusata di aver causato un danno ingente all’azienda e licenziata in tronco. Il ricorso al Tribunale del Lavoro era impedito dal fatto che il Bossing era stato accuratamente preparato: il danno all’azienda effettivamente c’era stato e non era possibile in nessun modo dimostrare che non era stato lui a causarlo.<br /><br /><br /><br /><br />7. Le conseguenze del Mobbing<br /><br /><br /><br /><br /><br />Il Mobbing è una pratica dannosa e realmente criminale: le sue intenzioni sono dettate da sentimenti profondamente distruttivi verso gli altri ed i suoi esiti sono di portata sconvolgente. È quindi facilmente intuibile la sua potenzialità disgregatrice del tessuto sociale. Le conseguenze di un fenomeno di tale serietà sono quindi ben immaginabili per tutti, tuttavia le prenderemo in esame dal punto di vista dei due elementi che ne hanno solitamente il danno maggiore: il mobbizzato stesso e l’organizzazione (cioè il datore di lavoro in cui la vittima ha lavorato o attualmente lavora).<br /><br /><br />Per la vittima il Mobbing significa prima di tutto problemi di salute, legati alla somatizzazione della tensione nervosa. Il nervosismo causa spesso palpitazioni, tremori, difficoltà respiratorie, problemi di espressione, gastriti e disturbi digestivi. Un’altra sfera dell’esistenza che risente dello stress è il sonno: incubi, sonno interrotto, insonnia. Spesso poi il mobbizzato manifesta disturbi alle funzioni intellettuali: annebbiamento della vista, difficoltà di memoria e di concentrazione e molto frequenti sono i sintomi da pressione psicologica più evidenti, come capogiri e svenimenti. Il Mobbing causa poi alla vittima anche danni finanziari, spesso di entità considerevole: pensiamo alle costose visite mediche specialistiche ed alle sedute psicoanalitiche, oltre alla scomparsa della regolare entrata mensile dello stipendio nei casi in cui il Mobbing sfocia nella perdita del posto di lavoro. Il Mobbing però causa anche danni di tipo sociale, cioè il crollo della sua immagine sociale e la perdita di colleghi, di collaboratori o di amici che non sopportano più il suo l’umore depressivo o del partner che se ne va convinto che sia un fallito.<br /><br /><br />Per l’azienda il Mobbing ha effetti ugualmente devastanti, principalmente sul piano economico: sicuramente se un imprenditore fosse a conoscenza dei veri danni del Mobbing, lo combatterebbe con decisione e rapidità. Ho stilato alcuni calcoli riguardo ad un caso di Mobbing in cui mi sono imbattuto. In un’azienda due persone erano sistematicamente mobbizzate per vari motivi dai colleghi. Dopo sei mesi di Mobbing, una vittima aveva ridotto la sua prestazione lavorativa del 40%, un’altra addirittura del 60%, e questo soltanto prendendo in considerazione il rendimento e non i disturbi di salute che le due vittime manifestavano. Gli stessi due mobbizzati in un anno avevano totalizzato uno 8 settimane di malattia e l’altra ben 10 settimane. Sommando il calo di prestazioni alle assenze retribuite per malattia in un anno l’azienda aveva subito in un caso una perdita del 29,2% e nell’altro addirittura del 41,5%. A queste cifre ho aggiunto i costi dei sostituti durante le assenze delle vittime e la perdita di tempo lavorativo dei mobber (circa il 5% delle loro capacità totali erano infatti devolute alle azioni mobbizzanti, distraendoli così dal loro lavoro). Alla fine la perdita totale calcolata dell’azienda in un anno era di ben il 190,7%.<br /><br /><br />Anche per l’azienda poi il Mobbing ha conseguenze che vanno ben oltre quelle - non poco importanti - dei costi. Ci sono infatti anche conseguenze gravi sul piano sociale: se i dipendenti si dimostrano scontenti delle condizioni di lavoro a cui sono costretti e ne parlano al di fuori, l’immagine della ditta ne risente inevitabilmente e la concorrenza può approfittarne.<br /><br /><br />C’è poi un’altra entità che viene gravemente danneggiata dal Mobbing, la società stessa. Pensiamo ad un mobbizzato costretto a protratte assenze per malattia. L’INPS, ente statale e quindi finanziato dalla comunità, eroga denaro all’azienda affinchè questa persona sia regolarmente retribuita; non solo: la USL, anche questa statale, contribuisce alle spese per le visite mediche, le analisi, le terapie e gli eventuali interventi di altro genere necessari allo stato di salute della vittima del Mobbing.<br /><br /><br />Procediamo tuttavia alle estreme conseguenze a cui il Mobbing può portare una sua vittima, cioè a un caso di invalidità professionale permanente. Il mobbizzato è giunto ad uno stato fisico o psichico in cui non può più svolgere normalmente alcun tipo di lavoro (esaurimento nervoso, depressione cronica, etc). In situazioni di danni permanenti alla salute, la vittima può essere costretta al pre-pensionamento in età ancora relativamente giovane. Anche in questo caso i costi per la società sono enormi: non si deve infatti considerare solo la pensione che riceve con 10-20 anni di anticipo rispetto alla normale età pensionabile a cui sarebbe sicuramente arrivato se non fosse stato mobbizzato. Pensiamo anche ai contributi sullo stipendio che non versa più e alla perdita sociale della risorsa umana relativa alla sua attività lavorativa che non svolge più: in pratica, possiamo affermare che la sua forza lavorativa non è più al servizio della società con molti anni di anticipo.<br /><br /><br />Le ricerche europee sono arrivate ad una stima approssimativa del danno economico che un pre-pensionamente a 40 anni causa alla società: la cifra si aggira su 1 miliardo e 200 milioni di Lire. Una cifra da capogiro, a cui va aggiunto il costo della persona che, non producendo più, occupa però un posto in ospedale o ad una visita specialistica, od ad una seduta di terapia.<br /><br /><br />Anche l’ambiente della vittima subisce un danno da Mobbing: spesso gli umori altalenanti o insopportabili del mobbizzato riescono a far saltare i nervi anche ai familiari ed agli amici. Immaginiamo una coppia in cui uno dei due partner cominci a subire Mobbing: diventerebbe intrattabile, sempre di malumore e depresso; le sue prestazioni sessuali lascerebbero a desiderare, balzerebbe sul letto in piena notte in preda agli incubi e sveglierebbe anche il partner. Porterebbe a casa i suoi problemi sul lavoro; a volte per cercare di liberarsene si darebbe all’alcol, o al fumo; forse diventerebbe violento. Ce n’è abbastanza per separarsi. Anche un divorzio - mi sembra corretto - è da includere all’interno dei costi a carico della società dovuti al Mobbing.<br /><br /><br />Nel 1996/97 è stata condotta la prima ricerca sul Mobbing in Italia da parte di PRIMA Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale.<br /><br /><br /><br /><br /><br />A 301 vittime di Mobbing è stato sottoposto un questionario specifico che riguardava gli effetti e le modalità del terrorismo psicologico che subivano o avevano subito sul posto di lavoro. Ecco alcuni dei risultati della ricerca:<br /><br /><br /><br />IL SETTORE DI PROVENIENZA DELLE VITTIME DI MOBBING<br /><br /><br /><br />Più del 38% delle vittime intervistate provengono dal settore dell’industria produttrice di beni/servizi, mentre un altro forte riscontro del Mobbing si ha nella pubblica amministrazione (oltre 21%).<br /><br /><br />All’interno del mondo industriale o del terziario è ben evidente un certo orientamento verso il profitto, che si traduce di solito nella filosofia secondo cui chi produce di più viene anche maggiormente gratificato. Possiamo dunque avanzare l’ipotesi secondo cui esiste una forte relazione tra Mobbing e ambizione. Poichè più si produce e più si ricevono gratificazioni, è possibile che un impiegato carrierista ed ambizioso ricorra al Mobbing per liberarsi di un collega molto bravo sul lavoro, che è o potrebbe diventare un pericoloso concorrente nella corsa alla promozione. Nell’amministrazione pubblica, invece, solitamente hanno molto peso i favoritismi di ogni tipo, famigliare, politico, etc. Ciò può portare alla spiccata tendenza ad eliminare chiunque non faccia parte della “famiglia”, e che quindi costituisce con la sua semplice presenza, una denuncia al sistema. Un altro motivo di insorgenza del Mobbing negli uffici pubblici inoltre penso possa essere rintracciato nel diffuso sentimento di “noia” di cui tanti impiegati e lavoratori soffrono. In effetti, spesso il personale è in esubero, e quindi il lavoro che ognuno deve svolgere occupa solo una parte del suo orario. Per il resto del tempo si deve restare sul posto di lavoro ad annoiarsi, e prendere in giro un collega diventa troppo spesso un passatempo. <br /><br /><br /><br />L’ETÀ DELLE VITTIME DI MOBBING<br /><br /><br /><br />Quasi la metà (48%) delle vittime di Mobbing si trovano nella fascia d’età compresa tra i 41 ed i 50 anni, mentre pochissime vittime hanno meno di 30 anni. La fascia d’età compresa tra i 41 ed i 50 anni è in ogni caso delicata e ricca di problemi: ci si trova in una fase di transizione e trasformazione, dalla freschezza giovanile all’esperienza dell’età matura e, come se ciò non bastasse, si può avere anche molti nemici. Molte ditte, per esempio, quando decidono di puntare sulla dinamicità o perlomeno di voler dare questa immagine di sè, tendono a privilegiare i dipendenti giovani a scapito di quelli più maturi. Inoltre esiste un certo pregiudizio secondo cui un dipendente di una certa età non sarebbe in grado di produrre come uno giovane. Queste impressioni sono confermate dalla naturale tendenza dei giovani, soprattutto se nuovi assunti, a proporre idee e sperimentare metodi rivoluzionari, mentre, comprensibilmente, un impiegato più anziano tende a lavorare con routine e a percorrere strade che già ben conosce. Inoltre, su questo substrato si salda anche un fattore di tipo puramente economico: il neo-assunto, soprattutto al primo impiego, tende a non avere troppe pretese a livello di trattamento economico, cosa che non si può dire di una persona che ha già vent’anni di esperienza. Un altro “nemico” per questa fascia d’età sono i contratti di formazione: essi permettono all’azienda di assumere un giovane con uno stipendio abbastanza basso e senza eccessivo impegno. Così all’azienda potrebbe sembrare più vantaggioso liberarsi di un dipendente tradizionale e dare il suo posto ad un contratto di formazione.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />LA DURATA E LA FREQUENZA DEL MOBBING<br /><br /><br /><br />Mettendo a confronto la durata del Mobbing con la frequenza con cui viene perpetrato, si riscontrano due dati piuttosto sorprendenti:<br /><br /><br />• una vittima che soffre da più di due anni sotto una situazione di Mobbing viene mobbizzata più frequentemente. Questo avviene perché tutti sono ben consapevoli riguardo a chi sia la vittima e quindi hanno acquisito l’abitudine a “sparare” sempre contro la stessa persona. In più una vittima che è tale da anni ha ormai perso con il tempo la sua forza di resistenza e la sua difesa è diventata sempre più debole e meno efficace. Dunque mobbizzare una persona in queste condizione è meno rischioso per il mobber, che può “osare” di più senza riportare conseguenze.<br /><br /><br />• una vittima che si trova nel terrore psicologico da meno di due anni può essere bersagliata in modo molto intenso oppure al contrario solo raramente. Il Mobbing è molto intenso all’inizio, perchè il mobber tenta così di piegare fin da subito la resistenza della sua vittima e mettere subito in chiaro chi sia “il più forte”. In questa maniera la vittima potrebbe perdere subito coraggio, rimanere intimidita e quindi non tentare più di difendersi. Dall’altra parte, il mobber potrebbe decidere di agire con frequenza minore per provare la reazione di difesa della vittima, oppure perchè ancora la teme e la rispetta. In quest’ultimo caso il Mobbing diverrà più frequente e intenso man mano che il rispetto ed il timore del mobber verso la vittima calano e cresce così il coraggio del mobber all’azione.<br /><br /><br /><br />LA POSIZIONE DEL MOBBER<br />In circa l’88% dei casi è coinvolto un mobber in una posizione superiore a quella della vittima, fra questi in circa il 58% dei casi il mobber è il capo che agisce da solo, mentre nel restante 30% il capo è coadiuvato nel Mobbing dai colleghi della vittima. Solo il 10% sono i casi in cui il mobber era costituito dai colleghi. Dunque, la presenza di una persona di grado superiore nel Mobbing sembra una circostanza diffusa. Tuttavia, il ruolo del capo può essere di due tipi:<br /><br /><br />• il capo può essere il promotore del Mobbing, che quindi comincia per sua iniziativa e coinvolge i colleghi che lo assecondano o lo aiutano sperando in una qualche forma di gratificazione o semplicemente per amore del quieto vivere (sono molto rari infatti i casi in cui un collega prende le difese di una vittima di Mobbing, mettendosi così apertamente contro il capo);<br /><br /><br />• il capo può tollerare il Mobbing dei colleghi, permetterlo o addirittura favorirlo: un collega mobber ha sempre bisogno di una sorta di “permesso” da parte del capo a mobbizzare qualcuno<br /><br /><br />Sia nel primo che nel secondo caso la persona in posizione superiore svolge un ruolo “chiave” per la sopravvivenza ed il progresso del Mobbing. Un tipo di mobber quantitativamente quasi irrelavante (2%) è invece il mobber che si trova in posizione inferiore a quella della vittima. Possiamo quindi pensare che in Italia esista sul posto di lavoro un certo tipo di gerarchia che tende ad essere rispettata al punto che il Mobbing dall’alto è quasi giustificato dal maggiore potere e autorità; dall’altra parte insubordinazioni tali da causare il Mobbing dal basso non sono tollerate. Questa sorta di “regola” sembra ben radicata in Italia: si tende infatti a parlare con un senso di rassegnazione ed inevitabilità riguardo ai possibili problemi di relazione sul lavoro: in pratica sembra che un superiore abbia il diritto di esercitare la sua autorità anche quando non è strettamente necessario e legittimo e che al sottoposto non resta altro da fare se non adattarsi alla situazione. Molte persone sono letteralmente abituate a subire pressioni psicologiche anche molto forti dai loro capi, e tuttavia non pensano minamente che ciò può essere dannoso e che non è comunque legittimo.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />IL SESSO DEL MOBBER E DELLA VITTIMA<br /><br /><br /><br />I mobber preferiscono attaccare una vittima del loro stesso sesso: due mobber uomini su tre se la prendono con una vittima uomo, mentre ben 13 mobber donne su 14 mobbizzano una donna. Gli uomini inoltre sono tendenzialmente più mobber delle donne e non disdegnano però nemmeno una vittima donna: circa un terzo di mobber maschili scelgono una vittima femminile. In questi casi è ragionevole pensare che entri in gioco il fattore delle molestie sessuali, che possono configurarsi spesso come Mobbing a sfondo sessuale. Le donne invece tendono a mobbizzare quasi esclusivamente altre donne. Ciò potrebbe essere correlato al fatto che statisticamente ci sono più uomini nei ruoli responsabili, e quindi più difficili da mobbizzare, ma anche al fatto che nei confronti di un’altra donna possono subentrare più facilmente invidie e gelosie.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />IL NUMERO DEI MOBBER<br /><br /><br /><br />Esiste una forte tendenza da parte dei mobber a costituirsi in un piccolo gruppo di attacco: la maggioranza dei mobber dunque non ha il coraggio di agire da solo, per cui si cerca alleati e complici. Quasi la metà (il 45,5%) delle vittime infatti sono mobbizzate da un gruppo composto da 2/4 persone, e in circa un caso su quattro (ca. 26,2%) il gruppo di mobber era costituito da più di 4 persone. Il gruppo ristretto di mobber (2/ 4 persone) è di solito composto da colleghi-amici che si sentono disturbati in qualche modo dalla vittima, oppure che uno di loro si senta minacciato e che abbia ottenuto la solidarietà degli altri nella sua azione. Nei casi di mobber più numerosi, cioè di gruppi di mobber composti da più di 4 persone, invece, si può pensare che il motivo del Mobbing sia stato individuato all’interno della vittima: in genere in effetti il mobbizzato in questione ha qualcosa di diverso, che lo pone su di un altro piano rispetto agli altri (qualche idea particolare, o un titolo di studio, il gusto del suo abbigliamento, il suo carattere, la sua provenienza, etc). In netta minoranza rispetto agli altri casi sono invece le situazioni che vedono un unico mobber agire in modo autonomo (ca. 19,9%). La scarsa incidenza di questo mobber solitario è sicuramente dovuta al fatto che molti mobber cercano e ottengono in vari modi l’aiuto e la collaborazione di altri colleghi, diventando agli occhi della vittima, parte di un gruppo di aggressori. Ancora più raro è il caso in cui tutto il reparto o il gruppo di lavoro risulti coalizzato contro la vittima (ca. 8,3%). Queste situazioni vedono di solito il mobbizzato ricoprire il ruolo del capro espiatorio, cioè della vittima sacrificale su cui vengono fatte ricadere tutte le mancanze dell’ufficio o del reparto.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br />BibliografiA<br /><br /><br />Beckers, Christine/Mertz, Hanne (1998): Mobbing-Opfer sind nicht wehrlos, Friburgo, Herder<br /><br /><br />Brinkmann, Ralf D. (1995): Mobbing, Bullying, Bossing. Treibjagd am Arbeitsplatz, Heidelberg, Sauer-Verlag<br /><br /><br />Ege, Harald (1996): Mobbing - che cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro, Bologna, Pitagora<br /><br /><br />Ege, Harald (1997): Il Mobbing in Italia - Introduzione al Mobbing culturale, Bologna, Pitagora<br /><br /><br />Ege, Harald e Lancioni, Maurizio (1998): Stress e Mobbing, Bologna, Pitagora<br /><br /><br />Ege, Harald (1998): I numeri del Mobbing, Bologna, Pitagora<br /><br /><br />Esser, Axel/Wolmerath, Martin (1997): Mobbing - Der Ratgeber für Betroffene und ihre Interessenvertretung, Colonia, Bund<br /><br /><br />Leymann, Heinz (1993): Mobbing. Psychoterror am Arbeitsplatz und wie man sich dagegen wehren kann, Reinbek, Rowohlt<br /><br /><br />Schüpbach, Karin/torre, rossella (1996): Mobbing: Verstehen - Überwinden - Vermeiden, Zurigo, Kaufmännischer Verband<br /><br /><br />Spaltro, Enzo (1993): Soggettività - psicologia del lavoro, Bologna, Patron<br /><br /><br />Spaltro, Enzo (1996): Il buon lavoro, Roma, Edizioni Lavoro<br /><br /><br />Walter, Henry (1993): Mobbing: Kleinkrieg am Arbeitsplatz, Francoforte e New York, Campus<br /><br /><br />Zuschlag, Berndt (1994): Mobbing - Schikane am Arbeitsplatz, Göttingen, Verlag für Angewandte Psychologie<br /><br /><a href="http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=85&artsuite=2" title="http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=85&artsuite=2" rel="external">http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=85&artsuite=2</a>Wed, 26 Oct 2016 12:45:16 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=23820&forum=55Il Mobbing [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=23819&forum=55
Mobbing:: Il Mobbing<br />
Mobbing<br /><br /><br />Aggiornato<br /><br />Con il termine mobbing si intende il comportamento del datore di lavoro (o dei suoi dipendenti) che consiste in una serie di atti che hanno lo scopo di perseguitare un dipendente per emarginarlo e, attraverso la lesione della sua dignità umana e professionale, spingerlo a presentare le dimissioni. Quando il mobbing è realizzato da un superiore viene anche definito "bossing". Il lavoratore vittima di questo comportamento nel suo complesso illecito può ottenere il risarcimento dei danni.<br /><br /><br /><br /><br /><br />>Cos’è<br />>Il risarcimento dei danni<br />>Cosa deve dimostrare il lavoratore vittima di mobbing<br /><br /><br /><br /><br />Cos’è<br /><br />Si definisce “mobbing” il comportamento consistente in una serie di atti (anche se singolarmente considerati eventualmente leciti) che hanno lo scopo di perseguitare un lavoratore per emarginarlo e spingerlo a presentare le dimissioni. Il mobbing, in altre parole, non è che un processo sistematico e voluto di cancellazione della figura del lavoratore che viene portato avanti attraverso una continua eliminazione dei mezzi e dei rapporti interpersonali che sono necessari al lavoratore per svolgere la sua normale attività lavorativa.<br />Si deve trattare di una condotta – considerata nel suo complesso – lesiva della dignità professionale e umana del lavoratore, dignità da intendersi sotto l’aspetto morale, psicologico, fisico o sessuale.<br />Quanto questo comportamento è realizzato dal datore di lavoro (o comunque da un superiore) nei confronti di un dipendente prende anche il nome di “bossing” (o “mobbing verticale”).<br />Può accadere, invece, che questa pratica illecita venga realizzata da alcuni lavoratori nei confronti di un loro collega ritenuto da emarginare per i più svariati motivi (politici, etnici, razziali, di orientamento sessuale ecc). In questo caso il fenomeno viene anche definito “mobbing orizzontale”.<br />Perché sussista il mobbing, quindi, non è sufficiente un singolo atto ma è necessaria una pluralità di situazioni.<br />Questi comportamenti devono essere tutti finalizzati alla persecuzione del lavoratore per ottenerne le dimissioni, a prescindere dal fatto che l’obiettivo venga o meno raggiunto.<br />Per questo motivo, il mobbing non va confuso con il semplice “demansionamento “ (vedi la scheda sul Lavoro subordinato a tempo indeterminato).<br />Il demansionamento, infatti, consiste nell’assegnazione del lavoratore a compiti e mansioni inferiori a quelli che gli spetterebbero in base al suo inquadramento.<br />Certamente il demansionamento è un atto che normalmente viene utilizzato all’interno delle pratiche di mobbing dal momento che il lavoratore viene ad essere deprezzato professionalmente. Tuttavia la semplice assegnazione a mansioni inferiori non è di per se sufficiente a consentire di ritenere sussistente una ipotesi di mobbing che – per definizione – prevede una pluralità di atti che – intesi nel loro complesso – diventano lesivi della dignità umana e professionale del lavoratore.<br /><br />Il risarcimento dei danni<br /><br />Il lavoratore vittima di mobbing può maturare delle vere e proprie patologie, fisiche o psichiche, che possono essere indennizzate attraverso una richiesta di risarcimento dei danni.<br />Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di un lavoratore vessato e umiliato quotidianamente dai propri superiori che contragga una forma di depressione.<br />I danni di cui si può domandare il risarcimento sono di natura:<br />• patrimoniale: ovverosia tutti i danni quantificabili direttamente in una somma di denaro come le spese sostenute per le cure piuttosto che per una perizia medico-legale per l’accertamento della presenza di una patologia<br />• non patrimoniale: in generale i danni consistenti nella lesione della salute (fisica o psichica) o di altri interessi considerati dalla Costituzione (es.: il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa ecc.).<br /><br /><br /><br />Se la quantificazione del danno patrimoniale è semplice (il lavoratore che ha effettuato delle spese per cure mediche è sempre in grado di dimostrare la somma che ha anticipato) quella del danno non patrimoniale viene invece effettuata utilizzando delle tabelle, predisposte dal Tribunale di Milano, che sono considerate utilizzabili tendenzialmente su tutto il territorio nazionale.<br />Queste tabelle quantificano il danno non patrimoniale a partire da un accertamento (che deve essere realizzato da un medico legale) delle conseguenze del mobbing sulla salute del lavoratore (che si definiscono con l’espressione “invalidità”, permanente e temporanea) e il risarcimento sarà tanto più elevato quanto più elevata sarà l’invalidità accertata dal medico legale. <br /><br />Cosa deve dimostrare il lavoratore vittima di mobbing<br /><br />Se dal punto di vista teorico definire il mobbing non è particolarmente complesso, dal punto di vista pratico è sempre molto complesso fornire al giudice la prova dei fatti.<br />Questo perché il lavoratore è tenuto a dimostrare i fatti storici consistenti negli atti vessatori e ciò è tendenzialmente molto difficile se si considera che questa prova può essere fornita quasi esclusivamente tramite dei testimoni che normalmente sono anche i colleghi del lavoratore vessato e che molto spesso continuano a lavorare proprio alle dipendenze di quel datore di lavoro che può essere accusato dei comportamenti illeciti.<br />Il lavoratore, ad ogni buon conto, deve fornire la prova dei singoli atti vessatori mentre per quanto riguarda la prova delle finalità di questi atti (l’ottenimento delle dimissioni) si potrà avvalere anche di semplici presunzioni.<br />Le presunzioni, in particolare, vengono definite come le conseguenze che il giudice (o la legge) trae da delle circostanze che – di per se sole – non sarebbero in grado di dimostrare un fatto, in questo caso la volontà di ottenere le dimissioni del lavoratore, ma che – per la loro serietà – lasciano appunto presumere la finalità vessatoria del comportamento nel suo complesso. Questa operazione è possibile a patto che le circostanze siano gravi, precise e concordanti.<br />Il lavoratore dovrà poi dimostrare l’esistenza dei danni di cui richiede il risarcimento e soprattutto che questi danni sono dovuti agli atti vessatori subiti. Si tratta della prova del c.d. nesso causale tra condotta e danno.<br />In questa ultima fase è essenziale il contributo del medico legale che sarà chiamato a dimostrare – tramite le proprie conoscenze scientifiche – sia l’esistenza che l’entità del danno oltre che, ovviamente, la sussistenza di un rapporto causale con le vessazioni subite.<br /><br /><br />Per gli aspetti pratici vai alla Guida sul mobbing<br /><br /><a href="http://www.dirittierisposte.it/Schede/Lavoro-e-pensione/Licenziamento-e-dimissioni/mobbing_id1112562_art.aspx" title="http://www.dirittierisposte.it/Schede/Lavoro-e-pensione/Licenziamento-e-dimissioni/mobbing_id1112562_art.aspx" rel="external">http://www.dirittierisposte.it/Schede ... obbing_id1112562_art.aspx</a>Wed, 26 Oct 2016 12:43:35 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=23819&forum=55Conflitti e soprusi, ecco le 7 prove del mobbing decise dalla Cassazione [da ADMIN ]
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Mobbing:: Conflitti e soprusi, ecco le 7 prove del mobbing decise dalla Cassazione<br />
Conflitti e soprusi, ecco le 7 prove <br />del mobbing decise dalla Cassazione<br /><br />Per ottenere il risarcimento stabiliti i parametri: tutti i requisiti devono essere provati. Si tratta di «azioni ostili», premeditate e persecutorie<br /><br /><br />di Giovanna Cavalli <br /><br /><br />Assodato che un capo insopportabile o malmostoso a giorni alterni e dei colleghi tenacemente molesti sei su sette (senza una corrispettiva voce a parte in busta paga) sono afflizioni comuni alla gran parte dei lavoratori, non tutte le angherie patite in ufficio da parte di superiori o di pari grado possono qualificarsi come mobbing . E garantire il diritto al risarcimento. Per disincentivare azioni legali avventate di mobbizzati immaginari e offrire ai giudici di merito un prontuario garantito, in mancanza di una normativa specifica, la Corte di cassazione, con sentenza n.10037/2015 ha individuato delle linee guida per riconoscere il vero mobbing .<br /><br /><br /><br /><br /><br />I sette parametri del mobbing<br /><br />Sette parametri con cui la vittima deve provare di essere stata danneggiata sul lavoro: ambiente, durata, frequenza, tipo di azioni ostili, dislivello tra antagonisti, andamento per fasi successive, intento persecutorio. Perché si configuri il mobbing devono ricorrere tutti e sette, non uno di meno. <br />Le vessazioni devono dunque avvenire sul luogo di lavoro (1). I contrasti, le mortificazioni o quant’altro devono durare per un congruo periodo di tempo (2) ed essere non episodiche ma reiterate e molteplici (3). Deve trattarsi di più azioni ostili, almeno due di queste (4): attacchi alla possibilità di comunicare, isolamento sistematico, cambiamenti delle mansioni lavorative, attacchi alla reputazione, violenze o minacce. <br />Occorre il dislivello tra gli antagonisti, con l’inferiorità manifesta del ricorrente (5). La vicenda deve procedere per fasi successive come: conflitto mirato, inizio del mobbing , sintomi psicosomatici, errori e abusi, aggravamento della salute, esclusione dal mondo del lavoro (6). Oltre a tutto quanto elencato, bisogna che vi sia l’intento persecutorio (7), ovvero un disegno premeditato per tormentare il dipendente. <br /><br /><br /><br />Il caso<br /><br />Nel caso per cui si è arrivati in Cassazione, che riguardava un impiegato pubblico, i sette elementi chiave c’erano tutti. Il ricorrente era stato demansionato, emarginato, spostato da un ufficio all’altro senza motivo, umiliato nel ritrovarsi come capo quello che prima era il suo sottoposto, assegnato a un ufficio aperto al pubblico ma privato della possibilità di lavorare. Già nel merito, dopo perizie e testimonianze, era stata riconosciuta l’esistenza del mobbing (verticale, ossia messo in pratica dal superiore, quello orizzontale è tra colleghi), confermato poi anche nel giudizio di legittimità. <br />Sette requisiti non sono pochi, considerato che l’onere della prova sta in capo al lavoratore. Anche il ragionier Ugo Fantozzi, prototipo di tutti i mobbizzati d’Italia, avrebbe faticato a farsi risarcire dal professor Guidobaldo Maria Riccardelli che lo costringe a vedere le 18 bobine della Corazzata Potëmkin in ginocchio sui ceci mentre in tv c’è la partita della Nazionale. Nella vita reale va appena meglio. Pochi mesi fa una dirigente del Comune de l’Aquila ha vinto la causa contro l’amministrazione. Fu sospesa per aver arrecato «disdoro» all’ente: non aveva portato le bottigliette d’acqua ai consiglieri durante una seduta estiva. <br /><br /><br /><a href="http://www.corriere.it/cronache/15_giugno_07/conflitti-soprusi-ecco-7-prove-mobbing-101419e0-0ce4-11e5-8612-1eda5b996824.shtml" title="http://www.corriere.it/cronache/15_giugno_07/conflitti-soprusi-ecco-7-prove-mobbing-101419e0-0ce4-11e5-8612-1eda5b996824.shtml" rel="external">http://www.corriere.it/cronache/15_gi ... 5-8612-1eda5b996824.shtml</a>Wed, 26 Oct 2016 12:42:52 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=23818&forum=55Mobbing: l'onere della prova spetta al lavoratore [da ADMIN ]
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Mobbing:: Mobbing: l'onere della prova spetta al lavoratore<br />
Mobbing: l'onere della prova spetta al lavoratore<br /><br />Cassazione Civile, sez. lavoro, sentenza 03/07/2015 n° 13693<br /><br />Incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di allegare e provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro e solo se il lavoratore abbia fornito la dimostrazione di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi”.<br /><br />Così è quanto chiarito dalla Suprema Corte con una recentissima sentenza del 3 Luglio 2015 n. 13693, ove chiamata a pronunciarsi in relazione al danno subito da una dipendente in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro qualificati dalla stessa come “mobbing”, respingeva le lamentele spiegate per difetto di prova in ordine alla sussistenza della condotta vessatoria -presupposto indefettibile per la configurazione dell’events dammi e degli effetti risarcitori connessi-, inoltre, uniformandosi alla giurisprudenza più remota precisava come “ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono ricorrere: <br /><br />a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio – illeciti o anche leciti se considerati singolarmente – che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) l’elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi (cfr Cassazione Civile del 6 agosto 2014 n. 17698)”. Secondo gli Ermellini, la ricorrente avrebbe omesso di allegare e quindi dimostrare i fatti lamentati. In tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell’art. 2087 c.c., la Corte rileva come la parte che subisce l’inadempimento non deve dimostrare la colpa dell’altra parte ai sensi dell’art. 1218 codice civile, ma deve allegare e dimostrare l’esistenza del fatto materiale ed anche le regole di condotta che assume essere state violate, provando che l’asserito debitore ha posto in essere un comportamento contrario o alle clausole contrattuali che disciplinano il rapporto o a norme inderogabili di legge o alle regole generali di correttezza e buona fede o anche alle misure che, nell’esercizio dell’impresa, debbono essere adottate per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (cfr. Cass. civile del 11 aprile 2013 n. 8855 nonché Cass. civile del 14 aprile 2008 n. 9817). <br /><br />Con la presente decisione la Corte ribadisce, altresì, un importante principio di diritto questa volta sotto l’aspetto dell’onere della prova gravante sul ricorrente in Cassazione ex art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c.., a pena di improcedibilità. La stessa sottolinea, con riferimento al caso in esame -in cui si evidenziava l’inadempimento della ricorrente relativamente all’onere di depositare copia dei contratti o degli accordi collettivi sui quali fondava la propria pretesa-, come il ricorrente per Cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento ovvero di una disposizione contrattuale collettiva da parte del giudice di merito , “ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento”. <br /><br />In conclusione, i Giudici di legittimità nella sentenza in commento rimarcano, inoltre, come sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica che la denuncia del vizio di motivazione esigono la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione anzidetta e delle ragioni dell’obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice, non potendo le censure risolversi, in contrasto con la qualificazione loro attribuita dalla parte ricorrente, nella mera contrapposizione di un’interpretazione diversa da quella criticata. (cfr ex plurimis, Cass. 22 novembre 2010 n.23635, Cass. 29 agosto 2011 n.17717; Cass. 2 maggio 2012 n. 6641 cui adde più di recente, Cass. 14 aprile 2013 n. 9054 e Cass. 6 giugno 2013 n. 14318).<br /><br />Per approfondimenti:<br />•Master sul nuovo diritto del lavoro, corso di 40 ore in aula, Altalex Formazione;<br />•Mobbing responsabilità e tutele processuali. Con CD-ROM, Staiano Rocchina, Maggioli Editore, 2014.<br /><br />(Altalex, 7 settembre 2015. Nota di Valentina Carminucci) <br /><br /><a href="http://www.altalex.com/documents/news/2015/09/03/mobbing-onere-della-prova" title="http://www.altalex.com/documents/news/2015/09/03/mobbing-onere-della-prova" rel="external">http://www.altalex.com/documents/news ... mobbing-onere-della-prova</a>Wed, 26 Oct 2016 12:40:07 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=23817&forum=55Il Mobbing - guida con raccolta di articoli e sentenze [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=23816&forum=55
Mobbing:: Il Mobbing - guida con raccolta di articoli e sentenze<br />
Cos'è il mobbing<br /><br />Con il termine “mobbing” si fa riferimento, in generale, all'insieme dei comportamenti che tendono a emarginare un soggetto dalla società di cui esso fa parte, tramite violenza psichica protratta nel tempo e in grado di causare seri danni alla vittima.<br /><br />In questa pagina: Cos'è il mobbing | Etimologia del termine | Rilevanza giuridica | Mobbing e lavoro | In particolare: il bossing | Cause alla base del mobbing | Mobbing sociale | Tutela giuridica contro il mobbing | Tutela civilistica | Raccolta di articoli e sentenze | Massime della Cassazione <br /><br />Non esiste un criterio specifico per individuare tali atti, nei quali rientra quindi ogni forma di angheria perpetrata da una o più persone nei confronti dell'individuo più debole: ostracismo, umiliazioni pubbliche e diffusione di notizie non veritierie.<br /><br />Etimologia del termine<br /><br />La parola mobbing è stata coniata ufficialmente da un etologo austriaco, Konrad Lorenz.<br /><br />Il significato iniziale si riferiva, infatti, a tutti quegli atteggiamenti animali perpetrati da uno o più membri di un gruppo nei confronti di quello che potrebbe essere definito come l'anello debole dell'insieme, al fine di estraniare il soggetto dal resto branco e allontanarlo.<br /><br />Più specificamente, il termine mobbing non è altro che una forma di gerundio sostantivato del verbo "to mob", coniato, nella lingua inglese, nel corso del XVII secolo e diretto derivato di una comune espressione latina, mobile vulgus, con la quale ci si riferiva ai folti gruppi tipici di una parata o di un evento locale, che avevano la cattiva abitudine di muoversi in modo disordinato seminando il caos nei dintorni.<br /><br />Con il termine "to mob", in sostanza, si intende letteralmente: accalcarsi intorno a qualcuno, affollarsi, assalire tumultuando.<br /><br />Oggi, tuttavia, l'accezione del termine si è sviluppata sino ad indicare, in generale, le persecuzioni psicologiche perpetrate da parte di uno o più individui nei confronti di un altro, nel contesto lavorativo e non solo.<br /><br />Rilevanza giuridica<br /><br />Come accennato, dunque, oggi con il termine mobbing si intende quella forma di terrore psicologico, esercitato, con modalità e tempistiche ben precise, in danno di un collega di lavoro, di un subordinato, di un individuo più debole, con il chiaro intento di danneggiarlo ed emarginarlo. <br /><br />Affinché il mobbing assuma rilevanza sul piano giuridico è più in particolare necessario che il terrore psicologico si estrinsechi in comportamenti aggressivi e vessatori, che si protraggano nel tempo in maniera ripetitiva, regolare e frequente. <br /><br /><br /><br />Mobbing e lavoro<br /><br />Il contesto principale con riferimento al quale si è iniziato a far riferimento al mobbing come a un comportamento illecito, giuridicamente rilevante, è quello lavorativo.<br /><br />In tal contesto, sostanzialmente, il mobbing si estrinseca in tutti quei comportamenti che il datore di lavoro o i colleghi pongono in essere, per svariate ragioni, al fine di emarginare e allontanare un determinato lavoratore.<br /><br />Da tale definizione è possibile far discendere una prima forma di classificazione del mobbing: quella che distingue il mobbing verticale dal mobbing orizzontale.<br /><br />Il mobbing verticale (o bossing) è la classica forma nella quale si estrinseca il mobbing e consiste negli abusi e nelle vessazioni perpetrati ai danni di uno o più dipendenti da un loro diretto superiore gerarchico. In questi casi le possibilità di ribellarsi a tali atteggiamenti sono spesso molto limitate e di non facile attuazione, in ragione dei rapporti di forza sbilanciati tra mobber e mobbizzato.<br /><br />Per mobbing orizzontale, invece, si intende l'insieme di atti persecutori messi in atto da uno o più colleghi nei confronti di un altro, spesso finalizzati a screditare la reputazione di un lavoratore mettendo in crisi la sua posizione lavorativa. Si tratta di comportamenti difficili da fronteggiare e denunciare soprattutto se attuati da un gruppo.<br /><br />Per quanto esse siano del tutto inusuali, talvolta possono comunque verificarsi anche ipotesi di mobbing dal basso o low mobbing.<br /><br />Si tratta di una serie di azioni che mirano a ledere la reputazione delle figure di spicco aziendali, magari a seguito di un loro comportamento ritenuto non idoneo da parte di un buon numero di dipendenti oppure per motivi semplici quanto futili, come antipatia o invidia per il potere mostrato o per la posizione raggiunta.<br /><br />E' una situazione che, ad esempio, può verificarsi in ipotesi di crisi economica aziendale. In questi casi, infatti, non è raro che la figura del capo sia considerata alla base della crisi e di ogni altra problematica come disorganizzazione, cattiva reputazione dell'azienda, incapacità di essere competitivi.<br /><br />In particolare: il bossing<br /><br />Tra le diverse tipologie di mobbing che possono estrinsecarsi nel mondo del lavoro, di certo quella più diffusa è il bossing.<br /><br />Su di esso, quindi, è il caso di soffermarsi qualche riga in più.<br /><br />Innanzitutto occorre chiarire che questa pratica combina, in maniera premeditata, azioni a scopo intimidatorio con veri e propri atti di violenza psico-fisica e di esclusione dai privilegi aziendali solitamente riservati in forma equa ai vari dipendenti.<br /><br />Tali provvedimenti riguardano spesso l'assegnazione d’incarichi lavorativi specifici, l'esclusione dai meeting del personale dipendente e il tenere nascoste solo ad alcuni dipendenti le informazioni che usualmente vengono diffuse tra tutti.<br /><br />Tra gli altri atteggiamenti che caratterizzano il comportamento mobbizzante vi è poi, ad esempio, il fenomeno del ridimensionamento di ruolo nella comunità aziendale, che vede brillanti dipendenti (ritenuti potenzialmente pericolosi per lo status di alcuni alti membri del comitato direttivo a rischio) incaricati di mansioni di poco conto, come quella di fare fotocopie o gestire la posta di altri dipendenti di pari rango, che li demotivano e limitano l'espressione delle proprie capacità e conoscenze.<br /><br />L'intento è quello di creare nella vittima, per varie ragioni, un senso di emarginazione e di cagionarle frustrazione e un'ansia sempre crescente e spesso insopportabile.<br /><br /><br /><br />Cause alla base del mobbing<br /><br />Se i comportamenti individuati come mobbing hanno assunto rilevanza nei vari ordinamenti giuridici principalmente in relazione agli ambienti di lavoro, ciò è derivato dalle particolari caratteristiche che connotano il relativo ramo del diritto.<br /><br />Il mobbing, non a caso, riguarda spesso grandi aziende, le quali lo utilizzano per aggirare la normativa a tutela dei licenziamenti cagionando nel lavoratore "sgradito" una condizione di stress psico-fisico, idonea a determinarlo ad abbandonare di sua "spontanea volontà" il luogo di lavoro.<br /><br />Tuttavia le motivazioni che possono celarsi dietro gli atti mobbizzanti sono molteplici.<br /><br />Talvolta, ad esempio, l'intento dei mobber è quello di riversare su un "capro espiatorio" alcune problematiche interne di vario genere.<br /><br />Altre volte il mobbing è dettato da motivazioni di carattere strettamente personale.<br /><br />Esso può anche essere la conseguenza del rifiuto, da parte della vittima, delle avances del superiore o del collega poi divenuto mobber.<br /><br />Da tutto ciò emerge chiaramente che le conseguenze dannose del mobbing non sono necessariamente connesse alla perdita del posto di lavoro che esso può illecitamente e indirettamente cagionare. Essere vittima di ripetute vessazioni, attacchi e umiliazioni può, infatti, indurre nel lavoratore paure e insicurezze, idonee ad incidere in maniera anche rilevante sulla sua salute psico-fisica.<br /><br />Mobbing sociale<br /><br />Sino ad ora, nel parlare di mobbing si è fatto riferimento esclusivo al mondo del lavoro.<br /><br />Tuttavia, nonostante questo sia il contesto in cui il fenomeno assume la rilevanza maggiore, il mobbing riguarda anche altri contesti.<br /><br />Un individuo, infatti, può essere "preso di mira" e può divenire vittima di ripetute vessazioni in qualsiasi contesto sociale.<br /><br />Ciò accade, ad esempio, all'interno dell'ambiente scolastico, in cui i ragazzi possono divenire vittime del mobbing operato sia da altri studenti che dagli insegnanti.<br /><br />Si pensi ai casi di disapprovazione infondata di alcune abitudini o idee dello studente o, ancora peggio, ai casi di pregiudizio nei suoi confronti derivante dalle origini, dalle tradizioni o dalla diversa etnia.<br /><br />Anche nel caso di "mobbing scolastico" non sono da sottovalutare, seppur rari, i casi di mobbing dal basso che riguardano gruppi coalizzati di studenti che mirano a ledere le capacità organizzative e di dialogo di uno o più insegnanti ritenuti particolarmente deboli.<br /><br />Un altro contesto sociale in cui il mobbing può estrinsecarsi è quello familiare.<br /><br />Esso, ad esempio, riguarda i casi in cui un coniuge vuole ottenere il monopolio delle attenzioni della prolee, a tal fine, cerca di estromettere il partner dalle questioni familiari.<br /><br />E' chiaro che questo tipo di mobbing è nocivo non solo della stabilità del nucleo familiare e della salute della vittima diretta ma anche di quella dei figli e di tutto il nucleo familiare.<br /><br />Tutela giuridica contro il mobbing<br /><br /><br />Nel nostro ordinamento possono rinvenirsi diverse norme che permettono alle vittime di tutelarsi rispetto a fenomeni di mobbing.<br /><br />La Costituzione<br /><br />La prima fondamentale tutela può essere rinvenuta nella Costituzione.<br /><br />La carta fondamentale del nostro ordinamento, infatti, all'articolo 32 riconosce e tutela la salute come un diritto fondamentale dell'uomo, all'articolo 35 tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni e all'articolo 41 vieta lo svolgimento delle attività economiche private che possano arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana.<br /><br />Il codice civile e le leggi speciali<br /><br />Spostandoci dal piano dei principi a quello pratico, nel nostro codice civile è possibile rinvenire due fondamentali norme in grado di aiutare le vttime di comportamenti mobbizzanti a trovare tutela rispetto alle lesioni subite.<br /><br />Si tratta, innanzitutto, dell'articolo 2043 che prevede l'obbligo di risarcimento in capo a chiunque cagioni ad altri un danno ingiusto con qualunque fatto doloso o colposo.<br /><br />Si tratta poi dell'articolo 2087 che impone all'imprenditore di adottare tutte le misure idonee a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale di lavoratori.<br /><br />Con riferimento alle leggi speciali, una tutela contro comportamenti mobbizzanti può essere ravvisata innanzitutto nello Statuto dei lavoratori, nella parte in cui pone una specifica procedura per le contestazioni disciplinari a carico dei lavoratori e laddove punisce i comportamenti discriminatori del datore di lavoro.<br /><br />Un'ulteriore tutela, di carattere più generale, è ravvisabile, infine, nel Testo unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. <br /><br />Il codice penale<br /><br />Il mobbing, nel nostro ordinamento può talvolta assumere rilevanza anche da un punto di vista penale, sebbene non esista una specifica figura di reato.<br /><br />I comportamenti mobbizzanti, infatti, a determinate condizioni possono cagionare delle conseguenze riconducibili al reato di lesioni personali di cui all'articolo 590 del codice penale.<br /><br /><br /><br />Tutela civilistica<br /><br />Le vittime di mobbing, quindi, trovano la loro principale fonte di tutela nella possibilità di esperire i tradizionali rimedi civilistici offerti dal nostro ordinamento.<br /><br />Esse potranno insomma citare in giudizio il loro mobber nelle forme del rito ordinario al fine di vederne accertata la responsabilità per il danno che hanno cagionato nei loro confronti, ovverosia non solo il danno biologico ma anche il danno morale.<br /><br />Onere della prova<br /><br />Affinché possa essere risarcito del danno subito, tuttavia, è necessario che il mobbizzato fornisca una prova precisa e adeguata del mobbing.<br />Innanzitutto egli dovrà provare che, nei suoi confronti, è stata perpetrata una serie di comportamenti persecutori, con intento vessatorio.<br /><br />Costituiscono esempi di tali comportamenti, si ricorda, le critiche continue e immotivate, la dequalificazione, l'emarginazione, le molestie.<br /><br />Il mobbizzato dovrà provare, poi, che tali comportamenti non sono sfociati in un unico, isolato, evento, ma sono stati reiterati lungo un arco temporale medio-lungo, ovverosia per un periodo di tempo tale da rendere invivibile il contesto di riferimento.<br /><br />Un'ulteriore fondamentale prova da fornire è quella relativa al danno subito. Essa potrà essere data con dichiarazioni testimoniali e, ancor più efficacemente, con perizie e certificati medici che attestino lo stato di depressione e frustrazione. <br /><br />Infine, ed è questa la prova più delicata da fornire, dovrà essere accertato lo stretto rapporto causale tra la condotta denunciata e il danno subito.<br /><br /><br /><br /><br />Raccolta di articoli e sentenze in materia di Mobbing<br />» Mobbing: il danno esistenziale va risarcito solo se è provato il peggioramento di vita del lavoratore - Lucia Izzo - 24/11/15<br />» Mobbing sul lavoro… da parte di suocero e cognato? Scatta il reato di maltrattamenti in famiglia - Marina Crisafi - 08/11/15<br />» Mobbing: la ripartizione dell'onere della prova - Avv. Emanuela Foligno - 10/10/15<br />» Facebook: eliminare un collega dagli amici può essere mobbing - Marina Crisafi - 27/09/15<br />» Mobbing: la condanna non comporta necessariamente il risarcimento del danno alla professionalità - Valeria Zeppilli - 13/08/15<br />» Fumo passivo: va risarcito il danno da mobbing - Avv. Emanuela Foligno - 22/07/15<br />» Cassazione: non è mobbing decurtare lo stipendio al lavoratore ritardatario - N.R. - 06/07/15<br />» Mobbing: rispondono in solido datore e superiore gerarchico - Licia Albertazzi - 23/05/15<br />» Cassazione: costretto a fare il "tappabuchi"? Non c'è mobbing se gli incarichi sono compatibili con le mansioni del lavoratore - Licia Albertazzi - 05/03/15<br />» Differenze tra danno da mobbing e danno da demansionamento - Avv. Francesco Pandolfi - 26/02/15<br />» Mobbing in ambito militare: giudice ordinario o giudice amministrativo? - Avv. Francesco Pandolfi - 22/02/15<br />» Il mobbing coniugale - Avv. Emanuela Foligno - 16/02/15<br />» Lavoratore adibito a mansioni diverse: senza dequalificazione, non c’è mobbing. Parola di Cassazione - Marina Crisafi - 01/01/15<br />» Cassazione. Per impugnare il licenziamento dovuto a mobbing va provato il rapporto di causa-effetto tra le condotte del datore e il licenziamento - Mara M. - 03/10/14<br />» Il mobbing familiare? L’uguaglianza tra coniugi lo esclude. Parola di Cassazione - Marina Crisafi - 09/07/14<br />» Il mobbing e l'impatto psicologico sulle vittime. I ruoli dell'avvocato e dello psicologo - Laura Tirloni - 14/05/14<br />» Mobbing familiare? Va addebitata la separazione - Marina Crisafi - 05/05/14<br />» Il mobbing nell'ambiente lavorativo non è inquadrabile nel reato di maltrattamenti in famiglia se l'azienda è articolata e di medie-grandi dimensioni. - Maurizio Tarantino - 09/04/14<br />» Il mobbing familiare - Nicolina Leone - 29/01/14<br />» Cassazione: mobbing e valutazione 'mediocre' del dipendente nelle note di qualifica del datore - L.S. - 23/01/14<br />» Mobbing: l’accertamento del danno alla salute non comporta necessariamente anche il riconoscimento del danno alla professionalità; quest’ultimo va provato separatamente. - Maurizio Tarantino - 11/01/14<br />» Mobbing e divieto di nova in appello: quando nuovi fatti sopravvengono in corso di causa - C.G. - 29/10/13<br />» Cassazione: se l'assenza è dovuta a mobbing, il licenziamento è illegittimo - Licia Albertazzi - 07/10/13<br />» Chi risarcisce il danno biologico procurato da mobbing? - Avv. Roberto Vetri - 10/09/13<br />» Stato patologico nel MOBBING : negazione del risarcimento per manie di persecuzione - Maurizio Tarantino - 02/09/13<br />» Lo “STRAINING” : manifestazione attenuata del Mobbing e delitto di maltrattamenti in famiglia. - Maurizio Tarantino - 17/07/13<br />» Cassazione: illegittimo il licenziamento per superamento del periodo di comporto se le assenze dal servizio sono dovute a mobbing - L.S. - 14/06/13<br />» Cassazione: configurabilità del mobbing e onere della prova - L.S. - 04/06/13<br />» Cassazione, non è mobbing il mero 'svuotamento delle mansioni' del dipendente - L.S. - 07/04/13<br />» Cassazione: se l'azienda non protegge dal mobbing, il lavoratore va risarcito - Barbara LG Sordi - 28/01/13<br />» Il mobbing Scolastico - Nicolina Leone - 18/12/12<br />» Difendersi dal mobbing - Nicolina Leone - 15/09/12<br />» Mobbing orizzontale - Nicolina Leone - 02/01/12<br /><br /><br /><br />Massime della Cassazione<br /><br />Cassazione civile Sezione lav. sentenza del 03/07/2015 n. 13693 <br />Il lavoratore vittima di mobbing non è tenuto a dimostrare la colpa del datore di lavoro ma è sempre tenuto a dimostrare l'esistenza del fatto materiale ed anche le regole di condotta che assume siano state violate.<br /><br />Cassazione civile Sezione lav. sentenza del 04/06/2015 n. 11547 <br />Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano posti in essere in modo miratamene sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio" <br /><br />Cassazione civile Sezione lav. sentenza del 15/05/2015 n. 10037 <br />Il fatto che le condotte persecutorie integranti la fattispecie di mobbing sino opera di un altro dipendente, superiore gerarchico della vittima, non esclude la responsabilità del datore di lavoro se questi è rimasto colpevolmente inerte alla rimozione del fatto lesivo. Nella specie la durata e le modalità con cui è stata posta in essere la condotta mobbizzante, quale risulta anche dalle prove testimoniali, sono tali da far ritenere la sua conoscenza anche da parte del datore di lavoro, nonchè organo politico, che l'ha comunque tollerata.<br /><br />Cassazione civile Sezione lav. sentenza del 23/01/2015 n. 1258 <br />Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, devono ravvisarsi da parte del datore di lavoro comportamenti, anche protratti nel tempo, rivelatori (in modo inequivoco, di un'esplicita volontà di quest'ultimo di emarginazione del dipendente, occorrendo, pertanto dedurre e provare la ricorrenza di una pluralità di condotte, anche di diversa natura, tutte dirette (oggettivamente) all'espulsione dal contesto lavorativo, o comunque connotate da un alto tasso di vessatori età e prevaricazione, nonchè sorrette (soggettivamente) da un intento persecutorio e tra loro intrinsecamente collegate dall'unico fine intenzionale di isolare il dipendente. <br /><br />Cassazione civile Sezione lav. sentenza del 23/01/2015 n. 1262 <br />Per potersi parlare di mobbing è necessaria una pluralità di condotte ostili, protrattesi nel tempo, tese ad emarginare il singolo lavoratore. Per l'esattezza, secondo la giurisprudenza di questa S.C. affinchè sia configurabile un mobbing devono ricorrere: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l'evento lesivo della salute, della personalità e/o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) l'elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi.<br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><br /><a href="http://www.studiocataldi.it/guide_legali/il-mobbing/" title="http://www.studiocataldi.it/guide_legali/il-mobbing/" rel="external">http://www.studiocataldi.it/guide_legali/il-mobbing/</a>Wed, 26 Oct 2016 12:39:22 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=23816&forum=55Re: Mobbing sul lavoro 2015: risarcimento danni e come denunciare [da gpg74]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=22338&forum=55
Mobbing:: Mobbing sul lavoro 2015: risarcimento danni e come denunciare<br />
Mobbing fatto dai superiori ma il titolare non sa niente?Wed, 28 Sep 2016 10:37:06 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=22338&forum=55Conflitti e soprusi, ecco le 7 prove del mobbing decise dalla Cassazione [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=22337&forum=55
Mobbing:: Conflitti e soprusi, ecco le 7 prove del mobbing decise dalla Cassazione<br />
LA SENTENZA<br /><br /><br /><br />Conflitti e soprusi, ecco le 7 prove <br />del mobbing decise dalla Cassazione<br /><br />Per ottenere il risarcimento stabiliti i parametri: tutti i requisiti devono essere provati. Si tratta di «azioni ostili», premeditate e persecutorie<br /><br /><br />di Giovanna Cavalli <br /> <br /><br /> <br /><br />Assodato che un capo insopportabile o malmostoso a giorni alterni e dei colleghi tenacemente molesti sei su sette (senza una corrispettiva voce a parte in busta paga) sono afflizioni comuni alla gran parte dei lavoratori, non tutte le angherie patite in ufficio da parte di superiori o di pari grado possono qualificarsi come mobbing . E garantire il diritto al risarcimento. Per disincentivare azioni legali avventate di mobbizzati immaginari e offrire ai giudici di merito un prontuario garantito, in mancanza di una normativa specifica, la Corte di cassazione, con sentenza n.10037/2015 ha individuato delle linee guida per riconoscere il vero mobbing .<br /><br /> <br /><br /><br /><br />I sette parametri del mobbing<br /><br />Sette parametri con cui la vittima deve provare di essere stata danneggiata sul lavoro: ambiente, durata, frequenza, tipo di azioni ostili, dislivello tra antagonisti, andamento per fasi successive, intento persecutorio. Perché si configuri il mobbing devono ricorrere tutti e sette, non uno di meno. <br /> Le vessazioni devono dunque avvenire sul luogo di lavoro (1). I contrasti, le mortificazioni o quant’altro devono durare per un congruo periodo di tempo (2) ed essere non episodiche ma reiterate e molteplici (3). Deve trattarsi di più azioni ostili, almeno due di queste (4): attacchi alla possibilità di comunicare, isolamento sistematico, cambiamenti delle mansioni lavorative, attacchi alla reputazione, violenze o minacce. <br /> Occorre il dislivello tra gli antagonisti, con l’inferiorità manifesta del ricorrente (5). La vicenda deve procedere per fasi successive come: conflitto mirato, inizio del mobbing , sintomi psicosomatici, errori e abusi, aggravamento della salute, esclusione dal mondo del lavoro (6). Oltre a tutto quanto elencato, bisogna che vi sia l’intento persecutorio (7), ovvero un disegno premeditato per tormentare il dipendente. <br /><br /><br /><br />Il caso<br /><br />Nel caso per cui si è arrivati in Cassazione, che riguardava un impiegato pubblico, i sette elementi chiave c’erano tutti. Il ricorrente era stato demansionato, emarginato, spostato da un ufficio all’altro senza motivo, umiliato nel ritrovarsi come capo quello che prima era il suo sottoposto, assegnato a un ufficio aperto al pubblico ma privato della possibilità di lavorare. Già nel merito, dopo perizie e testimonianze, era stata riconosciuta l’esistenza del mobbing (verticale, ossia messo in pratica dal superiore, quello orizzontale è tra colleghi), confermato poi anche nel giudizio di legittimità. <br /> Sette requisiti non sono pochi, considerato che l’onere della prova sta in capo al lavoratore. Anche il ragionier Ugo Fantozzi, prototipo di tutti i mobbizzati d’Italia, avrebbe faticato a farsi risarcire dal professor Guidobaldo Maria Riccardelli che lo costringe a vedere le 18 bobine della Corazzata Potëmkin in ginocchio sui ceci mentre in tv c’è la partita della Nazionale. Nella vita reale va appena meglio. Pochi mesi fa una dirigente del Comune de l’Aquila ha vinto la causa contro l’amministrazione. Fu sospesa per aver arrecato «disdoro» all’ente: non aveva portato le bottigliette d’acqua ai consiglieri durante una seduta estiva. <br /><br /><a href="http://www.corriere.it/cronache/15_giugno_07/conflitti-soprusi-ecco-7-prove-mobbing-101419e0-0ce4-11e5-8612-1eda5b996824.shtml" title="http://www.corriere.it/cronache/15_giugno_07/conflitti-soprusi-ecco-7-prove-mobbing-101419e0-0ce4-11e5-8612-1eda5b996824.shtml" rel="external">http://www.corriere.it/cronache/15_gi ... 5-8612-1eda5b996824.shtml</a>Thu, 3 Sep 2015 11:50:52 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=22337&forum=55Re: IL BOSSING [da nicky]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8401&forum=55
Mobbing:: IL BOSSING<br />
Come si combatte,io sto vivendo la stessa cosa?Fri, 10 Aug 2012 17:45:42 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8401&forum=55Siti mobbing [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=10610&forum=55
Mobbing:: Siti mobbing<br />
SITI INTERNET italiani:<br /><br /><a href="http://www.stopmobbing.org/" title="http://www.stopmobbing.org/" rel="external">http://www.stopmobbing.org/</a><br /><br />• <a href="http://www.associazionedifesalavoratori.org" title="www.associazionedifesalavoratori.org" rel="external">www.associazionedifesalavoratori.org</a>: sito dell’Associazione Difesa Lavoratori-Cobas, sindacato autonomo federato Rdb, operante nel Veneto e sopratutto nelle Povincia di Padova con sede in viale Cavallotti 2, tel. 049/692171.<br /><br />• <a href="http://www.invisibili.org" title="www.invisibili.org" rel="external">www.invisibili.org</a>: l’Adl-Cobas ed il Progetto Melting Pot Europa in collaborazione con l’Ass. Razzismo Stop hanno dato vita ad un servizio di consulenza legale che riguarda tutti quei soggetti che sono "invisibili" per quanto concerne l’acquisizione di diritti inalienabili.<br /><br />• <a href="http://www.rdbcub.it" title="www.rdbcub.it" rel="external">www.rdbcub.it</a>: sito nazionale delle rappresentanze sindacali di base, aderente alla Cub: Confederazione Unitaria di Base.<br /><br />• Comitato Pari Opportunità - Ateneo di Padova: Presso il Comitato pari opportunità dell’Università degli Studi di Padova è attivo uno sportello di ascolto: lavoratrici e studentesse, lavoratori e studenti possono segnalare problemi o le discriminazioni che emergono nell’ambito della propria vita professionale e di studio.<br /><br />• <a href="http://www.mobbingonline.it" title="www.mobbingonline.it" rel="external">www.mobbingonline.it</a>: sito molto completo, contenente ogni tipo di informazione e la possibiltà di mettersi in rete tra mobbizzati.<br /><br />• <a href="http://www.mobbing-prima.it" title="www.mobbing-prima.it" rel="external">www.mobbing-prima.it</a>: sito dell’associazione "PRIMA Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale", fondata dal dott. Herald Ege, medico e studioso delle problematiche sul mobbing autore di varie pubblicazioni in proposito.<br /><br />• mobby2000: sito realizzato dell’Associazione Mobby 2000 in collaborazione con la clinica del lavoro dell’Università di Milano che analizza il fenomeno mobbing da un punto di vista prettamente medico-legale.<br /><br />• <a href="http://www.diritto.it" title="www.diritto.it" rel="external">www.diritto.it</a>: portale diretto dal dott. Francesco Brugaletta che contiene una sezione specificatamente dedicata alle questioni del lavoro ricco di articoli e materiale giuridico sul mobbing.<br /><br />• Associazione MIMA: Movimento Italiano Mobbizzati Associati, sul sito informazioni interessanti su convegni ed iniziative legate al Mobbing.<br /><br />SITI INTERNET stranieri:<br /><br />• <a href="http://www.bullybusters.org" title="www.bullybusters.org" rel="external">www.bullybusters.org</a>: sito dell’omonima associazione americana ricco di materiale anche giuridico sul bullyng negli Stati Uniti;<br /><br />• <a href="http://www.assediomoral.org" title="www.assediomoral.org" rel="external">www.assediomoral.org</a>: sito di professionisti brasiliani dedicato alle roblematiche del mobbing in Brasile che contiene, tra l’altro una ricca sezione relativa alla tutela giuridica del mobbing nel paese e una panoramica anche sulle varie iniziative a livello europeo;<br /><br />• <a href="http://www.hmstop.com" title="www.hmstop.com" rel="external">www.hmstop.com</a>: sito dell’associazione francese "Harcélement moral stop" che raccoglie testi di legge, giurisprudenza, articoli e le esperienze delle persone che hanno subito molestia in Francia;<br /><br />• <a href="http://www.ssp-wolpod.ch" title="www.ssp-wolpod.ch" rel="external">www.ssp-wolpod.ch</a>: sito del Sindicat des Service pubblics de Genève che dedica al mobbing alcune pagine in ordine al trattamento anche giuridico del mobbing nella federazione svizzera;<br /><br />• <a href="http://www.leymann.se" title="www.leymann.se" rel="external">www.leymann.se</a>: sito svedese mutilingue curato dal prof. Heinz Leymann, studioso tedesco al quale si devo i primi studi del fenomeno in chiave lavorativa e sociale, contiene una miniera di informazioni sull’argomento ed in particolare la così detta Mobbing Enciclopaedia che analizza il fenomeno nei suoi vari aspetti;Fri, 15 Oct 2010 21:56:09 +0200http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=10610&forum=55Come si manifesta il Mobbing sul luogo di lavoro? [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8409&forum=55
Mobbing:: Come si manifesta il Mobbing sul luogo di lavoro?<br />
Come si manifesta il Mobbing sul luogo di lavoro?<br />. Mancato pagamento di straordinari, extra, voci di stipendio, mancato rimborso di trasferte e spese, ecc; <br />· Mancato riconoscimento di promozioni ed avanzamenti legati all'anzianità o comunque automatiche: <br />· Mancate promozioni per merito che vengono invece riconosciute a persone di gran lunga più giovani ed inesperte o con titoli di studio inferiori; <br />· L'ultimo arrivato, comanda più di voi; <br />· Mancanza di lavoro, inattività forzata; <br />· Lavori dequalificanti, inferiori all'inquadramento, inferiori ai precedenti. Sottrazione di personale dipendente e di subordinati gerarchici; <br />· Sottrazione dei mezzi tecnici per lavorare: computer, fax, password di accesso ad Internet ed alla posta elettronica, disconnessione del telefono, ecc; <br />· L'economato non risponde quasi mai a qualsiasi richiesta, anche le più elementari (cancelleria, mezzi per lavorare, ecc); <br />· Trasferimenti continui anche per demoralizzare e sfiancare; · Ostentata indifferenza o disprezzo da parte dei superiori; <br />· Continue aggressioni da parte dei colleghi di pari grado; <br />· Continue insubordinazioni da parte dei dipendenti che sembrano incoraggiati ed appoggiati dall'alto; <br />· Mancanza di collaborazione: il vostro lavoro viene ignorato, le telefonate a voi dirette non vi vengono passate, nessuno vi avvisa se qualcuno vi ha cercato, ecc;<br />· Isolamento intellettuale e professionale: mancati inviti alle riunioni, mancato invio di materiale informativo, esclusione dai processi decisionali, mancato invio a corsi di aggiornamento, ecc;<br />· Isolamento fisico e cambiamento di sede, con traslochi in altri uffici o luoghi meno qualificati, opprimenti, degradati, isolati, lontani ; <br />· Usurpazioni sistematiche di funzioni e attributi di grado: altri aprono la posta al vostro posto, altri rispondono al telefono; <br />· Quando superiori e colleghi entrano in ufficio vi ignorano ostentatamente e si rivolgono ai subordinati; <br />· Continuo assegnamento di turni e mansioni logoranti o pericolose; <br />· Continue critiche alle prestazioni lavorative: il vostro lavoro non va mai bene, è sempre inferiore a quello di un altro, i vostri straordinari non sono giustificati, le vostre trasferte "costano" mentre altre vengono concesse con facilità; <br />· Continui rimproveri di fronte a tutti: colleghi, estranei, ecc. Il vostro successore è già pronto a sostituirvi nonostante che non vi siano giustificazioni di ordine anagrafico o professionale; <br />· Vi sentite dire che l'unico scopo della vostra presenza sul posto di lavoro è preparare il vostro successore;<br />· Fatti che possono costituire reati sotto diversi profili: ingiuria, diffamazione, violenza privata, minaccia, ecc; <br />· Minacce di natura fisica o sessuale; <br />· Atti di intimidazione con perquisizioni nell'ufficio, apertura forzata dei cassetti, telefonate minatorie, distruzione di materiale ed appunti, ecc; <br />· Le vostre "note caratteristiche" vengono redatte con espressioni degradanti e con contenuti diffamatori ;<br />· Vengono fatte circolari voci di spregio, disprezzo ;<br />· Vengono avanzati sospetti sull'equilibrio psichico e vengono richieste visite per accertate lo stato psichico della persona <br />· Continui attacchi alle proprie convinzioni sindacali e/o politiche, quali che siano (sei un prete, un rosso, un fascista, un terrorista,) <br />· Insulti per la provenienza (sei un terrone, ecc) <br />· Minacce in caso di malattia <br />· Ogni tipo di minaccia, anche indiretta: sguardi, silenzi, gesti, ecc.. <br />· Vi sfottono su ogni particolare del tipo: come parlate, come camminate, come vi vestite, dove trascorrete le ferie, i giornali che leggete, ecc · <br />Continue interruzioni o derisioni su qualunque cosa diciate Telefonate continue da parte di "anonimi" proprio nel momento in cui state parlando con persone importanti, ecc Venite presentati, a terze persone, in maniera sottilmente degradante <br />· Sgarbi di ogni genere: siete sempre l'ultimo a conoscere le notizie importanti oppure i vostri titoli accademici vengono "dimenticati" mentre quelli degli altri sono tenuti nella massima considerazione, eccSat, 5 Dec 2009 19:48:09 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8409&forum=55COSTI DEL MOBBING [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8408&forum=55
Mobbing:: COSTI DEL MOBBING<br />
Costi del Mobbing<br />Costi per il lavoratore – Oltre ai danni psicofisici e ai danni sociali, emarginazione dal mondo del lavoro, ripercussioni gravi sulla vita affettiva e sociale, devono essere attentamente valutati anche gli effetti economici del mobbing sul lavoratore. Essi saranno di enorme portata. Notevoli perdite economiche saranno dovute al mancato godimento di emolumenti dovuti quali straordinari, trasferte, turni con maggiorazioni, aumenti di stipendio per merito o per passaggi di categoria, premi straordinari, benefits (auto aziendale, telefono cellulare, ecc.). Il lavoratore dovrà poi sopportare spese rilevanti per: medici specialistici, protesi, specialità medicinali, permessi non retribuiti, avvocati per azioni legali, ecc.Nei casi più estremi vanno aggiunti anche i costi economici dei comportamenti dannosi indotti quali: consumo d’alcool, droghe, tabagismo che oltre a danneggiare economicamente la vittima ne mineranno irrimediabilmente il fisico. Tutto ciò si ripercuoterà sul “menage” familiare creando un nuovo fronte di problematiche legato al benessere e alla sopravvivenza economica della famiglia. In questa difficile situazione la vittima dovrà affrontare infine le problematiche quotidiane tra cui quelle legate all’educazione e alle esigenze dei figli, o all’assistenza verso i genitori… Costi per l’azienda – Il Mobbing colpendo la “risorsa umana” – che dovrebbe essere un bene prezioso per l’azienda – colpisce l’efficienza, la produttività, diminuisce la motivazione, aumenta l’assenteismo, lo scarso interesse, il contenzioso, crea un clima negativo , procura un danno d’immagine, con conseguenti effetti sull’ambiente di lavoro, sul rendimento, sul prodotto, sui costi dell’impresa. Un tale “clima” aziendale, normalmente prodotto da un management inadeguato, aumenterà certamente la conflittualità a tutto danno dell’azienda. La dequalificazione ed emarginazione del lavoratore perseguita allo scopo di indurlo alle dimissioni, in realtà rende più difficile la collocazione del medesimo sul mercato e lo costringe a rimanere al suo posto con le conseguenze e i costi appena descritti .Il lavoratore malato o emarginato alla fine dovrà essere sostituito e ciò comporterà nuove assunzioni, nuovi periodi di addestramento, nuovi costi. Il mobbing infine genera problemi legali all’azienda con costosi strascichi giudiziari e d’immagine. Costi sociali – Il sistema socio/sanitario nazionale dovrà sopportare i costi per terapie di sostegno psicologico/mediche/e/o per ricoveri nei casi più gravi. Lo stato vedrà aumentare gli oneri sociali derivanti da sussidi, pensioni di anzianità, d’invalidità e ammortizzatori sociali. <br />FONTE: Pericolo mobbing – Guida per prevenire e combattere le violenzeSat, 5 Dec 2009 19:46:40 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8408&forum=55CONSIGLI PRATICI PER RESISTERE AL MOBBING [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8407&forum=55
Mobbing:: CONSIGLI PRATICI PER RESISTERE AL MOBBING<br />
Decalogo - Consigli pratici per resistere al mobbing e non farsi travolgere da esso <br />1- Abbiate pazienza:<br /><br />Il viaggio contro il mobbing è lungo, duro e difficile: organizzatevi per una lotta nella quale, alla fine, sarete voi i vincitori. Il tempo gioca a vostro favore: dopo un periodo iniziale di scoramento e di depressione ritroverete la forza di vivere, di sorridere, di sconfiggere i vostri mobbers, di essere giustamente risarciti per i danni subiti.<br /><br /><br />2- Non cedete allo scoramento ed alla depressione:<br /><br />Il mobbing cui siete sottoposti non avviene per colpa vostra: le motivazioni socio-psicologiche alla base del mobbing sono molteplici e complesse, oggetto di studi approfonditi di sociologi, psicologi e giuristi. Voi siete solo un capro espiatorio di una situazione che non dipende da vostre colpe.<br /><br /><br />3- Non pensate alle dimissioni:<br /><br />La prima cosa alla quale un mobbizzato pensa è quella di fuggire e di liberarsi dalla situazione stressante, abbandonando la scena. In effetti spesso il mobbing ha solo lo scopo di "poter licenziare impunemente". Dare le dimissioni vi libera, è vero, dal mobbing ma con le dimissioni "la date vinta al mobber". Ricorrete ad un periodo di malattia solo per il tempo strettamente necessario: utilizzate preferibilmente i periodi di ferie non godute o i recuperi orari. Tenete però ben presente che al ritorno sul luogo di lavoro dopo un periodi più o meno breve di assenza potreste trovare che molte cose sono cambiate in peggio: durante la vostra assenza il mobber ha avuto tutto il tempo per organizzarsi meglio.<br /><br /><br />4- Non pensate di essere gli unici:<br /><br />Si calcola per difetto che in Italia vi siano almeno un milione e mezzo di mobbizzati (circa il 6% della forza lavoro). Pensare di essere gli unici è una falsa immodestia: siete solo uno dei tanti.<br /><br /><br />5- Organizzatevi per resistere:<br /><br />Considerate che, secondo calcoli fatti dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), la messa in atto di azioni mobbizzanti nei vostri confronti, costa alla vostra azienda attorno al 190%della vostra retribuzione annua lorda: alcune cause di questi costi sono:<br /><br /><br /><br />Il tempo impiegato dal mobber per studiare nuove forme di vessazione nei vostri confronti<br /><br />La perdita di morale tra i lavoratori<br /><br />Le giornate lavorative perse in malattia a causa del mobbing <br /><br />I costi a carico del SSN per la cura dei lavoratori ammalatisi a causa del mobbing<br /><br />I costi delle liquidazioni in caso di licenziamento spontaneo<br /><br />L'azienda, a causa del mobbing, perde elementi produttivi e competenti<br /><br />La sostituzione del lavoratore licenziato ha un costo per l'azienda in termini di know-how <br /><br />I risarcimenti per cause civili ai lavoratori mobbizzati<br /><br /><br />6- Raccogliete la documentazione delle vessazioni subite:<br /><br />Poiché il mobbing, anche se non vi è una legislazione precisa e ad hoc contro di esso, rientra in fattispecie di reati previsti e penalmente perseguibili e di illeciti amministrativi (per esempio, reati: abuso di potere, minacce, violenza privata, diffamazione, calunnia, lesioni personali, etc; illeciti amministrativi: demansionamento, dequalificazione, etc.), è necessario che voi documentiate nel modo migliore possibile le azioni mobbizzanti messe in atto nei vostri confronti. Pertanto:<br /><br />-Trovate colleghi disposti a testimoniare (anche se è difficile…….)<br /><br />- Tenete un diario di ogni azione mobbizzante contenente: data, ora, luogo, autore, descrizione, persone presenti, testimoni<br /><br />- Tenete un resoconto delle conseguenze psico-fisiche sul vostro organismo delle azioni mobbizzati; il mobbing fa ammalare: i sintomi possono essere psichici (insonnia, ansia, depressione, attacchi di panico, ecc.), fisici (emicrania, cefalea, dolori muscolari, precordialgie, acidità gastrica, tremori, mancanza d'appetito, appetito eccessivo, diminuzione della potenza e del desiderio sessuale, ecc.) e del comportamento (perdita dell'autostima, mancanza di fiducia in se stessi, senso dell'inutilità, ecc.). Questo vi faciliterà nel documentare il danno biologico che il mobbing ha determinato su di voi, al fine della richiesta di risarcimento dei danni psicofisici (lesioni personali).<br /><br />- Mettete in forma scritta e fate protocollare o spedite per raccomandata R.R. ogni vostra richiesta: trasformate qualsiasi ordine verbale ricevuto, in interrogazione scritta ("a voce mi è stato detto di fare questo, chiedo conferma scritta"). <br /><br /><br />Molto spesso non riceverete risposta: ciò sarà la prova di una tra le azioni mobbizzati.<br /><br /><br />7- Cercate degli alleati: <br /><br />E' questa la cosa più difficile: non sempre i colleghi sono dei "cuor di leone". Spesso si ritirano in disparte per evitare che il mobbing messo in atto nei vostri confronti possa estendersi anche ad essi. Spesso, nel mobbing trasversale, sono essi stessi i vostri mobbers. <br /><br />Non vi isolate: coltivate le vostre relazioni sociali, frequentate gli amici, rinsaldate i rapporti familiari spesso impoveriti dal punto di vista affettivo e sessuale. Spiegate ai vostri familiari cos'è il mobbing e quello che state subendo. Non vergognatevi della vostra situazione, parlate con le persone che vi sono vicine per acquistare consapevolezza della vostra situazione, per rafforzare l'autostima ma non passate all'estremo opposto. Parlare incessantemente del vostro problema, focalizzare l'attenzione unicamente sul vostro dramma, può stancare amici e familiari e quindi potreste trovarvi ancora più soli. Il vostro matrimonio, la vostra famiglia, le vostre amicizie potrebbero andare in crisi. Si realizzerebbe così il fenomeno del "doppio mobbing" per il quale le persone coinvolte in Italia dal mobbing, assommano a 5 milioni.<br /><br /><br />8- Denunciate il mobbing:<br /><br />E' questa una attività da attuare con ponderata attenzione: evitate che le denuncie possano esporvi a ritorsioni (possibili querele per diffamazione).<br /><br />Scrivete la storia del vostro mobbing. Siate il più concisi possibile. Prima di divulgarla riponetela in un cassetto e rileggetela dopo almeno una settimana: eliminate le parti superflue e conservate solo quelle importanti. La precisione nei particolari fa diventare pesante la vostra storia: dovete colpire l'attenzione di chi vi legge.<br /><br />Rivolgetevi ai giornali, televisioni private, radio locali, sindacati, associazioni di categoria. Denunciate fatti reali e documentati. Scrivete dei tazebao da affiggere nei luoghi consentiti. Divulgate all'interno dell'azienda le vostra situazione: il racconto della vostra storia potrebbe far sorgere tra gli altri dipendenti un movimento di opinione a vostro favore. Ricordate che la pubblicizzazione della vostra denuncia può essere incompatibile con la segretezza degli atti d'ufficio.<br /><br />Chiedete copia della documentazione esistente negli atti d'ufficio e nel vostro fascicolo personale: è un vostro diritto (legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa e legge 675/96 cosiddetta sulla "privacy") l'accesso agli atti d'ufficio che vi riguardano e al vostro fascicolo personale per poter ottenere copia di tutti i documenti che vi interessano.<br /><br /><br />9- Iscrivetevi ad una associazione contro il mobbing:<br /><br />Rivolgetevi unicamente a quelle che sono apolitiche, asindacali, aconfessionali, che non hanno scopo di lucro.<br /><br /><br />10- Ricorrete alle vie legali:<br /><br />In questo caso non siate impazienti: <br /><br />- Nella scelta tra procedimento penale e/o civile, (causa di lavoro, risarcimento del danno biologico), preferite dapprima il procedimento civile. <br /><br />- La durata di una causa di lavoro è lunga: anche in caso di vittoria in primo grado, aspettatevi un ricorso in appello da parte dell'azienda; calcolate da un minimo di quattro anni fino ad otto - dieci anni.<br /><br />- Rivolgetevi ad un buon avvocato cha abbia già trattato cause di mobbing, che sicuramente non abbia legami con la vostra azienda.<br /><br />- Chiarite subito gli obiettivi che intendete raggiungere (danno biologico, demansionamento, reintegra nel posto di lavoro, patteggiamento, risarcimento dei danni, etc.) e le strade da percorrere.<br /><br />- Coinvolgete il minor numero di persone: possibilmente solo la vostra azienda. In questo modo il vostro avvocato non si troverà a dover lottare contro eserciti di avvocati di controparte che si coalizzeranno contro di voi. Successivamente potrete procedere anche contro gli autori materiali del vostro mobbing: ad esempio, in caso di pubblici dipendenti, sarà possibile documentare il danno all'erario determinato dai vostri mobbers.<br /><br />Prevenire è meglio che curare <br />Se percepiamo di essere oggetto di violenze psicologiche o di emarginazioni sul posto di lavoro da parte del "capo" (o di colleghi) cerchiamo di creare una base di elementi certi e inconfutabili<br /><br />Raccogliamo tutta la documentazione - che ci riguarda - per attestare l'eventuale "isolamento sul lavoro e/o discriminazione psicologica", messa in atto nei nostri confronti dal capo o dall'Azienda;<br /><br />Occorre anche un chiarimento con questa/e persone perché è necessario capire le ragioni di tali comportamenti che potrebbero dipendere anche da un nostro difetto: svogliatezza, inoperosità, indifferenza, sgarberia, ecc.<br /><br />Il chiarimento con la persona dovrà essere sereno e positivo evitando, accuratamente, di ricorrere a lamentazioni inutili o minacciando querele e denunce perché, prima di ogni altra considerazione, è importante capire i motivi.<br /><br />Altro passo importante, senza essere impulsivi e mantenendo la calma, è quello di far comprendere bene al nostro interlocutore che non siamo, comunque, disposti a subire soprusi e lesioni della nostra dignità di lavoratore o lavoratrice;<br /><br />Parliamone con i colleghi e le colleghe perché possano essere utili testimoni. Attenzione, però, non citiamo le persone ma i fatti perché - in questa fase - è molto più utile richiamarsi al diritto di operare in condizioni di buona salute non solo fisica, ma soprattutto mentale.<br /><br />Se i tentativi non approdano a nulla, allora dobbiamo passare all'azione denunciando - per iscritto - l'esperienza che stiamo vivendo.<br /><br />Informiamo, subito, il rappresentante dei lavoratori o le segreterie territoriali e nazionali del sindacato, anche se non siete iscritti/e. Noi, ad esempio, stiamo seguendo molti casi di mobbing attraverso denunce specifiche e, dove serve, le sosteniamo anche mettendo a disposizione gratuitamente l'assistenza legale. <br /><br />Protezione del lavoratore e rilevanza del bene da tutelare <br />Nella normativa giuslavoristica più recente assume sempre maggiore rilevanza il riconoscimento della dignità della personalità del lavoratore come valore trascendente l’idea del suo essere “parte debole” nella dinamica del rapporto di lavoro, perché investe la persona nella sua dimensione sociale. Ciò non toglie che nel lavoro dipendente, la subordinazione socio- economica si presenti come un elemento caratteristico cui l’ordinamento giuridico riconnette la specifica normativa protettiva.<br /><br /><br />Tuttavia, la considerazione del profilo personalistico in materia di rapporti di lavoro ha fatto sì che si valorizzasse, rispetto all’originaria legislazione di tutela del lavoratore, la protezione globale della sua persona per favorire una concreta evoluzione sociale. Si è progressivamente sviluppata, così, la tendenza ad accentuare, da un lato, il profilo sanzionatorio della normativa a carico del datore di lavoro limitandone i poteri e l’autonomia decisionale, dall’altro, ad incidere sul soggetto che svolge la prestazione di lavoro con norme mirate alla formazione- informazione e all’assunzione di specifiche responsabilità anche da parte del lavoratore.<br /><br /><br />Vi sono, infatti, norme che ampliano il contenuto del ruolo della posizione del dipendente nell’ambito dell’organizzazione del rapporto di lavoro, ed afferiscono alla tutela di interessi dei quali il lavoratore è portatore anche all’esterno del luogo di svolgimento della prestazione, poiché assumono contenuti non solo economico- professionali ma anche personali e sociali.<br /><br /><br />Alla rilevanza del ruolo attivo del lavoratore, così come si configura nella più recente normativa, è sottesa la spinta, che già animava il costituente, verso una “cultura della prevenzione” il cui perno sia la “cultura della dignità” della persona, che costituisce fondamento ideologico imprescindibile di ogni ulteriore evoluzione sia sul piano sociale sia sul piano sociale e civile.<br /><br /><br />Lo Statuto dei lavoratori non solo si richiama ai doveri del datore per tutelare la personalità del lavoratore, ma inserisce anche il “debito di sicurezza” e di tutela della salute del dipendente nell’area degli obblighi a carico del creditore della prestazione, configurando così un sistema di doppia tutela, contrattuale ed extracontrattuale, a garanzia di tutti i lavoratori. Essa costituisce un necessario aspetto della tutela della personalità del lavoratore sancita anche dall’art.2087 del Codice civile e il cui fondamento normativo risiede in tutto il monito costituzionale desumibile anche dall’art.41 Cost. teso allo sviluppo della personalità del lavoratore, subordinando perfino la libertà d’iniziativa economica alla tutela della sicurezza e al rispetto della dignità umana e considerando la salute come diritto primario del cittadino- lavoratore e interesse fondamentale della collettività.<br /><br /><br />La consapevolezza dello stretto rapporto organico di interdipendenza tra integrità psico- fisica e ambiente di lavoro ha orientato sin dagli anni ’70 il legislatore ad inquadrare la tutela della persona del lavoratore nel vasto ambito dell’assistenza sanitaria sul piano della sicurezza sociale. Il particolare rilievo dato dal legislatore alle esigenze di tutela della salute e della salubrità dell’ambiente è dimostrato dall’attenzione alla determinazione delle disposizioni in materia di igiene e sicurezza onde evitare tutti i possibili fattori d’inquinamento nocivi alla salute dei dipendenti.<br /><br /><br />Parallelamente all’accentuarsi del valore della responsabilità dei lavoratori si sono notevolmente ampliati i profili sanzionatori a carico del datore di lavoro che non ottempera alle disposizioni prevenzionali, essendo soggetto a sanzioni pecuniarie, amministrative e penali, con la possibilità di dover affrontare anche la spesa del risarcimento civilistico. Le nuove frontiere del danno alla persona, infatti, fanno sì che si affianchi al cosiddetto “danno morale derivante da reato” dell’art.2059 Codice civile, la figura giuridica del danno biologico, con la conseguente risarcibilità anche di danni derivanti da sofferenze e patemi d’animo. Nell’ampio dibattito accesosi intorno alla natura, alla consistenza e alla sua collocazione nell’area del danno risarcibile, offre un costante contributo di chiarezza l’espressione “danno ingiusto” dell’art.2043 Codice civile, poiché stabilisce che non ogni danno è risarcibile, ma solo quello che l’ordinamento ritiene meritevole di riparazione<br /><br /><br />ponendo l’obbligo risarcitorio a carico del soggetto responsabile. L’art.1226 codice civile, oltretutto, concede al giudice la facoltà di procedere alla valutazione del risarcimento stabilendone equitativamente l’entità, sempre però previa verifica della necessaria esistenza del nesso di causalità.<br /><br /><br />Il problema dell’individuazione del danno risarcibile è di estrema attualità in questi ultimi anni a causa del preoccupante aumento della frequenza dei danni da stress, dovuti alle vessazioni subite nel posto di lavoro e meglio conosciute come fenomenologia del mobbing. La lesione anche della salute psichica del lavoratore e le ripercussioni negative su tutto il rapporto di lavoro che ne conseguono, hanno consentito l’ingresso nel nostro ordinamento di nuovi profili di tutela anche di questo aspetto della figura del prestatore di lavoro, in un quadro generale che coinvolge, oltre alle parti del rapporto, tutti gli operatori del diritto, gli istituti preposti e la stessa Comunità Europea nell’ottica di una protezione globale della persona del lavoratore.<br /><br />La libertà di manifestazione del pensiero del lavoratore nell'impresa <br />La Costituzione della Repubblica italiana garantisce, all’art. 21, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. <br /><br /><br />Così gli articoli 9, 10 e 11 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, ratificata con legge dallo Stato italiano, confermano la sussistenza di un diritto inalienabile alla libertà di manifestazione. <br /><br /><br />E’ natura che anche al lavoratore, quale membro della collettività, sia garantita la libertà di pensiero. <br /><br /><br />Se questo assunto poteva avere una valenza generale, solo con la legge n. 300/70, il c.d. Statuto dei Lavoratori, è stata sancita a livello normativo una garanzia alla libertà di pensiero del lavoratore nell’impresa. <br /><br /><br />Proprio l’articolo di esordio dello Statuto, dispone che “I lavoratori senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il loro pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge”. <br /><br /><br />Si tratta, in buona sostanza di una affermazione di principio che vale a delineare i principi ispiratori di tutta la legge, anzi, di tutta la normativa giuslaburista. <br /><br /><br />I principi enunciati, benchè di rango costituzionali, non sono previsti di una sanzione che colpisca la loro violazione, come, ad esempio l’art. 28 della medesima legge, che censura il comportamento antisindacale. <br /><br /><br />In linea generale, comunque, qualunque comportamento lesivo del diritto della libertà di espressione deve considerarsi tout court illegittimo. <br /><br /><br />Scopo della disposizione legislativa è di riaffermare il fondamentale principio di libertà riconosciuto dall’art. 21 della Costituzione, impedendo che il datore di lavoro si avvalga della sua posizione di supremazia per comprimere la libera manifestazione del pensiero da parte dei suoi dipendenti nei luoghi di lavoro. <br /><br /><br />Oggetto della norma è indiscutibilmente la libertà di manifestazione del pensiero, in ogni sua forma (anche telematica). <br /><br /><br />La manifestazione del pensiero è tutelata espressamente nei luoghi ove i dipendenti prestino la loro opera, espressione volutamente generica. <br /><br /><br />Per la manifestazione del pensiero fuori dai luoghi di lavoro, non sarebbe in realtà immaginabile una compressione diretta da parte del datore di lavoro, ma soltanto una coazione indiretta mediante atti di pressione discriminatori, vietati da altre disposizioni dello Statuto (artt. 15, 4 e 8). <br /><br /><br />La libertà di manifestazione del pensiero ingloba anche la libertà di critica nei confronti del datore di lavoro (Pret. Milano 14.12.1971), nei limiti, ricordati dall’articolo in commento, “della Costituzione e delle norme della presente legge”. <br /><br /><br />Le opinioni espresse dal lavoratore dipendente, anche se vivacemente critiche nei confronti del proprio datore di lavoro, specie nell'esercizio dei diritti sindacali, non possono costituire giusta causa di licenziamento, in quanto espressione di diritti costituzionalmente garantiti o, quanto meno, di una libertà di critica. Peraltro, qualora il comportamento si traduca in un atto illecito, quale l'ingiuria o la diffamazione, o comunque in una condotta manifestamente riprovevole può riscontrarsi, sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo, quella gravità necessaria e sufficiente a compromettere in modo irreparabile il vincolo fiduciario, così da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto. (Cass. Sez. Lav., sent. n. 10511 del 22-10-1998). <br /><br /><br />Limitazioni particolari a detta libertà possono assumersi in relazione alle concrete modalità di tempo e di luogo. <br /><br /><br />Infatti, è da escludere che si possa interrompere e sospendere l’attività lavorativa per discutere di questioni politiche; la fattispecie spezzerebbe il nesso sinallagmatico intercorrente fra retribuzione e attività lavorativa medesima. <br /><br /><br />La giurisprudenza ha individuato nel limite costituzionale dell’art. 41 della carta fondamentale l’obbligo del rispetto del normale svolgimento dell’attività aziendale (Cass. 1325/83) e del necessario adempimento dell’obbligo di lavorare (Pret. Milano 15.06.1973; Pretura Milano 05.11.1977). <br /><br /><br />Anche l’attività di volantinaggio, quale espressione della libertà di manifestazione del pensiero, riscontra l’innegabile limite del rispetto del normale svolgimento dell’attività sindacale. <br /><br /><br />La giurisprudenza di merito ha stigmatizzato quale illegittima l’attività di volantinaggio durante il normale orario di lavoro, sanzionabile disciplinarmente, lecito invece durante le pause di lavoro (Pret. Torino 29.11.1972; Tribunale Roma 19.07.1977; Trib. Bologna 05.05.1973). <br /><br /><br />E’ altresì ritenuta illegittima la distribuzione di scritti anonimi, in contrasto con le leggi sulla stampa (Tribunale Monza 25.02.1981). <br /><br /><br />E’ invece assodato il diritto di organizzare assemblee ove discutere di vari problemi e manifestare liberamente il proprio pensiero. <br /><br /><br />I soggetti protetti sono i singoli lavoratori, non alle organizzazioni esponenziali, come appunto nel caso dell’art. 28 o 20 della medesima legge. <br /><br /><br />Per i lavoratori in Cassa integrazione è stato escluso il diritto di accedere in azienda al solo fine di manifestare il proprio pensiero (Pretura Busto Arsizio 10.04.1981). <br /><br /><br />Un problema particolare si è manifestato nel caso di rapporto di dipendenza con le imprese di tendenza, quali partiti politici, sindacati, istituti religiosi, etc. In questa ipotesi, il datore di lavoro presuppone una scelta di opinione implicita nel rapporto di lavoro. <br /><br /><br />E’ pur vero che non può essere esclusa in radice la libera manifestazione del pensiero per il solo fatto di avere un rapporto di dipendenza con un ente esponenziale, ma è intuitivo che la dissidenza rispetto ai fini istituzionali dell’impresa potrebbe generare una causa di incompatibilità della prosecuzione del rapporto. <br /><br /><br />Nel rapporto di lavoro subordinato, il datore di lavoro mette a disposizione i mezzi perchè il prestatore d’opera possa proficuamente svolgere le proprie mansioni. Questi attrezzi di lavoro vanno dalla scalpello alla work station. Così il dipendente può avere a proprio disposizione un computer con una E mail personale. Personale fino a quanto? Un tecnico di informatica potrebbe serenamente risponderci che messaggi inviati da postazioni lavorative collegate ad un server, rimangono registrati in quest’ultimo, a prescindere dall’utilizzo di fantasiose password. Quindi, il datore di lavoro, potrebbe, tecnicamente, entrare e leggere la posta elettronica del dipendente. La domanda che a questo punto può angosciare l’imprevidente dipendente è se sia lecita l’ingerenza del datore di lavoro. Gli esempi d’Oltreoceano non sono confortanti. Per i giudici statunitensi, il datore di lavoro ha tutto il diritto di frugare nella corrispondenza del dipendente, in ossequio dell’interesse aziendale di controllare i messaggi inviati dal posto di lavoro. Per l’esempio nazionale occorre svolgere alcune riflessioni. <br /><br /><br />Infatti, al dipendente è affidato in uso uno strumento aziendale, finalizzato allo svolgimento delle mansioni sue proprie, nell’interesse del datore di lavoro e non a fini personali. <br /><br /><br />Di contro la segretezza della corrispondenza del dipendente sembra essere un diritto primario, garantito e prevalente. <br /><br /><br />Ammettere la legittimità del controllo sulla corrispondenza privata (ancorchè elettronica) del dipendente equivarrebbe a legittimare il datore di lavoro ad entrare nella vita privata del proprio impiegato e nella sua libertà di manifestare il proprio pensiero. <br /><br /><br />Non bisogna dimenticare che via E-mail possono essere inviati (o ricevuti) messaggi che rivelino le opinioni politiche, sindacali, religiose del dipendente. <br /><br /><br />Questo potrebbe, in ultima battuta, essere discriminato, all’interno del luogo di lavoro, per le proprie confessioni religiose, opinioni politiche od appartenenza ad una organizzazione sindacale, come sopra ricordato.<br /><br /><br />Tale comportamento è di tutta evidenza illegittimo, in aperta violazione con la lettera e lo spirito della legge 300/70, meglio conosciuta come Statuto dei Lavoratori. <br /><br /><br />Si è sopra esaminato come l’art. 1 dello Statuto sancisce espressamente che i lavoratori hanno diritto di manifestare il proprio pensiero. <br /><br /><br />L’art. 8 della stessa disposizione vieta al datore di lavoro qualsiasi indagine sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore. <br /><br /><br />In capo al datore di lavoro “ficcanaso” potrebbe ascriversi la violazione dell’art. 616 c.p., che punisce con la reclusione fino ad un anno o con la multa sino a un milione, chiunque prenda cognizione del contenuto di una corrispondenza a lui non diretta. <br /><br /><br />Occorre ricordare che, a mente della novella 547/93, per corrispondenza deve intendersi anche quella informatica o telematica.<br /><br /><br />Problema concreto potrebbe però essere rappresentato dal fatto che, in pratica, il dipendente non sarà in condizione dell’eventuale violazione della sua sfera di privacy. <br /><br /><br />I principi sin qui enunciati non debbono ovviamente essere assolutizzati. <br /><br /><br />Se il dipendente ha diritto al rispetto della propria libertà e dignità, non può certo defraudare il datore di lavoro nello svolgimento della collaborazione. <br /><br /><br />Così il lavoratore avrà diritto alla privacy della propria posta elettronica gestita sul suo posto di lavoro, ma questo, ovviamente, non lo legittima a “chattare” per otto ore al giorno, anzichè prestare l’attività lavorativa per cui è retribuito. <br /><br /><br />Un conto, infatti, è il contenuto della posta, altro è la frequenza degli accessi via internet. <br /><br /><br />Tra i primi doveri del dipendente occorre ricordare il rispetto del normale svolgimento dell’attività aziendale e l’adempimento dell’obbligo di prestare il proprio apporto lavorativo.<br /><br /><br />Ci si richiama al normale svolgimento dell’attività produttiva di cui alla lettura della Cassazione sopra ricordata. <br /><br /><br />Una sentenza ha affermato che costituisce condotta antisindacale il comportamento del datore di lavoro volto ad impedire l’utilizzo della posta elettronica quale modo della comunicazione tra rappresentanze sindacali e lavoratori, non limitato al solo diritto di affissione (Pretura Milano 2 luglio 1997). <br /><br /><br />Scremati i casi estremi, sarà compito del Giudice, caso per caso, svolgere una comparazioni di interessi fra la tutela dei diritti del lavoratore e quelli del datore di lavoro. <br /><br />Il "Mobbing" e la tutela giudiziaria <br />La responsabilità contrattuale del datore di lavoro <br /><br /><br />Affronteremo il tema della responsabilità contrattuale del datore di lavoro, dal punto di vista unicamente della tutela della salute. <br /><br /><br />La norma fondamentale in materia è costituita dall’art. 2087 c.c. che testualmente statuisce: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. <br /><br /><br />Tale norma pone a carico del datore di lavoro uno speciale ed autonomo obbligo di protezione della persona del lavoratore e reca una previsione particolarmente ampia ed elastica, comprensiva non solo del rispetto delle condizioni e dei limiti imposti dalle leggi e dai regolamenti per la prevenzione degli infortuni e per l’igiene del lavoro, ma anche dell’introduzione e manutenzione delle misure idonee, nelle concrete condizioni aziendali, a prevenire infortuni ed eventuali situazioni di pericolo per il lavoratore, derivanti da fattori naturali o artificiali di nocività o penosità presenti nell’ambiente di lavoro. Siffatto obbligo di protezione, inoltre, non attiene solo al profilo dell’integrità psico-fisica dei lavoratori, ma anche a quello della personalità morale (da intendersi nel senso di “sociale”). <br /><br /><br />Quest’ultimo aspetto, a lungo trascurato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, significa che nella fase dell’esecuzione del rapporto di lavoro deve essere rispettata la “persona” del debitore di opere, sia in senso fisico, sia nella direzione più ampiamente etica, in modo da evitare che il prestatore di lavoro, anziché cedere energie e forza-lavoro, sia costretto a “scambiare” ed alienare i propri diritti personalissimi.<br /><br /><br />Al momento della conclusione del contratto, l’obbligo di prevenzione ex art. 2087 c.c. s’inserisce automaticamente nel contenuto del rapporto di lavoro e l’imprenditore è tenuto, quindi, a svolgere un’attività generale di prevenzione dei rischi derivanti dall’ambiente di lavoro.<br /><br /><br />Mentre nella generalità dei contratti, tale obbligo deriva dal rispetto del principio della buona fede ex art. 1375 c.c. che entrambe le parti sono tenute ad osservare nella fase dell’esecuzione delle proprie obbligazioni, nel rapporto di lavoro vi è la necessità di tutelare il lavoratore dagli specifici rischi derivanti dall’ambiente di lavoro, mediante il ricorso ai normali obblighi di protezione che, per il principio di correttezza ex art. 1175 c.c., integrano i reciproci obblighi derivanti dal rapporto di lavoro (prestazione di lavoro, da una parte, e retribuzione dall’altra). A ciò si aggiunge un autonomo ulteriore obbligo, anch’esso primario, di protezione del fondamentale interesse del prestatore alla salute, riconosciuta dall’art. 32 della Costituzione come bene di interesse collettivo e, nello stesso tempo, come diritto assoluto della persona. <br /><br /><br />Non va dimenticato, infine, e a proposito della tutela costituzionale della salute, l’art. 41, 2° co., Cost., secondo cui l’iniziativa economica privata “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. <br /><br /><br />V’è da dire, comunque, che la surrichiamata norma dell’art. 2087 è stata scarsamente utilizzata nella sua tipica funzione di prevenzione, ed è stata, invece, invocata ex post in funzione risarcitoria di eventi dannosi già verificatisi. <br /><br /><br />Nel momento in cui la tutela ex art. 2087 c.c. rientra nella responsabilità contrattuale, e non più in quella extra-contrattuale ex art. 2043 c.c., dovrà applicarsi l’art. 1218 c.c. che stabilisce: “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. Per la giurisprudenza, a questo punto, il passaggio dalla responsabilità contrattuale al riconoscimento di una tutela preventiva era quasi automatico. Ed infatti, nel 1985 la giurisprudenza afferma che “il lavoratore, che è oggetto concreto della tutela assicurativa ha, stante la funzione anche preventiva degli obblighi ex art. 2087 c.c., un vero e proprio diritto soggettivo al relativo adempimento, assieme agli altri diritti contrattuali”: tale orientamento viene, poi, confermato dalle Sezioni Unite della Cassazione. <br /><br /><br />Può senz’altro affermarsi che nel rapporto di lavoro, il generale principio del neminem laedere ex art. 2043 c.c. si concretizzi in un’autonoma obbligazione contrattuale e confermi, così, l’esistenza di un periculum reale comunque presente all’interno del rapporto di lavoro medesimo. <br /><br /><br />Danni risarcibili e profili probatori <br /><br /><br />Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia ritenuto responsabile ex art. 2087 c.c. di comportamenti riconducibili al mobbing, egli sarà tenuto a risarcire tutti i danni provocati da tale illegittimo comportamento. <br /><br /><br />In tali circostanze viene, innanzitutto, riconosciuto pacificamente il danno patrimoniale, ovvero il danno alla capacità produttiva di reddito sia nel senso del danno emergente sia nel senso del lucro cessante; viene, altresì, riconosciuto il danno morale ed alla vita di relazione in tutti i casi integranti reato, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. e viene, infine, riconosciuto il danno biologico. <br /><br /><br />La categoria del danno biologico è stata creata nel nostro Paese dal diritto “vivente”, che ha dovuto superare le enormi difficoltà interpretative conseguenti alla nozione di danno non patrimoniale collegate al principio di tipicità ex art. 2059 c.c., pur a fronte di una clausola generale come quella contenuta nell’art. 2043 c.c. <br /><br /><br />Le due norme appena richiamate, se interpretate in senso restrittivo, avrebbero di fatto escluso la possibilità di risarcire il danno alla salute o danno biologico, cosicchè solo un intervento della Corte Costituzionale sarebbe stato in grado di rimuovere l’ostacolo ermeneutico del combinato disposto delle due norme. <br /><br /><br />Con una prima sentenza la Corte Costituzionale riconobbe nella tutela prevista dall’art. 32 Cost. “un diritto primario ed assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra i privati” e con una seconda stabilì il principio in base al quale era conforme alla Costituzione l'interpretazione, secondo diritto vivente (in proposito vanno ricordate soprattutto la sentenza del Tribunale di Genova e quella della Corte di Cassazione n° 3675/’81) che considerava non limitata dall’art. 2059 c.c. la risarcibilità del danno non patrimoniale, anche se tale risarcibilità non è stata esplicitamente prevista dalla legge, nell’ipotesi in cui essa è conseguenza della lesione di un diritto costituzionalmente garantito come quello alla salute ex art. 32 Cost.. <br /><br /><br />Successivamente, la Corte Costituzionale ha definitivamente consolidato tale principio, con tre sentenze tutte adottate nel 1991. <br /><br /><br />Non v’è dubbio, comunque, che l’azione risarcitoria, finalizzata alla riparazione del danno biologico, trae la sua origine causale nell’accertata esistenza di “un illecito civile dell’imprenditore”, riconducibile, in particolare, alla specie dell’inadempimento. <br /><br /><br />Per tale ragione, il danno biologico si cala all’interno di una relazione contrattuale: deriva, da tanto, che non è importante più la rivisitazione dell’art. 2043 c.c., reinterpretato alla luce dell’art. 32 Cost., bensì la rilettura dell’art. 2087 c..c., ed in particolare del dovere di sicurezza, rafforzato dalla concorrente garanzia costituzionale. <br /><br /><br />La norma di riferimento, quindi, non sarà più l’art. 2043 c. c., ma l’art. 1218 c.c., in stretta connessione con l’art. 1223 c.c., sul risarcimento del danno. <br /><br /><br />Quest’ultima norma, del resto, come anche l’art. 1226 c.c. (valutazione equitativa del danno) è comune alla due aree di responsabilità, contrattuale ed extra-contrattuale. <br /><br /><br />In conclusione sul punto, non può affermarsi, come invece ha fatto la Corte di Cassazione, un concorso tra le due responsabilità: nel rapporto individuale di lavoro, infatti, la rilevanza del danno biologico trova il suo fondamento giuridico nel combinato disposto di cui agli artt. 2087 c.c. e 32 Cost. e, quindi, la relativa azione risarcitoria si fonda sul presupposto che il datore di lavoro abbia violato il dovere di protezione e versi, così, in una situazione di inadempimento contrattuale. <br /><br /><br />La conseguenza non è di poco conto, ove si pensi che chi richiede il risarcimento del danno ingiusto secondo le regole della responsabilità aquiliana deve provare rigorosamente la condotta che ha determinato il danno, il nesso causale ed anche la colpevolezza o il dolo di chi è ritenuto responsabile. Al contrario, quando la domanda di risarcimento è fondata sulla responsabilità contrattuale, è sufficiente che l’attore provi l’inadempimento, mentre l’art. 1218 c.c. stabilisce il principio della presunzione di colpa, che impone al debitore di provare la non imputabilità dell’inadempimento, vale a dire che l’inadempimento “è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. <br /><br /><br />In tal caso, il lavoratore dovrà provare sia il danno subìto, sia il rapporto di causalità fra la mancata adozione di determinate misure di sicurezza (specifiche o generiche) e il danno predetto. <br /><br /><br />La giurisprudenza di legittimità ha, comunque, escluso che si versi in un’ipotesi di responsabilità oggettiva, potendo il datore di lavoro fornire la prova di avere adottato tutte le cautele richieste dall’ordinaria diligenza, cosicchè l’infortunio che pure avrebbe potuto essere vitato comunque si verifichi il pregiudizio non è addebitabile all’imprenditore incolpevole. <br /><br /><br />Ed ancora, in una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha sostenuto che la norma di cui all’art. 2087 c.c. configura un diritto soggettivo del lavoratore, sia alla predisposizione, da parte del datore di lavoro, delle misure di sicurezza, sia al risarcimento dei danni causati dalla mancata adozione di tali misure. <br /><br /><br />Fattispecie particolari <br /><br /><br />Nell’ambito del rapporto di lavoro, diversi e specifici comportamenti da parte del datore di lavoro che, complessivamente intesi, sono riconducibili al mobbing sono stati decisi dal legislatore o dalla giurisprudenza, e trovano, quindi, come già detto, una disciplina loro applicabile all’interno dell’ordinamento giuridico. <br /><br /><br />Si vuol dire, cioè, che le possibili forme in cui può manifestarsi il mobbing non costituiscono delle novità assolute, poiché esse singolarmente considerate trovano già nel nostro ordinamento una disciplina finalizzata a scoraggiarle e ad offrire adeguata tutela al lavoratore. E così, se le azioni di mobbing colpiscono un lavoratore per discriminazione politica, sindacale, religiosa, di lingua e di sesso, diverse norme dell’ordinamento internazionale o comunitario o interno (artt. 3, 37, 39 della Costituzione, art. 15 Stat. Lav., L. n° 903/77, L. n° 125/91, art. 5 L. n° 135/90) possono essere utilizzate, anche a fini risarcitori. <br /><br /><br />Lo stesso avverrà in caso di violazione dell’art. 2103 c.c. per assegnazione a mansioni dequalificanti, ovvero per violazione dell’art. 1434 c.c. per la richiesta di annullamento di dimissioni derivanti da vizio di consenso per violenza. <br /><br /><br />a)Demansionamento o dequalificazione professionale. <br /><br /><br />Molto spesso, le pratiche di mobbing colpiscono la professionalità del lavoratore, provocando un demansionamento dello stesso. <br /><br /><br />Il relativo danno da demansionamento ha, in verità una struttura complessa, in cui l’elemento principale è il danno alla professionalità, a cui deve aggiungersi il danno alla personalità, il danno alla vita di relazione, il danno biologico alla salute e, in alcuni casi, anche quello morale. <br /><br /><br />In tale contesto, la tutela risarcitoria appare inadeguata, in particolare per quei diritti della persona-lavoratore personalissimi, che non hanno un contenuto patrimoniale, e tuttavia, di fronte all’incoercibilità degli obblighi di non fare (divieto di assegnazione a mansioni inferiori), può rivelarsi realisticamente utile per realizzare un minimo di effettività della tutela giurisdizionale. <br /><br /><br />Il problema più dibattuto in giurisprudenza attiene alla natura (contrattuale o aquiliana) della responsabilità conseguente alla dequalificazione: sul punto, la giurisprudenza non affronta in modo deciso la questione e, in alcuni casi, configura un’ipotesi di concorso tra le due responsabilità. <br /><br /><br />Per quanto già detto in precedenza, appare più coerente con le peculiarità del rapporto di lavoro ricondurre la responsabilità per tutti i danni provocati dal datore di lavoro all’interno del contratt, e tanto sia che il danno attenga alla lesione della professionalità del lavoratore, sia che riguardi la sua personalità.<br /><br /><br />Nel primo caso (danno alla professionalità) il danno deriva dalla violazione dell’art. 2103 c.c., nel secondo (danno alla personalità) dalla violazione dell’art. 2087 c.c. <br /><br /><br />b)Dimissioni del lavoratore e sua tutela <br /><br /><br />Così come affermato dagli studiosi del mobbing, uno degli effetti tipici cui mirano le condotte persecutorie e vessatorie è rappresentato dalle dimissioni del lavoratore. <br /><br /><br />Può accadere, innanzitutto, che il lavoratore, al momento delle dimissioni, adduca l’esistenza di una giusta causa, in conseguenza e per effetto appunto dei comportamenti vessatori: in tal caso, egli chiederà il pagamento dell’indennità di preavviso e il risarcimento del danno subìto. <br /><br /><br />Completamente diverso è, invece, il caso in cui il lavoratore si dimetta senza alcuna reale autonomia con i comportamenti persecutori: il lavoratore, in tale ipotesi, si trova in uno stato temporaneo di incapacità, a causa appunto delle vessazioni, e, quindi, non adduce una giusta causa di dimissioni. Egli potrà, comunque, ottenere l’annullamento delle dimissioni ex art. 428 c.c. se riuscirà a provare che sono state rassegnate in un momento, anche temporaneo, di totale incapacità di intendere e di volere, ovvero se sono state rese sotto violenza ex art. 1434 c.c., anche sotto la forma della minaccia illegittima di far valere un diritto (quale ad esempio il licenziamento) per ottenere un vantaggio ingiusto ex art. 1438 c.c. <br /><br /><br />Vale la pena sottolineare che la giurisprudenza di legittimità, richiamando altre specifiche pronunce ha ritenuto inapplicabili alle dimissioni la disciplina di cui all’art. 2113 c.c., ritenendo le dimissioni medesime un diritto disponibil. <br /><br /><br />c)Abuso di potere, comportamenti persecutori o discriminatori <br /><br /><br />In tempi recenti, la giurisprudenza ha sanzionato in maniera specifica comportamenti persecutori del datore di lavoro, che non rientrano tra quelli tipici maggiormente conosciuti. <br /><br /><br />In particolare la Corte di Cassazione ha ritenuto comportamento illegittimo persecutorio del datore la ripetuta richiesta da parte di quest’ultimo di visite mediche di controllo. <br /><br /><br />Tale sentenza conferma, sul punto, quanto affermato, innanzitutto, dal Pretore di Lecce – Dr. F. Buffa – che a tal proposito aveva parlato di “vero e proprio stillicidio di visite medico-fiscali di controllo. Il Pretore di Lecce, quindi, accertato sia il profilo causale (in quanto l’INPS procede alle visite di controllo solo su impulso del datore di lavoro), sia sotto quello soggettivo (in quanto la società datrice di lavoro era consapevole delle condizioni di salute della lavoratrice), ha ravvisato nella condotta del datore di lavoro un abuso di potere, in violazione dei principi di correttezza ex art. 1175 c.c. e della tutela della salute ex art. 2087 c.c. Conseguentemente il Pretore, sul presupposto che gli obblighi di correttezza integrano il contenuto del contratto e che il relativo inadempimento (di natura dolosa) comporta la responsabilità del datore di lavoro, ha ritenuto il datore medesimo responsabile di tutte le conseguenze dannose, pur non volute o soggettivamente imprevedibili, derivanti dall’inadempimento ex art. 1225 c.c.. Il Pretore, infine, ha riconosciuto il diritto della lavoratrice al risarcimento del solo danno biologico, escludendo, nel contempo, il danno emergente ed il lucro cessante, poiché non adeguatamente provati, ed il danno morale, poiché la fattispecie in esame non integrava estremi di reato. <br /><br />Cause tra datori di lavoro, lavoratori e Inail <br />L'Inail gestisce oltre 3 milioni di posizioni assicurative, 1.200.000 rendite e ogni anno registra più di un milione di nuovi infortuni, situazioni potenzialmente in grado di creare conflitti con l'utenza. <br /><br />Nel 2001 le nuove cause tra datori di lavoro, lavoratori e Inail sono state meno di 15mila (il 5% del contenzioso previdenziale complessivo), cui si aggiungono le 1.800 per esposizione all'amianto, e il 56% dei giudizi è stato favorevole all'Istituto. Il contenimento del contenzioso è anche frutto dell'attività di assistenza e consulenza dell'Avvocatura dell'Inail che nel 2001 ha prodotto oltre 8.500 pareri e consentito di evitare il conflitto. <br /><br />I dati sono emersi nel corso del seminario, svoltosi nei giorni scorsi, al quale hanno preso parte i 282 avvocati dell'Istituto insieme ad esponenti del mondo accademico e giudiziario. <br /><br />Il Commissario Straordinario dell'Inail, Vincenzo Mungasi ha sottolineato che 'Per difendere i principi di solidarietà che sono alla base del sistema di sicurezza sociale l'Inail deve conservare la sua natura di ente pubblico che meglio consente di realizzare la funzione previdenziale di protezione dei lavoratori infortunati. Abbiamo avviato un processo di modernizzazione delle strutture operative in senso manageriale'. <br /><br />In processo di modernizzazione ha l'obiettivo di ridurre i costi del contenzioso e rendere più immediato il riconoscimento dei diritti di lavoratori e imprese. <br /><br />Gli esperti si sono poi confrontati sul decentramento delle competenze legislative dallo Stato alle Regioni, attuato dalla riforma del Titolo V della Costituzione. La devoluzione rafforza infatti il ruolo dall'Inail nel sistema della sicurezza sociale e impone un diverso impegno per la prevenzione e la salute dei lavoratori. Occorrerà quindi sviluppare nuove sinergie tra l'Istituto e le Regioni per garantire l'omogeneità della tutela assicurativa sul territorio.<br /><br /><br />Gravidanza<br /><br /><br />Come evidenziato nella ''Strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul lavoro 2002 - 2006; Adattarsi alle trasformazioni del lavoro e della società'' (si veda PuntoSicuro n.601), il tema della promozione della salute sul luogo di lavoro deve essere affrontato tenendo conto delle profonde trasformazioni della società e del mondo del lavoro. <br /><br />Negli ultimi decenni si assiste ad una più ampia partecipazione delle donne al mondo del lavoro. La strategia europea sottolinea che ''le azioni di prevenzione […] devono prendere in considerazione in modo specifico la partecipazione crescente delle donne al mondo del lavoro, nonché i rischi per i quali le donne presentano una particolare sensibilità. Tali azioni rivolte alle donne devono essere basate su ricerche che coprano gli aspetti ergonomici, la realizzazione dei posti di lavoro, gli effetti dell'esposizione agli agenti fisici, chimici e biologici, nonché la valutazione delle differenze fisiologiche e psicologiche nell'organizzazione del lavoro.'' <br /><br />In questo contesto si colloca il progetto ''DONNA, SALUTE E LAVORO'', promosso dal Comitato Pari Opportunità dell 'INAIL per favorire la ricerca e ''l'acquisizione di dati sulla dimensione dei fenomeni di genere nel campo della salute e della sicurezza''. Tra gli obiettivi perseguiti vi è l'istituzione di uno specifico ''Osservatorio INAIL'' per individuare le principali patologie professionali che colpiscono le donne, con particolare riguardo alla salute riproduttiva. <br /><br />Nell'ambito del progetto è stata realizzato l'opuscolo ''La lavoratrice in gravidanza''. La pubblicazione intende fornire precisi messaggi ai datori di lavoro, alle lavoratrici ed ai lavoratori, ''affinché in tutte le aziende - grandi e piccole, pubbliche e private - vengano sempre più e meglio definite delle procedure operative di prevenzione e protezione volte a tradurre in pratica quelli che sono i principi sanciti dalla legge''. <br /><br />Nella pubblicazione si affrontano tematiche riguardanti non solo la normativa attualmente vigente (D.Lgs. n. 151/01) e le procedure ad essa connesse ma anche un'analisi dei profili di rischio dei comparti delle lavorazioni in cui sono maggiormente occupate le donne, con particolare riguardo alla prevenzione della patologia della riproduzione. <br /><br />La pubblicazione ''La lavoratrice in gravidanza '', realizzata dall'Inail nel luglio scorso, è ora consultabile on line e scaricabile in formato pdf dal sito dell'Istituto.<br /><br /><br />Malattie professionali non tabellate<br /><br /><br />Per tutti coloro che sono interessati al rischio da esposizione a radiazioni elettromagnetiche negli ambienti di vita e di lavoro, si può rivelare utile una iniziativa on line dell'Ispesl. <br /><br />Sul sito dell'Istituto è disponibile ''Gauss - Strumento di analisi ed informazione sui rischi da esposizione ai campi elettromagnetici''. Il prodotto è rivolto a due livelli di utenza. Un primo livello costituito dai lavoratori esposti e dalla cittadinanza; un secondo livello costituito da professionisti che operano nel campo della salute e della sicurezza (medici, ingegneri, ricercatori di istituzioni scientifiche) e che si interessano al rischio da esposizione a radiazioni elettromagnetiche negli ambienti di vita e di lavoro. <br /><br />La trattazione teorica sui campi elettromagnetici è infatti articolata in due livelli, base e superiore. Il sito raccoglie le principali disposizioni di legge in merito all'esposizione ai campi elettromagnetici (legislazione regionale, nazionale, internazionale, europea) e offre un percorso per la valutazione dei rischi da campi elettromagnetici in ambiente lavorativo. Ampio spazio è riservato alla prevenzione e alla protezione (Principi generali di protezione, La protezione dagli effetti acuti, La protezione dagli effetti a lungo termine, Norme di protezione, Possibili effetti a lungo termine e obiettivi di qualità, Campi elettromagnetici in ambiente domestico, Campi elettromagnetici in ambiente lavorativo). <br /><br />Completano la sezione alcune schede didattiche, la trattazione degli effetti sanitari e biologici dei campi elettromagnetici, la scheda informativa per l'utente, la scheda informativa per il medico, una ricca bibliografia ed il glossario. <br /><br /><br />Indennizzo per Mobbing<br /><br /><br />L'indennizzo nel diritto previdenziale <br /><br />(d.p.r. 30/6/1965, n. 1124): <br /><br />Esamineremo se il mobbing possa determinare anche un evento che, in quanto astrattamente qualificabile come infortunio sul lavoro o malattia professionale, potrebbe essere indennizzato dall'I.N.A.I.L. qualora ricorressero, in concreto, tutte le condizioni previste dalla normativa vigente in materia.<br /><br /><br />E' d'obbligo, in primo luogo, sottolineare la netta distinzione tra il "risarcimento", proprio del diritto comune e l'"indennizzo", proprio di quello previdenziale: il primo fonda, quantomeno per il danno alla persona, il diritto per il danneggiato al risarcimento "integrale", cioè in tutti gli aspetti, statici e di relazione, del bene tutelato; il secondo, viceversa, si ispira a una logica di tipo assicurativo tendente ad equilibrare, a livello generale, le uscite con le entrate e, a livello particolare, i premi con i rischi assicurati.<br /><br />In sostanza e per schematizzare, il responsabile è obbligato al risarcimento integrale; l'assicurazione garantisce, per conto dell'assicurato, l'indennizzo legislativamente (per le assicurazioni sociali) o contrattualmente (per le assicurazioni private) pattuito, che può anche essere inferiore al risarcimento.<br /><br />L'assicurazione I.N.A.I.L. è attualmente disciplinata dal "Testo Unico" approvato con D.P.R. 30/6/1965, n. 1124, che definisce "infortunio" (art. 2) l'evento verificatosi per "causa violenta, in occasione di lavoro" e "malattia professionale" (art. 3) quella contratta "nell'esercizio e a causa" di lavorazioni tassativamente "tabellate", o "non tabellate" purché sia comunque provata la causa del lavoro (Corte Cost. n. 179 del 18/2/1988). <br /><br />Sia dall'infortunio che dalla malattia professionale deve derivare, per fondare il diritto all'indennizzo, una inabilità temporanea assoluta che importi l'astensione dal lavoro totale e di fatto (art. 68), ovvero permanente (totale o parziale).<br /><br />Nel diritto previdenziale, la differenza è ravvisata nella "rapidità e violenza" del momento infortunistico (anche la puntura di un ago infetto che provoca, col tempo, l'epatite è considerato un infortunio), rispetto alla "lenta manifestazione" della malattia professionale.<br /><br />Peraltro, da un punto di vista medico-legale, anche l'infortunio determina uno stato patologico.<br /><br /><br />Il mobbing, per il suo stesso modo di manifestarsi, potrebbe rientrare tra le "malattie" e collocarsi tra quelle "non tabellate". Come tale pertanto, in astratto, potrebbe rientrare nell'oggetto dell'assicurazione I.N.A.I.L., ricorrendone i requisiti previsti dalla legge per la tutela previdenziale.<br /><br />Le prestazioni economiche e sanitarie erogate dall'I.N.A.I.L. consistono, oltre alle cure mediche, in una indennità per inabilità temporanea per i giorni di astensione totale dal lavoro (pari ad una percentuale del 60-75% della retribuzione) e in una rendita in caso di postumi permanenti (superiori al 10%).<br /><br /><br />Il riconoscimento (l'AN)<br /><br /><br />Affinché la malattia possa qualificarsi "professionale" ai fini della tutela assicurativa obbligatoria è necessario che la stessa sia stata contratta, per usare le stesse parole della corte Costituzionale, "a causa del lavoro".<br /><br />Pare necessario a questo punto sottolineare che, per le malattie professionali "non tabellate" (come potrebbe essere quella da mobbing) grava sul lavoratore che avanzi la richiesta nei confronti dell'I.N.A.I.L. l'onere di provare in base alle regole di diritto comune (art. 2697 c.c.) sia il rischio dell'ambiente di lavoro, sia il nesso eziologico tra questo e la malattia contratta. Al riguardo, giova pure sottolineare che la prova della "causa di lavoro" deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, rimanendo esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'eziopatogenesi professionale.<br /><br />Questa premessa si rende necessaria - e deve essere sempre tenuta presente durante la lettura di quanto segue sull'indennizzo nel diritto previdenziale - perché, senza la concreta "prova provata" del rapporto di causalità (che può essere fornito con ogni mezzo di prova ammissibile e dedotto ed, eventualmente, con l'ausilio del C.T.U.) non esiste giuridicamente la malattia professionale. <br /><br />Insegna la medicina legale che i criteri che fondano il rapporto di causa/effetto (per gli infortuni e le m.p.) sono cinque e devono coesistere, nel senso che devono essere tutti realizzati per l'esistenza del nesso eziologico:<br /><br />1. efficienza lesiva; <br /><br />2. criterio cronologico; <br /><br />3. criterio topografico; <br /><br />4. continuità fenomenologica; <br /><br />5. esclusione di altre cause. <br /><br />I suddetti criteri devono essere rapportati anche con quel modo di essere del soggetto che, con termine atecnico e onnicomprensivo, potremmo chiamare "suscettibilità individuale", cioè la soggettiva ed endogena capacità del soggetto di reazione alle sollecitazioni che, per le malattie, viene denominata "concausa".<br /><br />In questa fase è fondamentale il giudizio del consulente medico-legale che, infine, dovrà stabilire se la malattia (fisica e/o psichica):<br /><br />esiste in quanto clinicamente accertata;<br /><br />quale ne sia la causa;<br /><br />comporta o ha comportato inabilità temporanea con astensione totale dal lavoro, e per quale periodo; comporta una inabilità permanente alla attitudine al lavoro (oppure, al lavoro specifico, attitudinale, generico) ed in quale misura. <br /><br />Va da sé che il giudizio medico-legale sarà fortemente condizionante per la qualificazione giuridica della "malattia" come "professionale" o "comune", ferma comunque la valutazione conclusiva e definitiva del giudice.<br /><br />Invero, ove si giungesse, infine, ad affermare che la patologia sia direttamente conseguente alla "persecuzione sul lavoro", non potrebbe escludersi a priori il riconoscimento della natura "professionale" della malattia in ambito previdenziale. Certamente il mobbing non può qualificarsi, in senso tecnico, come un rischio proprio del lavoro o della lavorazione ma, nondimeno, non pare possa escludersi all'assicurato la possibilità di provare - rigorosamente secondo le regole del diritto comune (art. 2697 c.c.), con esclusione di ogni presunzione legale - l'origine professionale della patologia.<br /><br /><br />L'indennizzo ("Quantum")<br /><br />Però, pur riconosciuta l'esistenza della "malattia professionale da mobbing", per fondare l'indennizzo I.N.A.I.L. è altresì necessario che la patologia abbia determinato anche una inabilità temporanea totale o una riduzione permanete della attitudine al lavoro (o, come definita da autorevole dottrina, della capacità biologica al guadagno). <br /><br /><br />L'inabilità temporanea<br /><br />Sotto questo profilo, è necessario che la patologia abbia determinato anche una incapacità temporanea totale al lavoro specifico svolto dal "mobbizzato". Anche in questo caso il giudizio medico-legale sarà necessario ma risulterà forse meno condizionante (rispetto a quello sul riconoscimento della patologia): ciò in quanto l'inabilità totale e di fatto al lavoro specifico dipende anche da tutta una serie di altre circostanze di fatto.<br /><br />Invero, per il diritto previdenziale non è nuova la circostanza che alcune malattie professionali possano comportare una inabilità "temporanea" al lavoro pur senza determinare postumi "permanenti": basti pensare alla varie dermatiti allergiche che, come noto, regrediscono, fino a guarire, con l'allontanamento della sostanza allergizzante. Però, in questo caso, si tratta di una inabilità "fisica" obiettivamente constatabile.<br /><br /><br />Come pure, seppur più raro, è il riconoscimento dell'indennizzo I.N.A.I.L. per infortuni (non malattie) occasionati da motivi psichici: per esempio, l'astensione temporanea dal lavoro di un guidatore di una funivia che ha visto precipitare la cabina accanto alla sua; il suicidio per rimorso di un lavoratore che, per sua disattenzione, aveva provocato la morte di un compagno di lavoro. In questi casi l'evento traumatico è certo, concentrato nel tempo e obiettivamente verificabile.<br /><br />Ben diversa è l'ipotesi del mobbing che, come abbiamo detto, è una malattia a manifestazione progressiva che determina una inabilità "psicosomatica" la quale, per essere indennizzata, dovrebbe comportare l'astensione al lavoro "totale e di fatto" (art. 68). Nel mobbing, questa inabilità dipende da una condizione psicologica soggettiva (del mobbizzato) nel rapporto interpersonale con altri soggetti (asseriti mobbizzanti), e non è chi non veda la difficoltà della prova concreta del rapporto di causa/effetto tra la (asserita) molestia morale e la totale incapacità lavorativa specifica.<br /><br />Per il mobbing, la "normalizzazione" dei rapporti interpersonali anomali con i superiori (cd. "verticale") e/o con altri compagni di lavoro (cd. "orizzontale") dovrebbe, di norma, comportare la fine del disagio psicosomatico e il totale recupero della capacità lavorativa.<br /><br />Se così non fosse, se cioè, nonostante la "normalizzazione" persistesse il rifiuto del mobbizzato a riprendere il lavoro, la questione dovrebbe necessariamente estendersi anche ad altri profili, che superano il diritto previdenziale, quali quello della inidoneità alla specifica mansione in precedenza svolta, per arrivare, al limite, alla valutazione del comportamento di tutti i lavoratori anche a fini disciplinari, ecc..<br /><br /><br />L'inabilità permanente<br /><br />La problematica, già difficile per la inabilità "temporanea", si complica ulteriormente per la "permanente".<br /><br />E si complica vieppiù se si riflette sul fatto che la legge "delega" del 17/5/1999, n. 144, all'art. 55, lettera s), stabilisce che la normativa che si andrà ad elaborare con la legge "delegata" dovrà prevedere una idonea copertura e valutazione indennitaria del danno biologico, con la conseguente impossibilità per il lavoratore di chiedere autonomamente al datore il risarcimento di tale ulteriore forma di danno.<br /><br />In attuazione della predetta legge l'indennizzo I.N.A.I.L. in caso di inabilità permanente (art. 74) avrà ad oggetto:<br /><br />1. il danno biologico (cioè, tutte le menomazioni dell'integrità psico-fisica lesive della salute in quanto attitudine a compiere qualsiasi attività realizzatrice della persona umana e, pertanto, ove sussista, del pregiudizio dell'attitudine al lavoro). <br /><br />2. Il danno reddituale (cioè, i riflessi delle menomazioni da infortunio o malattia professionale sulla capacità lavorativa nell'attività esercitata dall'assicurato). <br /><br />Quindi, se dal mobbing derivasse effettivamente una malattia cronicizzata (fisica o psichica) suscettibile di valutazione medico-legale, e se la stessa fosse riconosciuta di natura "professionale", l'indennizzo I.N.A.I.L., in base alla nuova normativa, dovrebbe estendersi ai due suddetti tipi di danno.<br /><br />Rimane viceversa completamente escluso dalla tutela assicurativa ogni indennizzo per il danno morale il cui risarcimento, in presenza di un reato, rimane a carico esclusivo del responsabile (art. 2059 c.c.; art. 185 c.p.).<br /><br /><br />La rivalsa<br /><br />L'I.N.A.I.L. indennizza all'assicurato il danno (escluso quello "morale") nel caso in cui l'infortunio sul lavoro o la malattia professionale si sia verificato per colpa o dolo di un altro soggetto ed anche per caso fortuito o forza maggiore: l'unica ipotesi di esclusione dalla tutela è quella relativa al dolo dello stesso assicurato (cd. autolesionismo).Quindi, l'assicurazione sociale copre anche l'ipotesi dell'evento verificatosi, in occasione di lavoro, per colpa o dolo del datore di lavoro e/o suoi rappresentanti.In sostanza, l'assicurazione I.N.A.I.L. è fondata sul rapporto trilaterale tra lavoratore, datore di lavoro ed ente previdenziale e realizza un contemperamento dei reciproci diritti e interessi: il lavoratore riceve automaticamente le prestazioni, però con precisi limiti quantitativi (franchigia sotto l'11%) e qualitativi (commisurazione della rendita non alla capacità lavorativa specifica), il datore di lavoro sopporta l'onere contributivo, ricevendone in cambio l'esonero dalla responsabilità civile; l'Ente paga le rendite, agendo quindi in regresso contro i datori di lavoro (e in surroga contro i terzi) che siano dalla legge ritenuti penalmente responsabili dell'infortunio occorso al lavoratore (Corte Cost. nn. 504/1999; 350/1997; 134/1971).<br /><br /><br />Il mobbing, per sua stessa definizione e modo di realizzazione, presuppone normalmente un comportamento doloso, al quale, a volte, possono affiancarsi anche altri comportamenti colposi. Invero, lo stress da mobbing non è una conseguenza oggettiva, propria e ineliminabile della lavorazione nel suo ciclo produttivo (tipico quello cd. della "catena di montaggio", che si ritrova in tutti i lavori fortemente ripetitivi), bensì soggettiva e collegata alla (intenzionale) persecuzione del datore di lavoro e/o di un suo rappresentante (cd. "verticale") o di altri compagni di lavoro (cd. "orizzontale"). Sotto questo profilo, il collegamento del mobbing col posto di lavoro potrebbe risultare anche solo cronologico o topografico, per esempio nel caso in cui le molestie perpetrate da un dipendente a danno di altro dipendente siano determinati da motivi personali. Per il mobbing "verticale", una volta accertate come esistenti tutte- e non sono né poche, né facili da provare - le condizioni sopra illustrate per la indennizzabilità del caso, non pare seriamente contestabile il diritto di rivalsa dell'I.N.A.I.L. contro il datore di lavoro responsabile dell'evento. Infatti, di fronte al comportamento intenzionale del datore e in presenza di una lesione personale grave, possono configurarsi, in concreto, le condizioni per l'esercizio del diritto di regresso dell'Istituto che, come noto, può ripetere dal datore di lavoro, in caso di reato perseguibile d'ufficio (10, comma 4°), l'importo delle prestazioni erogate al lavoratore (art. 11). Per il mobbing "orizzontale", in presenza di un comportamento intenzionale dei soli compagni di lavoro, la problematica risulta più complessa perché l'ipotetica responsabilità datoriale potrebbe essere ravvisata solo nel mancato intervento per far cessare gli atti di molestia allo stesso datore ben noti ma sottovalutati: in pratica, per non aver tutelato l'integrità psicofisica del lavoratore sul posto di lavoro (art. 2087 c.c.; L. 626/1994; ecc.). Comunque in caso di mobbing "orizzontale", anche qualora non sia imputabile alcuna colpa al datore, risulta pur sempre astrattamente esperibile la surroga (art. 1916 c.c.) dell'I.N.A.I.L. contro i compagni responsabili i quali, col loro comportamento (illecito, abnorme e non direttamente ricollegabile alle loro mansioni, tale da farli ritenere "terzi" rispetto all'organizzazione aziendale) hanno determinato il danno.<br /><br /><br />La prevenzione<br /><br /><br />L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro (art. 2087 c.c.). <br /><br /><br /><br />Sulla base di questo principio di diritto civile, ripreso e rafforzato dagli artt. 32 e 38 della Carta costituzionale e ampliato dal diritto comunitario, si è sviluppata tutta la normativa in materia di igiene del lavoro (D.P.R. 303/1956), protezione dei lavoratori contro specifici rischi (D.Lvo 277/1991, per rumore, piombo e amianto), tutela della salute e sicurezza dei lavoratori durante il lavoro (D.Lvo 626/1994, in generale e, in particolare, per movimentazione manuale di carichi, utilizzo di videoterminali, esposizione ad agenti cancerogeni e biologici). Anche lo "statuto dei lavoratori" (L. 300/1970) prevede la tutela della salute e dell'integrità fisica dei lavoratori.<br /><br />Come si può facilmente constatare già dalla stesso titolo delle leggi e dall'oggetto delle singole norme, la tutela viene prevalentemente prestata alSat, 5 Dec 2009 19:45:24 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8407&forum=55IL MOBBING: PRIMI CONTATTI CON L’INAIL [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8406&forum=55
Mobbing:: IL MOBBING: PRIMI CONTATTI CON L'INAIL<br />
Il termine mobbing deriva dalla etologia e sta ad indicare il comportamento degli uccelli che per difendere il nido volano attorno all’aggressore, negli ultimi anni si è diffuso sempre di più nel linguaggio comune per indicare una particolare persecuzione psicologica in ufficio o in fabbrica da parte di coloro che esercitano un potere piccolo o grande di comando, un terrorismo psicologico sul posto di lavoro.Negli anni ‘80 il termine è stato ripreso nei paesi scandinavi e applicato alle persecuzioni psicologiche nelle aziende.In Italia il fenomeno sta emergendo in questi ultimi anni, sembra riguardare circa un milione e mezzo di lavoratori, il fenomeno sta evolvendo così velocemente da indurre un gruppo di Parlamentari a presentare un progetto di legge affinchè venga riconosciuto come malattia professionale.Se si guarda ai paesi dell’Unione Europea si rileva che il problema sta assumendo notevoli proporzioni poiché circa 12 milioni di lavoratori sarebbero vittime di questa forma di stress che ha dei riflessi anche sulla produttività delle aziende.In Svezia l’Ente nazionale per la Salute e la Sicurezza ha emanato delle disposizioni anti-mobbing entrate in vigore il 31 marzo 1994.I primi lavori scientifici sono stati realizzati dal dott. Heinz Leymann e successivamente l’interesse si è esteso dalla Svezia alla Norvegia e soprattutto in Germania ove l’argomento è attualmente all’avanguardia.Per cercare di inquadrare questo fenomeno occorre chiarire che per parlare di mobbing dobbiamo avere un lavoratore oggetto di ripetute ingiustizie, vessazioni e violenze morali, attraverso le quali il soggetto viene progressivamente intimorito deriso sminuito e reso inutile fino ad arrivare all’isolamento dalla realtà lavorativa che lo circonda; queste manifestazioni devono essere continue, della durata almeno di sei mesi ed avere come protagonisti in negativo un diretto superiore e/o l’intero gruppo di appartenenza. <br />Secondo le ricerche di Leymann esistono quattro fasi di sviluppo: nella prima fase sorge un evento che modifica i rapporti all’interno di un gruppo o di una scala gerarchica, nella seconda fase si realizzano i meccanismi di base del mobbing, nella terza fase diventa ufficiale all’interno dell’azienda il caso senza che la vittima possa far valere le proprie ragioni; la conclusione è nella quarta fase, generalmente caratterizzata da turbe psichiche e somatiche che richiedono terapia e lunghi periodi di riposo domiciliare e si concludono frequentemente con il licenziamento o le dimissioni.<br />Fatte queste premesse presentiamo due casi ritenuti meritevoli di attenzione che sono stati denunciati alla Sede INAIL di Cremona.<br /><br />Caso 1: O. E. impiegato amministrativo di anni 55 assunto il 1979 presso un’industria meccanica con mansioni anche di impiegato tecnico e di addetto al magazzino.I primi conflitti ambientali avvengono subito dopo l’assunzione allorquando viene affiancato ad un capofficina che ben presto inizia a screditarlo al datore di lavoro.Fra il 1981 ed il 1984 per assistere il figlio affetto da una grave malattia deve assentarsi dal lavoro gli viene rimproverata la scarsa disponibilità ad effettuare ore di lavoro straordinario rispetto agli altri colleghi e rischia il licenziamento. Questo atteggiamento oppositivo prosegue fino al 1998 e si manifesta con ripetute sollecitazioni ad abbandonare il posto di lavoro e con comportamenti finalizzati ad emarginarlo precludendogli l’uso del telefono, escludendolo dall’apprendimento delle procedure informatiche, negandogli ogni relazione con i superiori e relegandolo all’espletamento di mansioni inferiori rispetto a quelle svolte precedentemente.I primi disturbi insorgono nel 1994 con sintomi riferibili ad emicrania con cefalea muscolo-tensiva che si aggravano qualche anno più tardi con la comparsa di una nevrosi d’ansia e manifestazioni fobiche.Il lavoratore nel settembre del 1999 si affida alle cure del servizio di neuropsicologia professionale presso la “Clinica del lavoro” di Milano che inizia una indagine riguardante le sue problematiche occupazionali.Gli accertamenti neurologici evidenziano una integrità delle funzioni elementari ma gli esami psicodiagnostici rilevano la presenza di un grave disagio emozionale con asse timico orientato in senso marcatamente depressivo e coinvolgimento delle vie somatiche.Le conclusioni diagnostiche depongono per un disturbo dell’adattamento da situazione occupazionale di emarginazione e dequalificazione.In attualità il paziente sta praticando un programma integrato di terapia farmacologica e psicoterapia (training assertivo). Caso 2:L. C., impiegato tecnico di anni 52 assunto nel 1996 presso una ditta meccanica con qualifica di capofficina.Anche in questo caso i primi conflitti ambientali si manifestano qualche mese dopo l’assunzione quando il datore di lavoro inizia ad umiliarlo e ad offenderlo davanti ai colleghi, ai clienti ed ai fornitori.Questi comportamenti si attuano con rilievi, anche formali, relativi al non svolgimento delle mansioni (programmazione e coordinamento dell’attività di officina), alla scarsa qualità della produzione e ai ritardi nei tempi di consegna dei prodotti.Le intimidazioni diventano ancor più vessatorie allorquando queste si concretizzano addirittura in una minaccia all’incolumità personale (lancio di un badile da parte del datore di lavoro!). Il disagio del lavoratore si esprime con la stesura di un diario nel quale vengono dettagliatamente annotate, giorno per giorno, tutte le “persecuzioni” (percepite come aggressioni) di cui è divenuto oggetto. Le manifestazioni cliniche si hanno nel novembre del 1999 con l’insorgenza di una condizione ansiosa caratterizzata da episodi di panico e somatizzazioni nevrotiche (insonnia).Anche in questo caso il dipendente si rivolge al servizio di neuropsicologia della “Clinica del lavoro” di Milano ove dal punto di vista neurologico non vengono evidenziati disturbi delle funzioni elementari ma dal lato psicologico emerge un quadro di grave disagio psicofisico tendenzialmente depressivo con manifestazioni di conversione somatica (capogiri, vertigini e stordimenti) e tendenza all’isolamento sociale. Analogamente al caso precedente gli accertamenti evidenziano un disturbo dell’adattamento con instabilità emotiva e penalizzazione dell’immagine del se causata dalla situazione occupazionale di forte aggressività. In attualità il lavoratore sta praticando un trattamento di supporto psicoterapeutico. Dall’esame di questi casi si rilevano alcuni aspetti: attacchi alla persona, attacchi alla situazione lavorativa, azioni punitive.Al termine dei due percorsi sopradescritti la realtà finale è che i due lavoratori hanno riportato una alterazione del proprio stato di salute.Le esperienze che vi sono state hanno dimostrato che agli individui colpiti da mobbing e giunti all’osservazione di specialisti psichiatri viene posta normalmente una diagnosi di disturbo dell’adattamento.Ma tale diagnosi va espressa se sono rispettati alcuni requisiti: i sintomi devono svilupparsi entro tre mesi dall’esordio dei fattori stressanti, il disturbo dell’adattamento si risolve entro sei mesi dalla cessazione dell’evento stressante.Il disturbo dell’adattamento rientra nella classificazione proposta dagli psichiatri americani del DSM-IV accettato a livello internazionale come strumento di standardizzazione per le diverse psicopatologie.Nei casi più gravi e più rari si sviluppa una forma inquadrabile come disturbo post-traumatico da stress ove esiste una maggiore compromissione dell’affettività, maggior disagio della vita di relazione e cronicizzazione dei disturbi anche al cessare dell’evento stressante.Poiché i pazienti che si rivolgono agli psichiatri possono avere delle patologie estranee alle problematiche afferenti al lavoro appare chiaro il ruolo fondamentale di tali specialisti nell’individuare con precisione le alterazioni che possono essere ricondotte al mobbing.Ciò che va valutato per un corretto inquadramento è inanzitutto la distinzione tra mobbing e limiti del soggetto nel suo rapporto con l’ambiente perchè ci si potrebbe trovare di fronte ad un soggetto ipersuscettibile a stress occupazionali generici, oppure a incoerenza tra le aspettative e le capacità del soggetto, incoerenza tra reazioni iniziali e richieste dell’ambiente, carenza di flessibilità.Pertanto non si può prescindere dall’acquisire informazioni sulla vita lavorativa pregressa del soggetto, sulla presenza di fonti di rischio, presenza di malattie pregresse, anamnesi familiare, sociale, motivazioni ed interessi extralavorativi.Le conseguenze di tale patologia hanno delle ricadute sulla situazione occupazionale, sulla famiglia e sulla società.Cosa serve al “mobbizzato”: aiuto clinico, lavorativo e legale, la consapevolezza delle risorse di cui può disporre .Quindi il fenomeno non va ignorato ma bisogna operare per inquadrarlo nelle giuste dimensioni; in Italia si studia da pochi anni e solo recentemente sta avendo un certo rilievo, non a caso in questi ultimi anni la realtà sociale e lavorativa attraversano grosse difficoltà che se da un lato possono favorire la comparsa del mobbing dall’altro non favoriscono la presa di coscienza e l’opposizione al fenomeno stesso.La medicina del lavoro ha iniziato a dimostrare interesse e a trattare l’argomento e le sue problematiche nelle sedi ufficiali.Inoltre non bisogna dimenticare che - il Dlg. 626/94 all’ art. 3, lettera d – chiama in causa l’organizzazione aziendale per la prevenzione dei rischi. Pertanto cosa può fare il medico INAIL di fronte a casi di denuncia di mobbing? - Esaminare il caso e vedere se è stato diagnosticato presso qualche centro qualificato, altrimenti cercare di avviarlo, ricostruire la situazione lavorativa del soggetto, verficare se esiste una patologia conclamata e/o se la sospensione della attività ha determinato il recupero integrale. <br />- In futuro, dopo una eventuale pronuncia in merito della Direzione Generale, se ne potrà prospettare anche il riconoscimento come malattia professionale e la valutazione degli postumi permanenti alla luce del Decreto Legislativo n° 38/2000. <br /><br />G. Alì*, R. Astengo**Dirigente Medico InailSat, 5 Dec 2009 19:44:00 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8406&forum=55IL DANNO PSICHICO DA MOBBING ATTRAVERSO L’ANALISI DI DUE RECENTI SENTENZE DEL TRIBUNALE DI TORINO [da ADMIN ]
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Mobbing:: IL DANNO PSICHICO DA MOBBING ATTRAVERSO L'ANALISI DI DUE RECENTI SENTENZE DEL TRIBUNALE DI TORINO<br />
IL DANNO PSICHICO DA MOBBING ATTRAVERSO L’ANALISI DI DUE RECENTI SENTENZE DEL TRIBUNALE DI TORINO. Giuseppe ALI’ - Dirigente Medico Inail Il tema affrontato in questo intervento si basa su due concetti che vanno di pari passo, danno psichico e mobbing, visto che il primo può considerarsi la espressione più diretta del secondo.Insomma il danno psichico è il tipico danno subito dalla vittima di mobbing.Nell'esperienza dell'Europa continentale l'elaborazione del concetto di mobbing prese l’avvio all'inizio degli anni 80 quando il professor Leymann iniziò a mettere in connessione la vasta casistica di ammalati in cura per problemi psichici con i disagi che questi denunciavano nei rapporti interpersonali sul luogo di lavoro.Ma certamente il dato più interessante è che questa intuizione fu sviluppata contemporaneamente anche in altre aree del mondo occidentale ad economia sviluppata: in Inghilterra il Prof. Tim Field indagò lo stesso fenomeno denominandolo “bulling at work place” ed analogamente negli Stati Uniti altre ricerche presero le mosse sullo stesso argomento sebbene da un presupposto differente quale quello della violenza morale subita dalle donne sul luogo di lavoro (“harassment”).Da questa circostanza, e dalla considerazione che un certo grado di conflittualità del mondo del lavoro è in ogni caso sempre esistito, può desumersi la non casualità riguardo al fatto che nel medesimo periodo diverse ricerche siano giunte a focalizzare la loro attenzione sul mondo del lavoro come elemento scatenante di patologie di natura psichica.Non è nemmeno un caso che questo fenomeno sia avvenuto verso la fine degli anni 80 allorquando nel mondo del lavoro furono introdotti gli effetti delle grandi trasformazioni tipiche della economia attuale: la globalizzazione e la fusione fra grandi gruppi industriali o finanziari che rendendo necessaria la ristrutturazione del personale cagionò di conseguenza una maggiore precarietà del posto di lavoro e una maggiore conflittualità tra i lavoratori.E’ quindi evidente che su questi presupposti il fenomeno del mobbing non poteva che espandersi velocemente: maggiore è la flessibilità o la precarietà del lavoro, maggiore è la concorrenza tra colleghi che, per ragioni di competitività, attivano dei comportamenti volti ad “eliminare” quei dipendenti che sono diventati un’eccedenza nella lista delle risorse utili da rimuovere. La vittima di mobbing presenta dei disturbi psichici peculiari: stress, ansia, depressione, fobie, frustrazione, crisi di panico, diminuzione dell’autostima; disturbi che a volte possono essere correlati ad alterazioni del sonno, della sessualità, dell'alimentazione, all’abuso di sostanze alcoliche.In questo quadro le diagnosi che vengono formulate più frequentemente parlano di "disturbi dell'adattamento" o di "disturbo post traumatico da stress". Dal punto di vista giuridico il problema del risarcimento del danno psichico da mobbing si è presentato solo recentemente all'attenzione degli studiosi con le sentenze del tribunale di Torino, sezione lavoro, del 16 novembre 1999 e del 30 dicembre 1999 e delle quali si ritiene opportuno ripercorrere brevemente lo schema di accertamento del nesso causale tra la condotta ed il danno. Le due decisioni sono comunque interessanti anche perché riguardano due differenti fattispecie.Il primo caso (Erriquez c/EMP S.p.A.) aveva ad oggetto un'ipotesi particolare di mobbing: in questo caso il mobber non era il datore di lavoro bensì il capo turno diretto superiore della vittima. La ricorrente dopo aver lavorato per circa sette mesi alle dipendenze di una società si rivolse al giudice del lavoro per vedere condannata l’azienda al risarcimento del danno biologico essendosi ammalata di una depressione secondo lei conseguente ai maltrattamenti subiti durante l’attività lavorativa. In particolare ella sostenne di essere stata adibita al funzionamento di una macchina grafica collocata in uno spazio angusto, in condizione di isolamento dai compagni di lavoro e di essere stata sottoposta ad un trattamento ingiurioso da parte del capo reparto che reagiva alle sue segnalazioni di guasti alla macchina e alle sue lamentele sull’ambiente confinato con bestemmie, insulti e frasi sarcastiche. La ricorrente fece presente di essere stata costretta prima ad assentarsi e successivamente a dimettersi perché era caduta in una grave forma depressiva con crisi di pianto e fobie in assenza di precedenti nella sua storia personale. L’azienda si era difesa contestando le accuse e sostenendo che essa non poteva essere chiamata a rispondere di eventuali comportamenti scorretti del capo reparto. Il giudice dopo aver raccolto delle prove testimoniali accolse la domanda determinando in via equitativa il risarcimento dovuto alla lavoratrice in misura di lire dieci milioni. Nella seconda sentenza (Stomeo c/Ziliani S.p.A.) il mobber era, più tipicamente, il datore di lavoro che con lo scopo di indurre la dipendente a dimettersi aveva messo in atto una serie di comportamenti tipici del bossing: terrorismo psicologico con pressioni finalizzate a rassegnare le dimissioni, assunzione di una dipendente durante il periodo di malattia della vittima che, al ritorno sul posto di lavoro, si trovò di fatto sostituita e trasferita dagli uffici amministrativi al magazzino con conseguente impoverimento delle mansioni e delle esperienze professionali.In questo caso la lavoratrice aveva sviluppato una sindrome di tipo ansioso depressiva con insonnia, inappetenza e crisi di pianto.Nelle decisioni in esame il comportamento dei mobbers è stato ritenuto fonte di responsabilità in base al combinato disposto degli articoli 32 della Costituzione e 2087 c.c., norme che tutelano la personalità morale e la salute dei lavoratori; conseguentemente le aziende furono condannate al risarcimento del danno.La prima cosa interessante da notare è che le due sentenze contengono, quale primo passaggio della parte motivazionale, a livello di “fatto notorio” ex art. 115 c.p.c., un’esposizione sintetica del fenomeno del mobbing corredato di dati e di informazioni tratti dalla letteratura medico scientifica. Il tribunale ha giustificato questo incipit come una “doverosa precisazione”, infatti, il richiamo al fenomeno in questione non risulta affatto marginale ma, al contrario, esso è chiaramente indirizzato a fornire l’ossatura per il passaggio successivo della sentenza, quello concernente la questione cruciale dell'an debeatur.L'estensore ha, infatti, mostrato, anche attraverso il richiamo al concetto di fatto notorio, di voler utilizzare il mobbing come cornice nella quale inserire tutta una serie di comportamenti posti in atto all'interno dell'azienda e di per se privi di particolari connotazioni illecite o comunque non decisive sotto il profilo dell'inadempimento. Così facendo il tribunale ha potuto, da un lato, mettere chiaramente a nudo gli intenti persecutori degli autori delle molestie, dall'altro, attribuire a questi comportamenti un giusto rilievo ai fini dell'accertamento della responsabilità dei datori di lavoro.Entrambe le sentenze si reggono quindi su uno schema ricostruttivo di questo tipo:- dato di partenza: il mobbing come fatto notorio,- accertamento della sussistenza dei comportamenti datoriali riconducibili entro tale fenomeno,- accertamento del danno psichico e della sua riconducibilità al mobbing subito in azienda,- liquidazione del danno. Mi pare opportuno richiamare l'attenzione sull'approccio seguito dalle sentenze in esame riguardo l'accertamento del nesso di causa intercorrente fra le condotte persecutorie e le patologie psichiatriche lamentate dalle vittime.In particolare, il giudice ha ravvisato il rapporto eziologico sostanzialmente su di un solo elemento, ovvero la concomitanza temporale fra l'ingresso della vittima nell'ambiente lavorativo e l'insorgenza della malattia.In buona sostanze il giudice:1. accertato a mezzo di prova testimoniale che la malattia lamentata dalla ricorrente era comparsa solo dopo l'ingresso in azienda ed in concomitanza con il realizzarsi di condizioni di mobbing,2. accertato, consultando la documentazione medica prodotta, la sussistenza di un periodo di malattia psichica,3. ha concluso per la ricorrenza di una malattia psichica degna di ristoro sotto il profilo del danno biologico temporaneo.Un altra peculiarità di queste sentenze sta nel fatto che il giudice ha, di fatto, superato quello che sembrava essere un passaggio obbligato in casi del genere, ossia quello del ricorso alla CTU medico legale per l’accertamento del nesso causale.Un atteggiamento a mio giudizio opinabile atteso che, anche in presenza di malattie psichiche a carattere temporaneo, rilevata la peculiarità delle fattispecie (intrisa di “fattori confondenti”) ritengo che la competenza del perito rappresenti un ausilio indispensabile nella ricostruzione dell’esistenza del nesso eziologico. Giuseppe ALI’ - Dirigente Medico InailSat, 5 Dec 2009 19:42:35 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8405&forum=55Emergenze da mobbing [da ADMIN ]
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Mobbing:: Emergenze da mobbing<br />
Emergenza mobbingLe coordinate del problema SOMMARIO 1. Il mobbing come fatto divenuto rilevante per il diritto. Conseguenze personali e sociali del fenomeno e sue cause 2. La definizione di mobbing 3. I mezzi di protezione della vittima presenti nel vigente ordinamento normativo 4. La tutela penale ed i suoi limiti 5. La tutela civile5.1. l’azione civile di responsabilità e la tutela precedentemente alla nozione giurisprudenziale di mobbing5.2. Le sentenze di Torino e la successiva evoluzione in materia5.3. I caratteri e i tipi di azioni esperibili ed i relativi riflessi sulla prescrizione e la decadenza5.4. Problematiche processuali in tema di produzione e deduzione di prove. La gravità delle conseguenze della mancata prova 6. Il danno da mobbing 7. Le proposte in sede legislativa 8. Iniziative concrete e considerazioni conclusive 1. Il mobbing come fatto divenuto rilevante per il diritto. Conseguenze personali e sociali del fenomeno e sue cause Catalogabile tra i molteplici avvenimenti della realtà naturale, il fenomeno mobbing, drammaticamente manifestatosi soprattutto nella Pubblica Amministrazione, nel settore del credito e, in misura minore, nelle realtà industriali e commerciali del Paese (1), ha di recente assunto proporzioni tali da conquistarsi la dignità di fatto giuridico. Soltanto in Italia ad esempio (2) si ritiene che il numero di lavoratori vittime del mobbing si aggiri intorno ad un milione e mezzo, pari al 4% della forza lavoro, mentre sarebbero addirittura 5 milioni le persone comunque coinvolte nel fenomeno, in veste di spettatori, amici e familiari dei soggetti direttamente interessati. Secondo un sondaggio effettuato dalla Fondazione europea di Dublino per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, rispetto ad un campione di 21.500 lavoratori, è emerso addirittura che negli ultimi 12 mesi l’8% degli stessi e cioè circa 12 milioni di persone, ha subito il mobbing sul lavoro e nel dato statistico non sono compresi i casi per così dire "sommersi" (3). Invero, non ogni fatto naturale è, in quanto tale, giuridico ed, analogamente, non sempre vi è coincidenza tra interesse socialmente e giuridicamente rilevante (4). Nondimeno l’accresciuta importanza acquisita in ambito sociologico a causa delle notevoli conseguenze negative del fenomeno, inevitabilmente condiziona l’ordinamento nel processo di selezione degli interessi giuridicamente rilevanti e nella relativa tutela accordata ai soggetti titolari degli stessi (5). Il mobbing, in effetti, produce ingenti danni sia in campo individuale che sociale che non possono essere sottovalutati. Il soggetto passivo, ad esempio, ingiustamente colpito nelle sue personalità e dignità di uomo e lavoratore, spesso subisce significative perdite patrimoniali e comunque sempre si trova a vivere in uno stato di disagio psicofisico tale da generare gravi disturbi psicosomatici e da compromettere la stessa serenità del suo ambiente familiare (il cosiddetto doppio mobbing); la stessa ditta registra un notevole calo di produttività nei reparti interessati dal fenomeno che determina all’interno una vera e propria disgregazione del lavoro con dispersione e distruzione d’importanti risorse (6). Quanto ai fattori causali, sebbene il mobbing sia in un certo senso connaturato storicamente alla dinamica dei rapporti professionali e lavorativi organizzati (7), si è riscontrato (8) che le professioni ad elevato grado di tensione, l’aumento della competizione, la difficoltà per la generazione dei 40/50 enni ad adeguarsi alle mutate e vorticose trasformazioni tecnico - produttive e ad acquisire le necessarie competenze professionali, le carenze organizzative e soprattutto il timore di perdere il posto di lavoro aggravato dalla tendenza alla "flessibilità" dei rapporti, vicende tutte tipiche dell’attuale momento storico-politico, accrescono notevolmente la possibilità di mobbing e della connessa adozione della logica del "caprio espiatorio". Nel pubblico impiego, in particolare, la principale causa di crescita del fenomeno consiste nella poco meditata introduzione di logiche privatistiche nell’organizzazione e nell’operato dell’Amministrazione così come disposta dal decreto legislativo n. 29/1993 e dalle successive modifiche fino all’attuale decreto legislativo n. 30 marzo 2001, n. 165. A titolo di esempio si ricordano, nel settore sanitario, le conflittualità tra personale medico e paramedico e tra struttura apicale sanitaria e dirigenza generale ed in quello delle autonomie locali, le vessazioni nei confronti dei segretari comunali, situazioni entrambe favorite da norme che conferiscono poteri discrezionali contraddistinti dalla più ampia discrezionalità quali l’articolo 19 decreto legislativo n. 165/2001 in materia di incarico di una funzione dirigenziale a persona esterna all’Amministrazione da parte dell’organo politico e l’articolo 26 decreto legislativo n. 165/2001 in tema di nomina di primari di reparto effettuate dai Dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale (9). Ne deriva l’evidente indefettibilità di un’indagine giuridica in materia quanto più adeguata ed appropriata. 2. La definizione di mobbing Ai fini della presente indagine costituisce condizione di procedibilità la distinzione e la definizione nelle sue varie accezioni, delle condotte riconducibili al mobbing rispetto a quelle che non lo sono in quanto appartenenti alla ordinaria dinamica imprenditoriale (10). Per individuare i fondamentali connotati della figura in esame è necessario muovere dalle acquisizioni raggiunte in psicologia, in medicina e in sociologia del lavoro perché si deve a queste discipline sia la definizione che lo stesso utilizzo del termine "mobbing" (11). D’altra parte le nozioni elaborate in sede dottrinale, giurisprudenziale e legislativa risentono grandemente dei traguardi raggiunti dalle suindicate discipline. Dal punto di vista etimologico, il termine mobbing trae origine sia dal verbo inglese "to mob", che indica le azioni di assaltare, aggredire in massa, assediare e dal derivato sostantivo "mob" significante folla in tumulto, moltitudine disordinata sia dal latino mobile vulgus inteso in senso dispregiativo come movimento della plebaglia (12). La scelta del sostantivo mobbing per descrivere il fenomeno in esame risulta molto appropriata perché evidenzia in modo diretto ed efficace la centralità del concetto di aggressione presente in questa fattispecie (13). La circostanza dell’impiego del medesimo vocabolo mobbing anche nel mondo animale per indicare il comportamento di aggressione del branco nei confronti di un animale o esemplare isolato (14) consente, a parere di chi scrive, di rappresentarsi anche visivamente l’intensità della violenza di simili condotte e la mancanza di umanità di coloro che le pongono in essere. Nella lingua italiana il mobbing è diventato sinomino di violenza nascosta e silenziosa, incidente sulla sfera psichica altrui ma non perciò meno invasiva e qualche volta anche peggiore di quella fisica (15). In ambito aziendale, il mobbing è una forma di violenza sul posto di lavoro consistente in comportamenti vessatori integranti un’aggressione sistematica, protratta per una certa durata di tempo, posta in essere o da un superiore gerarchico (cosiddetto bossing o mobbing verticale) o dai colleghi (mobbing orizzontale) nei confronti di un lavoratore, con chiari intenti discriminatori e persecutori, finalizzati all’estromissione di questi dall’azienda mediante la progressiva marginalizzazione del suo contributo al processo produttivo e l’emarginazione dalla collettività degli altri dipendenti (16). A ciò si aggiunga che nei casi di mobbing sia orizzontale che verticale, l’azione del mobber è spesso sostenuta dalla condotta tacitamente acquiescente dei colleghi, definiti "side mobbers" che, pur estranei all’attività discriminatoria, si astengono da qualsiasi collaborazione verso la vittima predestinata. In particolare, secondo la definizione di uno dei più autorevoli studiosi del fenomeno (17), il mobbing sul lavoro indica una "forma di terrorismo psicologico che implica un atteggiamento ostile e non etico posto in essere in forma sistematica - e non occasionale o episodica - da una o più persone eminentemente nei confronti di un solo individuo, il quale, a causa del mobbing, viene a trovarsi in una condizione indifesa e fatto oggetto di una serie di iniziative vessatorie e persecutorie. Queste iniziative devono ricorrere con una determinata frequenza (statisticamente: almeno una volta alla settimana) e nell’arco di un lungo periodo di tempo (statisticamente: almeno per sei mesi di durata). A causa dell’alta frequenza e della lunga durata del comportamento ostile, questa forma di maltrattamento determina considerevoli sofferenze mentali, psicosomatiche e sociali." Pertanto, secondo Leymann, il criterio distintivo tra conflitto temporaneo sul lavoro e mobbing consiste nella frequenza e durata del trattamento vessatorio e non già su "ciò" e sul "come" viene inflitto al lavoratore (18). Il mobbing si presenta, del resto, come una fattispecie a formazione progressiva (19) che si sviluppa secondo fasi predefinite, ovvero secondo quattro stadi successivi enucleati da Leymann del conflitto quotidiano, del terrore psicologico, degli errori ed abusi e dell’allontanamento definitivo dall’ambiente di lavoro con le dimissioni o il licenziamento della vittima (20). Con riferimento alla situazione italiana Ege ha addirittura individuato 6 fasi e cioè la condizione zero, il conflitto mirato, l’inizio del mobbing, i primi sintomi psico somatici, gli errori ed abusi dell’amministrazione del personale, il serio aggravamento della salute psicofisica della vittima e l’esclusione dal mondo del lavoro (21). Il mobbing inoltre, inteso come comunicazione conflittuale sul posto di lavoro (22) non presenta un’azione tipica perché può essere realizzato mediante qualunque condotta impropria che si manifesti attraverso comportamenti, parole, atti, gesti, scritti capaci di arrecare offesa alla personalità, alla dignità o all’integrità fisica o psichica di una persona, di metterne in pericolo l’impiego o di degradare il clima lavorativo (23). Per fini esclusivamente classificatori Leymann ha individuato 3 principali gruppi di comportamento realizzanti il mobbing e cioè quelli incidenti sulla comunicazione con la persona attaccata, sulla sua reputazione e sulla manipolazione della sua prestazione nell’attribuzione dei compiti (24) ma questa teoria ha un valore meramente indicativo attesa la molteplicità e varietà delle condotte, anche concorrenti, in concreto attuabili in vista dell’eliminazione del lavoratore. In dottrina sono rintracciabili tante definizioni ma sostanzialmente due opzioni si contendono il campo e cioè quella che concentra l’attenzione sulla problematica dei limiti del potere datoriale nei confronti del lavoratore e quella per così dire positivistica-descrittiva di aggressione sistematica posta in essere dal datore di lavoro con chiari intenti discriminatori tesi ad emarginare il lavoratore per le più disparate ragioni che è prevalente forse perché facilita il riconoscimento delle condotte vietate (25). In giurisprudenza e in sede di progetti legislativi parimenti si è preferito il ricorso ad una nozione positivistica di mobbing. In particolare, in giurisprudenza, il mobbing ha fatto ingresso nel mondo giuridico (26) come fatto notorio ex articolo 115 c.p.c., comma 2, rinviandone l’individuazione all’interno degli studi effettuati, in particolare in ambito psicologico, medico e sociologico quale grave e reiterata distorsione all’interno dell’organizzazione del lavoro in grado di incidere pesantemente sulla salute individuale" (27). Anche in successive pronunce la giurisprudenza (28) ha confermato la sua scelta ed anzi ha fornito chiarimenti in ordine alla collettività delle condotte e al dolo specifico. Analoghe considerazioni valgono per i progetti elaborati in sede legislativa, sia essa statale (29) sia regionale (30) tutti caratterizzati dal riferimento alla violenza morale e alla persecuzione psicologica reiterata nel tempo, posta in essere dal datore di lavoro o da altri colleghi, teleologicamente orientata, accompagnata talvolta da una specifica e dettagliata elencazione di alcune condotte riconducibili al mobbing (31). In effetti al vocabolo mobbing va riconosciuta l’importanza di unificare, in modo sintetico ed in una categoria a sé stante, una serie di comportamenti diversi, accomunati dalla modalità aggressiva e vessatoria e dalla finalità di esclusione di uno o più dipendenti (32). Per quanto riguarda, infine, l’individuazione del soggetto a rischio mobbing, si dà atto dell’impossibilità di addivenire ad una tipicizzazione in assoluto dello stesso anche se recenti ricerche hanno evidenziato una maggiore incidenza nella quattro grosse categorie dei "creativi", degli "onesti", dei "disabili" e dei "superflui" (33). Come emerso da dati empirici (34), chiunque, nei vari momenti della vita e in forme diverse, può essere coinvolto in episodi di mobbing né hanno particolare rilevanza il sesso (sebbene gli uomini siano più restii a chiedere aiuto all’esterno), l’età, il livello d’istruzione, o il settore interessato atteso che l’apparente maggiore incidenza nell’ambito della pubblica amministrazione deriva probabilmente dal minor timore di denunciare il fenomeno nel settore pubblico. Di fatto, comunque, si è accertato che spesso i mobbizzati sono in origine persone eccezionali, estremamente sensibili e fuori del comune, che finiscono per rinchiudersi in un guscio di passività e di demotivazione particolarmente gravi in termini di salute psichica. 3. I mezzi di protezione della vittima presenti nel vigente ordinamento normativo Enucleata la nozione di mobbing e preso atto della varietà delle condotte ad esso riconducibili, è necessario individuare gli strumenti predisposti dall’ordinamento a garanzia del diritto del lavoratore a non essere mobbizzato (35), in assenza di una specifica disciplina legislativa e di prese di posizione da parte della contrattazione collettiva. Si tratta, in particolare, di rintracciare una disciplina giuridica che soddisfi, nel contempo, l’esigenza di tutelare il lavoratore e di risarcirne i danni subiti in conseguenza delle vessazioni sul lavoro con quella di prevenire e punire simili condotte (36). Un primo dato rassicurante è costituito dal fatto che, comunque, anche nel perdurante silenzio legislativo, il lavoratore mobbizzato non risulta completamente privo di tutele. E ciò in quanto l’ordinamento ha già predisposto mezzi di protezione nei confronti di alcuni dei comportamenti ascrivibili al mobbing. Invero, un ruolo decisivo in tal senso è stato svolto dalla giurisprudenza che ha elaborato, utilizzando principi e norme appartenenti a molteplici rami del diritto, ricostruzioni giuridiche per la tutela del lavoratore "mobbizzato" (37). Del resto, ogni condotta configurante il mobbing, risolvendosi in ingiusta lesione della sfera privata della vittima, costituisce, in linea di principio un comportamento rilevante per il diritto perché coinvolge sia l’ambito lavorativo che quello personale. In particolare, la stessa cd atipicità delle condotte integranti il mobbing ha indotto la giurisprudenza a combinare le norme cardine di tutela individuate in sede civile, alle quali sarà dedicata specifica trattazione, con disposizioni internazionali (vedi ad esempio i richiami alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo di New York del 10 dicembre 1948, alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950 ed in ambito comunitario alla Carta Comunitaria dei diritti fondamentali di Strasburgo del 9 dicembre 1989 o ai principi della Risoluzione del Parlamento sul rispetto dei diritti dell’uomo nell’Unione Europea del 1997), con precetti costituzionali (ad esempio l’articolo 2 in tema di diritti inviolabili dell’uomo, l’articolo 4 e 35, 1 e 2 comma relativi al diritto al lavoro, l’articolo 13 in materia di libertà personale, l’articolo 32 riguardante il diritto alla salute) con normative specifiche di settore quali l’articolo 15 dello Statuto dei lavoratori, le leggi n. 903/1977 e n. 125/1991 a tutela della condizione femminile nonché norme di natura penale (38).Ne è conseguito un interessante ed articolato impianto normativo dove "il gioco dei combinati disposti delle singole norme richiamate" garantisce una duttile disciplina, adeguata alle molteplici modalità concrete di attuazione delle condotte persecutorie e alla rilevanza dei beni giuridici nella specie lesi. Pertanto, allo stato attuale, la vittima di mobbing, come si illustrerà diffusamente, può invocare tutela sia in sede civile che penale. 4. La tutela penale ed i suoi limiti Considerato il riconoscimento costituzionale dei beni lesi, indubbia è la rilevanza penale di molteplici comportamenti integranti il mobbing. In effetti, molti di essi, come acutamente osservato (39) possono essere penalmente sanzionati se riletti in relazione all’evento cioè alle conseguenze psicofisiche in capo alla vittima o con riferimento alla condotta perché alcuni comportamenti sono già stati tipicizzati dal legislatore penale o, ancora, alla luce di una serie di principi formulati, per settori particolari affini alla tematica in questione, dalla giurisprudenza di legittimità in tema di nesso di causalità tra condotta ed evento. In tal senso si evidenziano la teorica applicabilità ai casi di specie dell’articolo 582 c.p. (lesione personale), eventualmente aggravato ex articolo 577 c.p. comma 1, n. 3 e n. 4, dell’articolo 590 c.p. (lesioni personali colpose), dell’articolo 586 c.p. (morte o lesioni come conseguenza di altro delitto) che risulta quanto mai confacente per perseguire i casi di mobbing realizzati mediante ripetuti comportamenti vessatori che già in sé integrano una figura di delitto punito a titolo di dolo, degli articoli 594 e 595 c.p. (ingiuria e diffamazione) in caso di espressioni denigratorie non necessarie, dell’articolo 323 c.p. (abuso d’ufficio) e 328 c.p. (omissione atti d’ufficio), dell’articolo 610 c.p. (violenza privata), dell’articolo 660 c.p. (molestia o disturbo alle persone), dell’articolo 572 c.p. (maltrattamenti) (40) che sta assumendo un ruolo preminente nell’azione giudiziaria contro le vessazioni sul luogo di lavoro, delle molestie sessuali, dell’articolo 40 c.p. con la conseguente responsabilità per il datore di lavoro e per il medico competente ex articolo 17 legge n. 626/1994, dell’articolo 35 legge n. 675/1996 per il trattamento illecito di dati personali, dello Statuto dei lavoratori, dell’aggravante prevista dall’articolo 61, n. 11 c.p. (41); la riconducibilità della malattia da mobbing alla generale categoria della malattia professionale ex D.P.R. n. 30 giugno 1965, n 1124; la possibilità di comminare la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna ai danni del "mobber" e, da ultimo, l’opportunità per il danneggiato, di costituirsi parte civile nei relativi processi penali. Nondimeno, in sede applicativa, una serie di problematiche si pongono all’interesse dell’interprete quali ad esempio quella della valutazione dell’elemento soggettivo della fattispecie (42) in relazione ai reati di lesione (o nel peggiore dei casi di omicidio), decisiva in punto prescrizione e regime di procedibilità, che richiama la più generale questione relativa al rapporto tra dolo eventuale e colpa cosciente (43) o ancora quella di chiarire, relativamente al nesso causale, le condizioni in virtù delle quali il verificarsi di una malattia o lesione oggettivamente riscontrata possa essere valutata come conseguenza dell’esposizione ad agenti nocivi sul luogo di lavoro che nel caso di specie si identificano nelle condotte di persecuzione e/o vessazione (44). Riguardo a tale ultimo aspetto è evidente che non ci si può limitare al ricorso alla condicio sine qua non o ad una rigorosa applicazione di leggi universali ma piuttosto è opportuno riferirsi a leggi statistiche di settore. E ciò perché in caso di mobbing le tematiche del rapporto di causalità ex articolo 40 c.p. e del concorso di cause ex articolo 41 c.p. assumono connotati particolari a causa della necessità di confrontarsi con la psiche umana intesa come "meccanismo in grado di trasformare sollecitazioni negative ricevute in ambito professionale in patologie oggettivamente rilevabili" (45). In materia di concorso di cause è, tuttavia, rassicurante il dictum giurisprudenziale secondo cui, ai fini dell’accertamento del rapporto di causalità, "la causa sopravvenuta sufficiente da sola alla produzione dell’evento e, quindi, avente efficacia interruttiva del nesso di causalità, è quella del tutto indipendente dal fatto posto in essere dall’agente, avulsa totalmente dalla sua condotta ed operante in assoluta autonomia, in modo da sfuggire al controllo e alla prevedibilità dell’agente medesimo. Tale non può considerarsi la causa sopravvenuta legata a quella preesistente da un nesso di interdipendenza; in tal caso, le cause concorrenti che non siano da sole sufficienti a determinare l’evento per il necessario porsi della prima come condizione necessaria antecedente, sono tutte e ciascuna causa dell’evento, in base al principio (accolto dal nostro legislatore) della causalità materiale fondato sull’equivalenza delle condizioni" (46). è, invero, particolarmente arduo accertare in termini oggettivi le reazioni dato che ogni individuo potrebbe comportarsi diversamente nonostante l’identità di sollecitazioni o ancora stimare l’influenza di altre variabili in ordine all’origine o al peggioramento di alcune patologie. Riguardo, infine, all’obiezione secondo la quale molte condotte di mobbing, benchè gravi, rimarrebbero sprovviste di tutela penale, si ritiene che la proposta espressa anche in un disegno di legge (47) di creare una fattispecie penale ad hoc, recante una condotta descritta con formule aperte ed in certo modo indeterminate, non sia auspicabile perché in contrasto, oltre che con il precetto di tassatività, con i principi di sussidiarietà e meritevolezza (48) della pena in virtù dei quali il ricorso alla sanzione penale deve essere un’extrema ratio, cioè essere circoscritto alle sole ipotesi in cui l’utilizzo di altre sanzioni in ambito civile, amministrativo o di altra natura si appalesi inadeguato a ripristinare la situazione preesistente e/o a dissuadere i consociati dall’applicazione della norma (49). Nel caso in esame, tra l’altro, queste situazioni possono comunque essere adeguatamente protette mediante l’utilizzo dell’atipica e generale norma di tutela codificata all’articolo 2043 c.c. (50). 5. La tutela civile 5.1. L’azione civile di responsabilità e la tutela precedentemente alla nozione giurisprudenziale di mobbing Sebbene la sanzione penale connoti l’interesse tutelato di rilevanza pubblicistica, da sempre il lavoratore e, segnatamente, il mobbizzato, si sente autenticamente tutelato solo se può avvalersi di una diretta ed efficace azione civile avverso il datore di lavoro e/o eventuali colleghi "mobbers". Ad un’attenta disamina ci si avvede che gli effetti della condotte di mobbing possono assumere rilevanza civilistica sotto due profili e cioè risarcitorio alla stregua degli articoli 2087, 1218 e 2043 c.c. e riparatorio/ ripristinatorio ex lege n 300/1970 con possibilità di riassunzione del lavoratore o, in alternativa, di ricostruzione della posizione aziendale di questi (51). Si deve, inoltre, alla giurisprudenza il riconoscimento di una tutela inibitoria a fronte ad esempio di atti integranti il mobbing (vedi la dequalificazione del lavoratore) mediante il provvedimento d’urgenza ex articolo 700 c.p.c. che, da mezzo eccezionale e residuale, si è spesso trasformato in strumento di tutela alternativa rispetto a dinieghi di giustizia causati dalla consistente lentezza dei giudizi ordinari (52). Riguardo al 700 c.p.c. occorre brevemente precisare che la natura strumentale ed anticipatoria di questo non autorizza ad affermare l’esistenza di un potere cautelare generale devoluto all’imperio discrezionale del giudice (53): spetta al ricorrente, in specie al mobbizzato, affermare e specificare sia il diritto sia "il tipo" di provvedimento di tutela che egli propone di domandare al giudice del merito. Ne segue che il giudice della cautela ha poteri limitatamente discrezionali circoscritti all’interpretazione della domanda o alla "specificazione attuativa" della forma di tutela cautelare (laddove è richiesta in termini generici) adattando alle circostanze variabili del caso concreto la scelta delle modalità più idonee ad anticipare gli effetti della futura decisione di merito (54). Invero, secondo una ricostruzione giurisprudenziale consolidata in materia (55) norme cardine di riferimento sono individuate nell’articolo 2087 c.c. (che afferma la responsabilità contrattuale del datore di lavoro) e/o nell’articolo 2043 c.c. (ne che fissa per contro la responsabilità extracontrattuale) nonché negli articoli 1175 e 1375 c.c. (principi di correttezza e di buona fede) in combinato disposto con norme di fonte costituzionale quali l’articolo 32 e l’articolo 41, comma 2, Costituzione che motivano, in un certo modo, la stigmatizzazione negativa delle condotte in esame. Sebbene allo stato attuale sia pacificamente ammessa la possibilità d’invocare il concorso delle due responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale e addirittura di entrambe insieme a quella penale, va rilevato che, in origine, i danni da mobbing, concretizzando una lesione del diritto soggettivo primario della salute, erano risarciti in quanto ingiusti ex articolo 2043 c.c. In questo senso si ricorda la ricca casistica giurisprudenziale relativa a lavoratori pregiudicati da demansionamento o dequalificazione professionale, la quale ha legittimato in via interpretativa la tutela anche rispetto a pratiche "assimilabili al mobbing" di natura extracontrattuale (56). Successivamente, nella prospettiva di un effettivo riconoscimento della centralità nel vigente sistema statale, della tutela della persona e delle condizioni psicofisiche dei lavoratori, la prevalente giurisprudenza ha affermato la natura contrattuale della responsabilità per i danni procurati con il richiamo all’articolo 2087 c.c. che così dispone: "l’imprenditore è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro". La norma configura in capo al datore di lavoro l’autonomo e peculiare obbligo di protezione della persona del lavoratore, avente un contenuto di così ampia portata da includere non solo l’adozione delle misure richieste dalla legge, dall’esperienza e dalle conoscenze tecniche ma anche la predisposizione di tutte le misure generiche di prudenza e di diligenza necessarie per la tutela dell’incolumità ed integrità psico-fisica del lavoratore (57). La protezione del lavoratore investe, altresì, non solo il profilo dell’integrità psicofisica ma anche quello della personalità morale o sociale (58) affinchè, in fase d’esecuzione del rapporto, il prestatore di lavoro non sia costretto a scambiare ed alienare i propri diritti personalissimi in luogo dell’energia e della forza lavoro (59). Sulla base di tanto, il datore di lavoro deve non solo astenersi dal porre in essere comportamenti lesivi dell’integrità fisica e della personalità morale del dipendente (responsabilità diretta) ma anche prevenire ed eventualmente punire simili atti da chiunque realizzati nel contesto dell’attività lavorativa, anche mediante l’impiego del potere disciplinare (responsabilità indiretta ex articolo 2049 c.c. e ruolo di garante ex articolo 40 c.p.). Per tutte le suesposte argomentazioni, la giurisprudenza correttamente ritiene l’articolo 2087 c.c. "una norma di chiusura, volta a ricomprendere ipotesi e situazioni non espressamente previste ... che, "come del resto tutte le clausole generali, ha una funzione di adeguamento permanente del sistema alla sottostante realtà socio-economica, con una dinamicità ben più accentuata di quella dell’ordinamento giuridico, legato a procedimenti e schemi di produzione giuridica necessariamente complessi e lenti (60). Come acutamente osservato (61), inoltre, l’obbligo di prevenzione ex articolo 2087 c.c. s’innesta automaticamente nel contenuto del rapporto di lavoro al momento della conclusione del contratto perché integrativo e/o specificativo degli ordinari obblighi di correttezza e di buona fede ex articolo 1175 e 1375 c.c. Ne segue che il lavoratore vanta un autentico diritto soggettivo cui corrisponde l’obbligo di sicurezza da parte del datore di lavoro per cui la sicurezza diviene un’obbligazione accessoria rispetto alla principale (62). Significativa, a parere di chi scrive,è l’affermazione che in qualche modo sintetizza l’evoluzione giurisprudenziale in materia, secondo la quale il principio del neminen laedere ex articolo 2043 c.c. si è concretizzato o meglio specificato in un’autonoma obbligazione contrattuale (63). Il riconoscimento della natura contrattuale della responsabilità per danni da mobbing non va sottovalutato, considerate le notevoli implicazioni di natura pratica che comporta, alle quali sarà dedicata specifica trattazione. Ciononostante, il connotato peculiare della cd fase pre-mobbing non si identifica nella mancanza di strumentazione giuridica per combattere le condotte vietate avverso le quali si riscontra in giurisprudenza l’utilizzo degli articoli 2043 c.c., 2087 nonché dell’articolo 2103 c.c. (64) quanto piuttosto in un approccio di carattere frammentario, diretto a colpire più o meno incisivamente alcune gravi degenerazioni del fenomeno (65). In effetti da una valutazione mirata dei dicta giurisprudenziali precedenti all’enucleazione della nozione di mobbing emerge che ampia tutela è stata predisposta avverso il demansionamento o la dequalificazione professionale alla luce del combinato disposto degli articoli 2103 c.c. e 2087 c.c. (66), contro le dimissioni frutto di coartazione (67), contro l’esercizio illegittimo del potere autoritativo del datore di lavoro (68), contro comportamenti persecutori o discriminatori quali ad esempio l’ingiustificata ripetuta richiesta di visite mediche di controllo e l’abuso di controlli della malattia da parte del lavoratore (69), contro il trasferimento ingiustificato, la minaccia di licenziamento (70), l’applicazione reiterata ed immotivata di sanzioni disciplinari (71), l’impiego eccessivo del lavoratore (cosiddetto surmenage lavorativo) (72) contro le violenze e le molestie sessuali da parte del datore di lavoro o dei colleghi nei confronti della vittima (73). Il lavoro giurisprudenziale, nella fase pre-mobbing, è stato indubbiamente casistico, non scevro dai limiti tipici di questa impostazione quali l’impossibilità per i giudici di valutare, adeguatamente la gravità delle condotte realizzate dai mobbizzanti con gravi ripercussioni sulle operazioni di accertamento dell’an e del quantum debeatur ed il mancato perseguimento di comportamenti apparentemente neutrali, dotati invece di efficacia causale rispetto all’intera strategia che richiama alla mente il penalistico medesimo disegno criminoso tipico del reato continuato. Malgrado ciò, occorre sottolineare che notevole è l’importanza dei risultati acquisiti perché quei precedenti non hanno assolutamente perduto di validità ma anzi si prestano ad essere proficuamente riutilizzati alla luce della recente nozione di mobbing che di essi è l’illuminata sintesi. 5.2. Le sentenze di Torino e la successiva evoluzione in materia Con le sentenze di Torino Erriquez c. Ergom Materie Plastiche S.p.a. Trib. Torino 16 novembre 1999 e Stormeo c. Ziliani S.p.a. Trib. Torino 30 dicembre 1999 l’evoluzione giurisprudenziale in materia raggiunge il suo più felice e rivoluzionario esito consistente nella valutazione del mobbing come categoria unitaria, come "framework" (74) ossia cornice all’interno della quale trovano la giusta collocazione le molteplici ed atipiche condotte nelle quali si manifesta il fenomeno (75). Ai fini della presente indagine è importante soffermarsi su alcuni punti qualificanti dell’iter logico - argomentativo seguito dai giudici per valutare, poi, la successiva evoluzione della giurisprudenza in proposito. Innanzitutto è estremamente significativo il richiamo al fatto notorio ex articolo 115 c.p.c. (76) perché mediante questo i giudici hanno affermato che la nozione di mobbing "fa parte del bagaglio di conoscenza di ogni uomo di media cultura in un certo luogo ed in un certo momento storico senza necessità di ricorso a particolari informazioni o giudizi tecnici" (77), che "esso ha una distinta identità storica che si impone all’osservazione o alla percezione della collettività…sicché al giudice non resta che constatarne gli effetti e valutarlo ai fini delle conseguenze giuridiche" (78) e che, infine, "il fatto è percepito dalla collettività indubitabile ed incontestabile" (79) per cui risulta legittima la deroga ai principi del dispositivo e del contraddittorio (80). Atteso che il giudice del merito vanta un’insindacabile potere discrezionale nel ritenere di comune esperienza determinate nozioni e di utilizzarle sia come elementi di prova sia come criteri di paragone nella valutazione di attendibilità e di rilevanza degli altri elementi probatori (81) e che l’unico limite è rappresentato dalla necessità che il fatto sia allegato (82), requisito nel caso in esame soddisfatto (83), emerge con tutta evidenza la volontà di prendere una precisa posizione in materia. Ne è prova l’apposito paragrafo dedicato al mobbing, il rinvio, per la sua individuazione, agli studi effettuati in ambito psicologico, medico e sociologico, l’indicazione all’interprete di criteri guida per l’accertamento della fattispecie tra i quali riveste un ruolo decisivo l’indagine circa la sussistenza di un intento persecutorio ovvero di una finalizzazione ad un unico deprecabile obiettivo e la ripetitività delle condotte (84). In entrambe le sentenze, inoltre, si assiste all’affermazione di un nuovo sistema fondato prevalentemente sull’articolo 2087 c.c. nell’ambito del quale possono confluire, ma non necessariamente, le tutele predisposte per il lavoratore da altre norme più specifiche (85). Pertanto, secondo l’opzione giurisprudenziale, per invocare tutela contro il mobbing non è più necessario allegare e provare la variazione in peius di mansioni lavorative perché qualunque condotta aggressiva, teleologicamente orientata, è ritenuta condizione sufficiente per integrare la fattispecie. Riguardo alla successiva evoluzione giurisprudenziale in materia se ne evidenzia la sostanziale continuità nella direzione di chiarire e delimitare i connotati della fattispecie pur in presenza di alcuni interessanti elementi di novità. E ciò, probabilmente, non solo al circoscritto fine di fornire criteri di riferimento per i colleghi giudici ma anche per supplire al mancato riconoscimento legislativo espresso. Anzitutto si riscontra in giurisprudenza maggiore equilibrio e razionalità nell’affrontare la problematica in esame tanto che per l’accertamento della sussistenza del mobbing si ritiene necessario acquisire una consulenza tecnica sul punto (86). In una recente sentenza (87) inoltre, si specifica che: "il mobbing aziendale è collettivo e comprende l’insieme di atti ciascuno dei quali è formalmente legittimo ed apparentemente inoffensivo. Sotto l’aspetto soggettivo il mobbing deve contenere il dolo nell’accezione di volontà di nuocere o infastidire o svilire un compagno di lavoro. La fattispecie è, altresì, caratterizzata dal dolo specifico volto all’allontamento del mobbizzato dall’impresa". In merito il giudice, nel confermare la funzione di concetto contenitore assolta dal termine mobbing (88) ha, però, avvertito la necessità di evidenziare sia la natura collettiva del fenomeno, requisito non richiesto in occasione della sentenza del Tribunale di Torino del 16 novembre 1999, argomentando dal significato etimologico e dal progetto di legge n. 6410 del 30 settembre 1999 sia il distinguo rispetto alle molestie quasi per liberarsi dal vincolo secondo cui le molestie penalmente rilevanti dovevano automaticamente considerarsi persecutorie e per ciò espressione di mobbing. Meno felice risulta il riferimento al dolo programmato, quanto meno in via esclusiva perché l’aprioristica esclusione della sussistenza di mobbing laddove le condotte sono realizzate spontaneamente, ma non sfornite di lesività intrinseca (89) potrebbe costituire, a parere di chi scrive, un grave handicap per la difesa dal mobbing. Conformi all’orientamento giurisprudenziale precedente e alle elaborazioni dottrinali sono, invece, la distinzione delle fattispecie in base al ruolo ricoperto dal/i mobber/s all’interno dell’azienda ed il regime di responsabilità incentrato sull’articolo 2087 c.c. (90) dei quali pertanto è confermata la validità. 5.3. I caratteri ed i tipi di azioni esperibili ed i relativi riflessi sulla prescrizione e la competenza Enunciato il "carnet" di azioni a disposizione del lavoratore mobbizzato, è opportuno vagliarne i caratteri e le relative problematiche processuali. è preliminarmente opportuno osservare che non è indifferente per il mobbizzato il ricorso all’azione contratttuale rispetto a quella extracontrattuale. Al riguardo si richiamano le incisive differenze enucleate in dottrina (91) secondo cui la responsabilità contrattuale presuppone la capacità d’agire, è soggetta a prescrizione ordinaria (10 anni) e comporta per l’attore di provare solo il fatto (92) ed il danno, poiché la colpa si presume mentre quella extracontrattuale richiede la mera capacità naturale (articolo 2046), soggiace al regime delle prescrizioni brevi (5 anni ex articolo 2947 c.c.), impone all’attore la triplice prova del fatto, del nesso di causalità e della colpa e consente la richiesta del risarcimento anche dei danni imprevedibili (argomentando ex articolo 2056 c.c. riferito agli articoli 1223, 1226 e 1227 c.c.). Ne deriva che la responsabilità contrattuale prospetta un regime ben più favorevole per il lavoratore anche se in alcuni casi la piena tutela può essere assicurata dall’impiego di entrambe (93). Nel caso di azione intentata nei confronti del datore di lavoro mobber ad esempio (94). l’utilizzo della sola azione contrattuale può rappresentare un limite alla risarcibilità del danno morale giusta l’articolo 2059 c.c. e parimenti la richiesta prevedibilità del danno ex articolo 1225 c.c. potrebbe di fatto influire sulla determinazione del relativo quantum, sebbene di recente la dottrina (95) ne abbia mitigato il rigore e circoscritto l’applicabilità ai casi in cui esiste un notevole lasso di tempo tra l’inadempimento e la realizzazione del danno mediante una lettura combinata con l’articolo 1223 c.c. secondo cui "risarcibile è il danno conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento". In questo senso la giurisprudenza, a maggior tutela del contraente debole, ha unanimemente riconosciuto, dal punto di vista logico, che "è ammissibile il concorso tra la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale di fronte ad un medesimo fatto che violi contemporaneamente non soltanto diritti derivanti dal contratto, ma anche i diritti spettanti alla persona offesa indipendentemente dal contratto stesso" (96). Pertanto il mobbizzato potrà esercitare entrambe le azioni mediante il medesimo atto di citazione (rectius, ricorso) (97) avendo cura di farlo contemporaneamente e non cambiando la causa petendi (ossia il titolo o ragione giuridica della domanda (98) nel corso del giudizio o meglio oltre la prima udienza di trattazione ex articolo 183 c.p.c. (99). Ai sensi del 4 comma dell’articolo 183 in effetti nella prima udienza le parti possono soltanto precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate mentre è preclusa la mutatio libelli (100). Nel caso di mobbing realizzato da colleghi o superiori è possibile egualmente esercitare l’azione extracontrattuale ex articolo 2043 c.c. contro gli autori materiali ma anche quella contrattuale nei confronti del datore di lavoro. Rispetto a questi, si può invocare sia l’articolo 2087 c.c., che in questo utilizzo assume la connotazione di responsabilità oggettiva, che l’articolo 2049 c.c., in via alternativa o cumulativa (101). Riguardo all’azione ex articolo 2049 c.c. che sancisce la responsabilità indiretta del datore di lavoro, se ne evidenziano i significativi vantaggi per il mobbizzato per le seguenti ragioni: il danneggiato deve provare l’esistenza del rapporto di lavoro ed il collegamento tra il fatto dannoso del dipendente e le mansioni da questo espletate ma non un vero e proprio nesso di causalità, essendo sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria nel senso cioè che l’incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito o l’evento dannoso anche se il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purchè sempre nell’ambito dell’incarico affidatogli così da non configurare una condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro (102); sul datore di lavoro grava una rigida presunzione di responsabilità che non può essere smentita dall’eventuale dimostrazione di difetto di culpa in eligendo o vigilando quanto piuttosto dalla prova dell’ assoluta irriferibilità dell’evento alle mansioni lavorative o al ruolo rivestito dal mobber nell’azienda (103); infine sebbene l’unicità del fatto illecito dannoso per il terzo determini la solidarietà tra i vari soggetti obbligati, non è necessario per il danneggiato, una volta proposta l’azione di risarcimento contro il solo datore di lavoro, disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti del /i dipendente/i autori materiali (104) rispetto ai quali può in concreto esistere persino un problema d’individuazione (105). In conclusione, riguardo ai termini di prescrizione, atteso che "il diritto al risarcimento da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato" ai sensi dell’articolo 2947 c.c. sarà opportuno per il danneggiato, ai fini del prolungamento dei termini, evidenziare che il fatto illecito integra il reato, o che il momento d’inizio della prescrizione coincide con la manifestazione dell’ultima componente del danno (106) o ancora qualificare la condotta di mobbing quale fatto lesivo permanente. In tema di competenza, invece, in considerazione dei vantaggi del rito, è acquisita in dottrina ed in giurisprudenza l’appartenenza della tematica mobbing alla competenza del Tribunale in funzione di giudice del lavoro (107). E ciò perché l’azione risarcitoria relativa è in qualche modo collegata al rapporto di lavoro il quale costituisce antecedente e presupposto necessario , non meramente occasionale, della situazione di fatto per la quale è invocata la tutela giudiziale (108) salvo il caso di esercizio dell’azione iure proprio da parte dei congiunti della vittima che ha la sua fonte esclusiva nella responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 c.c. 5.4. Problematiche processuali in tema di produzione e deduzione di prove. La gravità delle conseguenze della mancata prova Enunciati precedentemente i fatti costitutivi del diritto al risarcimento dei danni da mobbing da allegare, è opportuno occuparci della tematica delle prove, atteso che il giudice deve decidere iuxta alligata ac probata partium ex articolo 115 c.p.c. (109). Nel caso di specie i compiti prescritti dall’art 99 c.p.c. e 2697 c.c. risultano effettivamente molto gravosi ed in particolar modo in punto sussistenza sia degli atti integranti il mobbing sia del nesso di causalità (o concausa) tra le condotte lato sensu persecutorie e i danni all’equilibrio psicologico e/o psicofisico a carico della vittima (110). Teoricamente ogni tipo di prova è utilizzabile (documentale, testimoniale, peritale, presuntiva) ma in concreto l’interessato raramente può avvalersi di prove scritte ( unico campo sembra essere quello del demansionamento) mentre più spesso deve ricorrere alla prova per testimoni la cui attendibilità è spesso discutibile poiché molti colleghi temono le eventuali reazioni del "mobber" datore di lavoro (111) o alla prova induttiva ex articolo 2729 c.c. cioè agli indizi gravi, precisi e concordanti che, com’è noto, sono prove non vincolanti per il giudice (112). Si evidenzia (113) che, purtroppo, in generale, la giurisprudenza manifesta un certo scetticismo di fronte ad affermati casi di mobbing tanto da pretendere una prova rigorosa (114). E ciò sebbene la stessa giurisprudenza (115) abbia riconosciuto che in questi casi " la prova è particolarmente difficoltosa a causa di eventuali sacche di omertà sempre presenti o per altre ragioni" (116) e ne abbia consentito semplificazioni ritenendo ad esempio provato il nesso causale con il solo accertamento, a seguito di istruttoria, della condotta vessatoria, dolosa ma anche colposa, dell’insorta patologia in collegamento con il rapporto di lavoro e della circostanza che la lavoratrice non aveva mai avuto simili disturbi o patologie senza ricorso a perizie od altre prove. Mentre in ordine al quantum del danno il giudice può effettuare una valutazione equitativa, di fronte all’eccezione della mancata prova è costretto ad arrestarsi con conseguenze particolarmente pesanti per il lavoratore-vittima. In tema, si ricorda la sentenza 8 gennaio 2000, n 143 con la quale era stata riconosciuta la legittimità di un licenziamento per giusta causa per violazione del rapporto di fiducia conseguente ad accuse non provate di mobbing realizzato da un superiore gerarchico (117). I riflessi dell’esposto precedente giurisprudenziale sono molto pesanti: potrebbero inibire ab origine la decisione di molte vittime di adire la via legale poiché paradossalmente questa scelta potrebbe ritorcersi in danno laddove il giudice non riconosca le prove prodotte sufficienti . Sul tema è interessante segnalare il suggerimento fornito dal legale e dagli operatori della CISL di Pesaro in occasione del Convegno sul mobbing tenutosi in data 9 novembre 2001 consistente nel "crearsi prove scritte", obiettivo forse più facilmente realizzabile all’interno della pubblica amministrazione, ovvero nel predisporre e farsi protocollare volta a volta istanze di chiarimenti in ordine alle singole condotte vessatorie, aventi per contenuto una precisa e dettagliata descrizione delle modalità di tempo e di comportamenti per i quali si chiede adeguata giustificazione. 6. Il danno da mobbing Anche in questo campo, la molteplicità delle condotte integranti il mobbing comporta un’ampia gamma di situazioni risarcibili, anche cumulativamente, cosicchè risulta più appropriato parlare di risarcimento dei danni. Del resto, secondo il recente orientamento delle sezioni Unite della Corte di Cassazione (118) l’articolo 2043 c.c. costituisce una vera e propria clausola generale di responsabilità perché riconosce genericamente la risarcibilità "della lesione di un qualsiasi interesse rilevante per l’ordinamento" con attribuzione al suo titolare di diritto soggettivo al risarcimento e conseguente radicamento della giurisdizione ordinaria (119). Da un esame delle conseguenze pratiche emerge che il mobbing determina prevalentemente lesioni della professionalità del lavoratore, della salute intesa come integrità fisica e/o psichica nonché della personalità, dignità morale di questi con ripercussioni sulla sfera patrimoniale e non (120). Ciò premesso si ritiene opportuno effettuare una rapida rassegna dei principali tipi di danni risarcibili e delle relative problematiche. Di particolare interesse è, innanzitutto, la categoria del danno da demansionamento che presenta, invero, una struttura complessa (121), in certo qual modo ambigua posto che insieme all’elemento principale del danno alla professionalità figurano spesso il danno alla personalità, alla vita di relazione, il danno biologico alla salute nonché quello morale (122). In sede giurisprudenziale, in particolare, si rinviene una certa confusione terminologica e concettuale in tema di danni risarcibili per la professionalità del lavoratore (123) come facilmente si arguisce dal dispositivo di alcune sentenze che liquidano le somme per la dequalificazione senza distinguere in modo chiaro i titoli (124) tanto che in recenti pronunce (125) si è avvertita la necessità di precisare sia l’autonomia e la diversità del danno alla professionalità rispetto agli altri tipi sia il contenuto non necessariamente patrimoniale dello stesso. L’indeterminatezza dei confini tra i vari tipi di danno nell’ambito di questa particolare condotta di mobbing ha inevitabili ripercussioni anche in punto di prova e di valutazione del danno alla professionalità. Riguardo alla prova dei danni ad esempio la giurisprudenza è prevalentemente orientata a richiedere una prova anche in via presuntiva secondo l’id quod plerumque accidit ritenendo il danno al bene della professionalità in re ipsa, immanente alla condotta stessa (126) ma non mancano pronunce (127) nelle quali si afferma che il danno alla professionalità intesa "in senso obiettivo" (perdita di chanches di carriera o di impieghi più remunerativi) debba essere provato nel suo pregiudizio patrimoniale dal lavoratore. Sui criteri di risarcimento per contro, la giurisprudenza è attestata sulla determinazione equitativa del danno alla professionalità sulla base dei parametri della retribuzione mensile e della durata della dequalificazione poiché "il danno cresce secondo una linea di sviluppo progressiva, correlata sostanzialmente al decorso del tempo" (128) ma questi criteri non sono utilizzati in modo rigorosamente aritmetico né precludono l’utilizzo di ulteriori parametri per adeguare l’ammontare del risarcimento all’integralità del pregiudizio patito (129). Notevole importanza riveste altresì la categoria del cd danno biologico, comprensiva di qualsivoglia violazione dell’integrità fisica e/o psichica della persona, così come scaturita dalla lenta e progressiva evoluzione giurisprudenziale sviluppatasi in tema di danno alla persona in virtù della quale si è passati dall’iniziale consapevolezza dei limiti di una ricostruzione che attribuisce rilevanza alle lesioni personali soltanto sotto il profilo patrimoniale, al concetto di danno patrimoniale indiretto fino al riconoscimento del diritto alla salute in quanto tale, alla rilevanza giuridica e alla conseguente risarcibilità della lesione dell’integrità psicofisica in via autonoma e diretta (130). La Corte Costituzionale, tra l’altro, a superamento dell’angusto sistema civilistico bipolare fondato ex articoli 2043 c.c. e 2059 c.c. sulla dicotomia danno patrimoniale-danno morale, non solo ha affermato che rispetto ad una menomazione dell’integrità psicofisica sono configurabili tre tipi di danno sulla base della distinzione tra evento dannoso e pericoloso, identificato nel danno biologico, ed il danno-conseguenza concretantesi nel danno morale soggettivo e nel danno patrimoniale (131) ma ha evidenziato, altresì, la necessità di considerare il danno biologico nell’accezione più ampia cioè sia sotto un aspetto statico, di fatto lesivo sic et simpliciter, sia sotto un profilo dinamico cioè attento a tutte le conseguenze negative della lesione sulla vita quotidiana del mobbizzato (132) anche se ai fini del risarcimento è sufficiente anche la sola prova dell’aspetto statico. Rispetto al mobbing, il danno biologico si identifica in fisico ma anche e soprattutto in psichico (133). A prescindere dalle problematiche relative all’introduzione della definizione di danno biologico ex articolo 13 decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 e da quelle sollevate dal disegno di legge n. 4093 presentato al Consiglio dei Ministri il 4 giugno 1999 recante una nuova disciplina in tema di danno alla persona, le quali evidenziano la necessità di ridefinire i rapporti tra il "social security system" disposto per i danni patrimoniali ed il "tort system" per quelli biologico e morale (134), allo stato attuale la giurisprudenza in tema di prova è orientata a richiedere la prova della sussistenza della modificazione peggiorativa della salute (135) ovvero della patologia in caso di danno psichico (136) mentre in sede di valutazione del danno, in assenza di criteri normativi in proposito, è attestata su di una posizione per così dire intermedia tra l’iniziale criterio del triplo della pensione sociale adottato dopo l’entrata in vigore della legge 26 febbraio 1977, n. 39 (137) e l’equitativo puro (applicato solo il danno psichico temporaneo). In particolare, secondo la Suprema Corte (138) " i giudici del merito devono considerare nella liquidazione equitativa del danno alla salute le circostanze del caso concreto quali ad esempio la gravità delle lesioni, gli eventuali postumi permanenti, l’età, le attività espletate, le condizioni sociali e familiari del danneggiato ... o criteri metodologici suggeriti dalla dottrina o di diffusa applicazione giurisprudenziale ..." e cioè coniugare ad un’uniformità pecuniaria di base un certo grado di elasticità e flessibilità. Il danno morale, per contro, inteso sub specie di danno morale soggettivo, comprende il dolore, le sofferenze spirituali, i perturbamenti psichici (cosiddetto pretium doloris) subiti dalla vittima che siano causati, pena l’irrisarcibilità in caso contrario, da un fatto materialmente idoneo a costituire illecito penale giusta gli articoli 2059 c.c., l’articolo 185 c.p. ed il prevalente orientamento giurisprudenziale (139). Il risarcimento di tale danno spesso assolve una funzione prevalentemente afflittiva, quasi fosse una pena privata ed è perciò compatibile con altri tipi di tutela di carattere risarcitorio-rispristinatorio (140). Considerato il diverso onere probatorio a carico della parte interessata, è particolarmente importante distinguere il danno morale da quello biologico di natura psichica. Al riguardo secondo la fondamentale pronuncia della Corte Costituzionale in materia (141) "morale è il patema d’animo o stato d’angoscia transeunte, momentaneo" mentre il biologico-psichico consisterebbe nella psicopatologia permanente ma tale criterio è stato di recente messo in discussione (142) dalla giurisprudenza di legittimità la quale afferma una definizione di danno morale notevolmente differente da quella costituzionale - europea ispirata più al criterio del risarcimento integrale (143). Ad ogni modo, per provare il danno morale non è richiesto un particolare impegno poiché l’interessato può anche avvalersi di presunzioni semplici e addirittura, nel caso di lesioni personali o di danno biologico dimostrato, farne a meno atteso che l’esistenza è ritenuta in re ipsa ed il quantum spesso calcolato in misura percentuale rispetto alla somma liquidata a titolo di danno biologico (144). Riguardo al criterio di determinazione del danno, anche per il morale è individuato nella valutazione equitativa del giudice che, sebbene temperata dall’utilizzo in alcune sentenze dei criteri della liquidazione a punto di IP o della proporzionalità, conserva notevoli e giustificati spazi di discrezionalità per garantire congruo ristoro a lesioni spesso gravi. Di particolare interesse è, infine, la categoria del cd danno esistenziale che, recentemente riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità quale figura autonoma con la pronuncia Cass. 7 giugno 2000, n. 7713, consente di estendere la gamma dei pregiudizi risarcibili, con ciò colmando la zona grigia di confine tra il danno biologico ed il danno morale determinata dai molteplici interventi della Corte Costituzionale (145) a tutto vantaggio del mobbizzato. In effetti, al concetto di danno esistenziale è ricondotto qualsiasi evento che per la sua negativa incidenza sul complesso dei rapporti facenti capo alla persona, è suscettibile di ripercuotersi in maniera consistente e talvolta permanente, sull’esistenza di questa ovvero ogni forma di danno o lesione di un interesse giuridicamente rilevante per la persona risarcibile nelle sue conseguenze non patrimoniali (146). Ciò posto è evidente che qualsiasi condotta di mobbing può originare un danno esistenziale poiché la vittima viene lesa nella sua personalità, dignità ed integrità morale, nel diritto ad essere rispettata e non umiliata cioè in valori consacrati a livello costituzionale (147). Secondo una parte della dottrina (148) il danno esistenziale, presente "ogni qualvolta il lavoratore viene aggredito nella sfera della dignità senza che tale aggressione offra sbocchi per altra qualificazione risarcitoria" (149) costituisce addirittura il danno tipico da mobbing ricorrente in tutte le ipotesi e perciò da dover sempre risarcire posto che simili pratiche comportano in qualunque caso un’alterazione negativa della qualità della vita della vittima. Evidente è l’autonomia di questa categoria rispetto alle altre di danno sebbene la giurisprudenza in una recente pronuncia, in palese contraddizione con se stessa, abbia optato in sede di liquidazione del danno per una soluzione onnicomprensiva e riduttiva (150). Al contrario il danno esistenziale si differenzia dal biologico sia perché può esistere anche in mancanza di lesioni concrete al bene salute sia perché concerne l’aggressione di posizioni meritevoli di tutela alla luce del dettato costituzionale; dal patrimoniale perché, nonostante la sua natura di interesse rivestito di valore economico, non si ferma ai meri riflessi reddittuali del cd danno-evento; ancora dal morale perché non richiede comportamenti penalmente rilevanti, non s’identifica nelle lacrime, nel patema d’animo quanto piuttosto nel non poter più fare, nel dover agire altrimenti. Secondo tale prospettiva si rivela appropriata la definizione "teleologica" di danno esistenziale elaborata da autorevole dottrina (151) inteso come giusta reazione ai profondi cambiamenti subiti al di fuori dei danni patrimoniali. Quanto alla prova, in dottrina e in giurisprudenza si ritiene che il danno esistenziale, pur qualificato come lesione in sé, in re ipsa, deve essere specificamente provato nei suoi presupposti, per cui risulta conveniente per l’attore fornire la prova anche tramite testi, delle modificazioni esistenziali oggettive subite, per meglio orientare il giudice in sede di quantificazione del danno. Rimane, infine, confermato anche per tale tipo di danno, forse più che in altri contesti, l’utilizzo della valutazione equitativa ad opera della giurisprudenza perché più rispondente alla necessità di adeguare il quantum del risarcimento alle circostanze del caso. 7. Le proposte in sede legislativa Nonostante la perdurante mancanza di una normativa ad hoc, la vasta eco del fenomeno in esame non ha mancato di attirare l’attenzione in sede legislativa. Ne sono prova tangibile i molteplici disegni, progetti e proposte di legge (addirittura sette) (152) presentati in Parlamento, caratterizzati da finalità preventive, informative nonché repressive. Da un’attenta disamina delle proposte succedutesi nel tempo emerge, in realtà, una struttura comune alla maggior parte di esse, sulla quale s’innestano variazioni più o meno significative e/o opportune. L’esistenza di un denominatore comune, di una sorta di "scheletro"è, a parere di chi scrive, particolarmente rassicurante perché costituisce un solido punto di partenza in vista dell’emananda specifica disciplina. Invero, tre disegni di legge si differenziano nettamente dagli altri in ragione del loro contenuto esclusivamente penalistico: si tratta dei progetti n. 1813 intitolato "norme per la repressione del terrorismo psicologico nei luoghi di lavoro", n. 6667 contenente "disposizioni per la tutela delle persone da violenze morali e persecuzioni psicologiche" e n. 7265 "Disposizioni per la tutela dei lavoratori nell’ambito dei rapporti di lavoro" rispettivamente presentati alla Camera il 9 luglio 1996, il 5 gennaio 2000 e il 26 luglio 2000. In essi è previsto il reato di mobbing e la conseguente sanzione nonché una significativa elencazione dei comportamenti che integrano la nuova fattispecie delittuosa. Nel disegno di legge n. 1813, però, è stabilita un’unica ipotesi di responsabilità, sanzionata con la reclusione da uno a tre anni e l’interdizione dai pubblici uffici fino a tre anni mentre nel 6667 sono previste fattispecie differenziate, progressivamente aggravate in relazione alle conseguenze della condotta per il soggetto passivo (153). Il disegno di legge n. 7265, inoltre, si differenzia dai precedenti sia perché prevede in alternativa alla sanzione penale della reclusione, la multa variabile dai 5164,57 euro ai 20658,28 euro sia perché prescrive anche la sanzione della nullità per tutti gli atti e le decisioni che comportano variazioni di qualifica, incarico, mansioni o trasferimenti comunque connessi al reato di violenza psicologica. La scelta di una risposta "forte" al fenomeno, più apparente che reale perché i limiti edittali della pena consentono in taluni casi il patteggiamento ex articolo 444 c.p.p. e seguenti unitamente alla richiesta di sospensione condizionale della pena ex articolo 163 c.p. e seguenti è stata poi abbandonata negli altri progetti di matrice espressamente civilistica probabilmente in omaggio al principio del ricorso alla sanzione penale come extrema ratio. Negli altri progetti trovano ampio spazio finalità preventive ed informative assenti in quelli di marca penalistica. In tutti, persino nella proposta di legge regionale del Lazio del 14 marzo 2001 approvata senza modifiche nel mese di ottobre 2001, redatta nelle more della disciplina organica dello Stato in materia (ma non ancora promulgata), sono indicate la finalità e la definizione di mobbing, sia in forma generica sia esemplificativa, l’obbligo di porre in essere attività di prevenzione ed informazione anche mediante l’istituzione di organi paritetici, di sportelli anti-mobbing o della mediazione sindacale; nella maggioranza di essi, sono evidenziate l’applicabilità della disciplina a datori di lavoro pubblici e privati, l’irrogazione di sanzioni disciplinari ai danni del/i mobber/s o di chi denuncia il compimento di vessazioni inesistenti, la nullità degli atti discriminatori, le azioni di tutela giudiziaria e la scelta del criterio equitativo nella liquidazione dei danni. Nondimeno, accanto a tratti comuni, esistono differenze tra i vari progetti che si ritiene opportuno segnalare. Con riferimento ai soggetti attivi, ad esempio, il d.d.l. n. 4265 presentato al Senato il 13 ottobre 1999 indica i superiori, i pari grado, gli inferiori ed i datori di lavoro mentre il d.d.l. n. 6410 inoltrato il 30 settembre 1999 esclude gli inferiori in aperto contrasto con le acquisizioni in materia di psicologia del lavoro; (154) il d.d.l. n. 6410 elenca sì una serie di comportamenti rilevanti ma rinvia ad un decreto da emanarsi da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali l’individuazione delle fattispecie più rilevanti (155); in tema di annullabilità di atti e di decisioni riconducibili al mobbing nel d.d.l. 6410 manca il riferimento all’articolo 2113 c.c. presente invece nel d.d.l. n. 4265; ancora in tema di pubblicità dei provvedimenti giudiziali nel d.d.l. n. 6410 si parla di informazione del provvedimento di condanna e non anche di quello d’assoluzione come si ritrova invece nel d.d.l. n. 4265. Ancora il d.d.l. n. 4313 presentato il 2 novembre 1999 si caratterizza per la previsione della cd condotta di strategia societaria illecita, per l’accertamento clinico affidato a consulenti e psicologi esterni, per l’istituzione presso la Camera di Commercio di uno sportello contro gli abusi nei posti di lavoro e per l’obbligo d’informativa al Ministero delle pari opportunità di atti di mobbing riconducibili a discriminazione sessuale, mentre è peculiare al d.d.l. n. 4512 l’istituzione di organi interni aventi come membri un rappresentante del datore di lavoro, uno dei lavoratori ed un esperto nominato dall’ASL competente per territorio. Orbene, nella prospettiva di emanare una disciplina organica ed unitaria per il mobbing, a parere di chi scrive, sembrerebbe opportuno adottare la struttura comune e selezionare le varianti più originali delle diverse proposte, guidati magari dai criteri suggeriti dalla risoluzione del Parlamento Europeo A 5 - 0283 /2001 (2001/2339 (INI) e da eventuali accorgimenti positivamente collaudati in sede di prassi. 8. Iniziative conSat, 5 Dec 2009 19:40:34 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8404&forum=55LA CORTE DI CASSAZIONE FISSA GLI ESTREMI DEL MOBBING CON SENTENZA N° 4477/2006 [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8403&forum=55
Mobbing:: LA CORTE DI CASSAZIONE FISSA GLI ESTREMI DEL MOBBING CON SENTENZA N° 4477/2006<br />
Con la Sentenza n. 4477/2006, la Corte di Cassazione ha individuato i connotati della condotta datoriale idonei ad integrare l’illecito del datore di lavoro nei confronti del lavoratore. Anche se la sentenza non è stata favorevole al lavoratore, si tratta di una sentenza importante in quanto definisce quali sono i comportamenti del datore di lavoro che possono essere considerati condotta mobbizzante. Si può definire mobbing la condotta datoriale, protratta nel tempo e con le caratteristiche della persecuzione finalizzata all´emarginazione del dipendente. Essa può realizzarsi con comportamenti datoriali, materiali o provvedimentali, indipendentemente dall´inadempimento di specifichi obblighi contrattuali o dalla violazione di specifiche norme attinenti alla tutela del lavoratore subordinato. Inoltre, la Suprema Corte ha specificato che la sussistenza della lesione del bene protetto e delle sue conseguenze deve essere verificata, procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi, considerando l´idoneità offensiva della condotta, che può essere dimostrata, per la sistematicità e durata dell´azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa. Pertanto, per ottenere il risarcimento da mobbing, il lavoratore deve dimostrare che l´intento persecutorio del datore di lavoro è diventato una regola : un comportamento non occasionale, quindi, ma duraturo nel tempo, di natura vessatoria tale da comportare una lesione dell´integrità fisica e della personalità morale del lavoratoreSat, 5 Dec 2009 19:39:17 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8403&forum=55CONSIDERAZIONI SUI PRIMI CASI DI ”MOBBING” PERVENUTI ALLA SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8402&forum=55
Mobbing:: CONSIDERAZIONI SUI PRIMI CASI DI "MOBBING" PERVENUTI ALLA SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE<br />
CONSIDERAZIONI SUI PRIMI CASI DI ”MOBBING” PERVENUTI ALLA SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE<br /><br /><br />Citarella G.*, Cristiano A.*, De Luca M.G.*, Iugoli A.R.**Dirigente Medico Inail <br />Definizione<br />Il Mobbing ( dall’inglese to mobb, assalire tumultuosamente) è l’insieme delle azioni, che possiamo chiamare comunicazioni, negative nei confronti di una o più persone, per una certa durata e con una certa frequenza sul posto di lavoro. <br />Cenni storici<br />I primi studi sul mobbing , come terrore psicologico sul luogo di lavoro, responsabile di patologie per chi lo subisce, sono stati effettuati dallo psicologo tedesco Heinz Leyman che nel 1986 ha illustrato in un libro le conseguenze soprattutto sulla sfera neuropsichica di chi è esposto ad un comportamento ostile protratto nel tempo da parte dei superiori e dei vicini di scrivania .Leyman ha curato nel corso della sua carriera 1300 vittime di soprusi sul luogo di lavoro e nel 1992 ha coordinato la prima indagine sul mobbing.In Svezia, paese dove si era trasferito negli anni ’50, il 3,5 per cento dei lavoratori su una popolazione attiva di 4,4 milioni di persone soffriva o aveva sofferto di persecuzioni da parte di colleghi per un periodo della durata media di 15 mesi.Rapidamente le tesi di Leyman si sono diffuse in tutto il nord Europa conquistando credito soprattutto in Germania, dove il Mobbing, è stato studiato in maniera approfondita anche in ambito universitario. In questo Paese i danni alla salute determinati dal mobbing sono oggetto di cura anche nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale e sono considerati come vera e propria malattia professionale. Attualmente, secondo una indagine campione effettuata nel’98 nei Paesi dell‘Unione Europea , l’8,1% dei lavoratori ( oltre 12 milioni di persone ) ha sopportato angherie e attacchi vessatori in ambienti lavorativo negli ultimi 12 mesi (dati relativi al febbraio del ’99 ). <br />Tipologia<br /><br />TAB.1<br />MOBBING VERTICALE· Il superiore vittimizza il subordinato ;· Il comportamento vessatorio del superiore si accentra su di un dipendente per volta fino alla distruzione dell’intero gruppo ;· Un gruppo di dipendenti vittimizza un superiore di reparto, ufficio, servizio. <br />MOBBING ORIZZONTALE<br />· L’azione di mobbing avviene all’interno di un gruppo quando uno dei componenti diventa oggetto di discriminazioni e di aggressività in conseguenza di gelosie e /o invidie o altro. MOBBING STRATEGICO o BOSSING· Una forma di vittimizzazione verticale che ha come unico bersaglio l’eliminazione di soggetti dall’azienda. <br />Meccanismi del mobbing<br />La comunicazione negativa che è alla base del mobbing e si può manifestare in varie forme: a) IsolamentoConsiste nell’isolamento sistematico della persona che si può realizzare o con il confinamento fisico in ambienti ristretti lontani dai centri operativi e/o privi di idonei strumenti per svolgere la propria attività ( scrivania o telefono ) esempio tipico è quello che si è verificato nella Palazzina Laf a Taranto; altra forma di isolamento è quella di tipo verbale e si realizza negando deliberatamente informazioni relative al lavoro e/o fornendo informazioni non corrette al riguardo. b) CalunniaConsiste nel diffamare un lavoratore , attaccando la sua reputazione in modo del tutto subdolo, senza affrontarlo direttamente e facendo divulgare un’opinione, un “ mito psicologico “ sul suo conto : non è importante che sia vero o no, ma che i colleghi lo credano. c) DemansionamentoIl Demansionamento, una pratica molto diffusa che priva la persona del proprio ruolo lavorativo specifico dequalificandola oppure impedendole in maniera deliberata l’ esecuzione del lavoro. d) Ultima modalità è quella rappresentata dalle molestie sessuali. <br />Fasi del mobbing<br />Leyman, in base alla esperienza acquisita nei paesi del NORD Europa, ha distinto quattro fasi attraverso le quali si sviluppa il mobbing: a) Prima Fase - segnali premonitori:il primo segnale, che non andrebbe sottovalutato , è da ricercare nel brusco cambiamento dei rapporti interpersonali nell’ambiente di lavoro Spesso tali problemi insorgono quando all’interno del gruppo lavorativo subentra una persona neoassunta o quando un dipendente riceve una promozione. Può succedere allora che la vittima fino a quel momento rispettata ed apprezzata riceva delle critiche in merito al proprio lavoro. b) Seconda Fase - mobbing e stigmatizzazione: è questa la fase del mobbing conclamato; la vittima subisce continui attacchi da parte di un superiore e/o dei colleghi. Le aggressioni pressochè giornaliere hanno lo scopo di ledere la reputazione e la dignità della vittima, ridurne la fiducia in se stessa impedirle ogni forma di comunicazione, c) Terza Fase - il caso diventa ufficiale:quando questa situazione viene riconosciuta e segnalata all’ufficio del personale, viene aperta un’inchiesta e il caso diviene allora ufficiale. Molto spesso però quando vengono interpellati i colleghi per chiedere informazioni a riguardo, questi tendono a colpevolizzare ulteriormente la vittima imputando la causa del problema alla sua personalità piuttosto che a condizioni esterne oggettive. c) Quarta Fase - allontanamento:è a questo punto che la vittima è totalmente isolata da ciò che succede nell’ambiente lavorativo, viene dequalificata professionalmente, le vengono assegnati incarichi lavorativi di scarso rilievo e poco gratificanti. La persona va incontro così ad un lungo periodo di malessere generale caratterizzato da disturbi di tipo depressivo e psicosomatici . A livello lavorativo tale situazione può portare al licenziamento o alle dimissioni. <br />Aspetti eziologici del mobbing<br />a) Aspetti psicologiciVari meccanismi psicologici possono essere alla base del mobbing. A tale proposito si è rilevato che le personalità degli aggressori presentano diverse caratteristiche in comune quali superficialità e buon livello intellettivo , inaffidabilità, mancanza di sincerità, mancanza di sensi di colpa e di rimorso, incapacità ad apprendere dall’esperienza, egocentrismo patologico, incapacità ad interessarsi degli altri , mancanza totale di introspezione. La vittima invece ++++ b) Aspetti OrganizzativiE’ di primaria importanza considerare anche gli aspetti organizzativi dell’ambiente di lavoro. A tale fine sarebbe utile anche se non facilmente attuabile individuare il confine tra una gestione manageriale rigida ma finalizzata al buon andamento dell’azienda e l’inizio del mobbing che invece dovrebbe essere una vessazione fine a se stessa.Le carenze organizzative tuttavia quali la mancanza di un sistema di informazione interna efficiente e capillare, il carico di lavoro mal distribuito, il tipo di prestazione lavorativa richiesta , a volte inadeguata per eccesso o per difetto alle caratteristiche individuali di predisposizione e/o di preparazione professionale e ancora l’atteggiamento tenuto dal datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, comportano alla fine la stessa conseguenza , la demolizione del senso di appartenenza dell’individuo all’organizzazione, la perdita cioè dell’entusiasmo derivante dalla sensazione di sentirsi parte di una squadra vincente.Nella Pubblica Amministrazione in particolare l’appartenenza è la radice della cultura organizzativa, dell’elemento cioè che costituisce la premessa e la condizione imprescindibile del successo di qualsiasi intervento riformatore.E’ l’appartenenza infatti che integra il consenso necessario ad assicurare la copertura culturale delle leggi di riforma dell’amministrazione pubblica: senza questo consenso detta riforma rimarrebbe un puro esercizio d’accademia o, peggio potrebbe sembrare addirittura una forma di violenza istituzionale. Non a caso è stato visto che la diversificazione dell’esperienza professionale propria della cultura americana non attecchisce in ambito europeo o giapponese dove è forte la cultura dell’immedesimazione nell’esperienza professionale . c) BossingIl bossing è una forma di terrorismo psicologico che viene programmato dall’azienda stessa o dai vertici dirigenziali ai danni di dipendenti divenuti in qualche modo scomodi che devono essere licenziati o allontanati . Il mobbing dunque si trasforma in una vera e propria politica aziendale assumendo i caratteri di paradossale normalità ed ineluttabilità.Nell’ambito del settore lavorativo privato allorchè una azienda è in crisi, nell’ottica di una riduzione del personale verranno favoriti dapprima i pensionamenti anticipati e le dimissioni volontarie mediante allettanti buonuscite, successivamente sarà adottata una strategia mirata a demotivare e dequalificare le persone che saranno pertanto indotte al licenziamento. Nel settore pubblico e statale le motivazioni del bossing non seguono la logica del profitto e quindi non sono di tipo economico ma politiche o ideologiche. <br />Sintomatologia e conseguenze in ambito sociale<br />Nelle tabelle successive è possibile evidenziare la sintomatologia soggettiva e oggettiva dei soggetti mobizzati e le conseguenze sociali a lungo termine in ambiente lavorativo .<br />SINTOMATOLOGIA SOGGETTIVA<br />TAB.2<br /><br />INIZIALE AUTOCOLPEVOLIZZAZIONE<br />“in che cosa sono responsabile della situazione che si è creata?”“in che cosa ho sbagliato?”“che cosa non capisco di quanto sta accadendo?” <br />SOLITUDINE - UNICITA’ DELL’ESPERIENZA<br />“agli altri non può succedere” <br />SVALUTAZIONE PERSONALE<br />“non sono all’altezza della situazione” DISTURBI PIU’ FREQUENTEMENTE OSSERVATI TAB.3 *Depressione*Ansia* Disturbi del sonno*Attacchi di panico*Isolamento*Sensazione di depersonalizzazione*Cefalea*Vertigini*Disturbi gastrointestinali*Senso di oppressione toracica*Tachicardia*Manifestazioni dermatologiche*Disturbi della sessualità*Disturbi alimentari ( anoressia- bulimia )*Abuso di alcool, fumo e farmaci*Reazioni aggressive*Totale passività TAB. 4 POSSIBILI CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE IN AMBITO SOCIALE PER I SOGGETTI VITTIME DI MOLESTIE MORALI NELL’AMBITO LAVORATIVO PROTRATTE PER ANNI 1. A LIVELLO AMBIENTALE Estensione a livello degli ambienti extralavorativi dei vissuti di:· Non intelligibilità delle situazioni· Rottura dei rapporti tra azioni compiute e risultati ottenuti· Non accettabilità della vittima nel sociale· Ostilità e sospettosità sia intra che extra ambiente di lavoro. 2. A LIVELLO INTERPERSONALE Grave compromissione dei ruoli extralavorativi, coniugali, parentali, filiali, sociali risultanti in separazioni, abbandoni, isolamento 3. A LIVELLO PERSONALE* Perdita dell’autostima * Maggior facilità a contrarre malattie * Assunzione del ruolo di invalido <br />Il Mobbing nell’ambito medico-legale<br />Il mobbing ha significative conseguenze negative sullo stato di salute delle vittime causando nelle stesse uno stato di disagio psicologico e facilitando l’insorgenza di malattie psico-somatiche che possono sfociare, nelle forme più gravi, in quadri conclamati di depressione.Definito per grandi linee il fenomeno, emerge la necessità dal punto di vista medico-legale , di seguire la nota criteriologia del rapporto di causalità materiale tra evento giuridicamente rilevante e danno alla persona da mobbing rispondendo ai seguenti quesiti:- Se vi sia malattia da mobbing;- Se questa abbia dato origine ad un danno alla persona e di che tipo;- Se quest’ultimo sia accertabile e quantificabile medico-legalmente;- Se abbia una connotazione temporanea o permanente, - Se il comportamento del datore di lavoro ( bossing) sia censurabile;Per quanto attiene il primo ed il secondo quesito è indubbio che il danno all’integrità della persona derivato dal mobbing coinvolga la sfera psichica e, come tale, in base alle esperienze raccolte , viene definito attualmente come un “ Disturbo dell’Adattamento ” secondo il DSM IV.Perché avvenga questo inquadramento devono, però, essere soddisfatti alcuni requisiti ben precisi e cioè a) devono essere presenti uno o più fattori stressanti psicosociali alla base dei sintomi emotivi e comportamentali (caratterizzati da umore depresso, ansia, ecc.) b) la condotta aggressiva deve essere presente da almeno sei mesi; c) i sintomi devono svilupparsi entro tre mesi dall’inizio dei fattori stressanti.Da considerare, inoltre, che il mobbing può esplicitarsi in diverse tipologie a seconda dei sintomi predominanti ( umore depresso, ansia, alterazione della condotta, forme miste ).Nei casi più gravi si può giungere fino ad un “ Disturbo post- traumatico da stress ”, sempre nell’ambito del DSM IV caratterizzato da una maggiore compromissione dell’affettività, un marcato disagio nella vita di relazione, una cronicizzazione dei disturbi anche dopo la rimozione degli eventi stressogeni.Nell’inquadramento nosografico dei disturbi da mobbing è fondamentale quindi il ruolo che assumono gli specialisti psichiatri particolarmente nell’esclusione di patologie mentali di ben altra rilevanza quali forme schizoidi o paranoia. Per quanto attiene invece, l’influenza di possibili concause nell’insorgenza della malattia, la giurisprudenza ha più volte ribadito che la struttura della personalità del soggetto e la sua fragilità psicologica non costituiscono in sé elementi in grado di escludere o interrompere il rapporto etiologico tra l’atto illecito e il disturbo clinico ( Cass. 5 Novembre 1999, n.12339; T. di Milano 21 aprile 1998, in Riv. Crit. Dir. Lav. 1998, 957)Una volta connotata la malattia è necessario collegare alle azioni di mobbing l’insorgenza dei suddetti disturbi psichici.La giurisprudenza partendo dalla nozione di danno biologico- cioè di pregiudizio comunque incidente sul complessivo “ valore-uomo ”- ha delineato una figura autonoma di danno psichico quando ha più volte ribadito che una turbativa psichica può essere causata da ritmi e da carichi di lavoro eccessivi, dalla mancata crescita professionale e dalla forzata inattività, dalla discriminazione e dalla molestia sessuale.Non vi è quindi alcun dubbio che sia giuridicamente configurabile un danno all’integrità psico-fisica, e specificamente alla salute psichica, nei confronti della vittima di una condotta ostile ed ingiustamente persecutoria .In merito il Tribunale di Milano in una sua pronuncia del 14 dicembre 1995 ribadiva la “ risarcibilità del danno che si manifesta come una malattia psichica corrispondente alla consolidata nosografia psichiatrica, ma anche la possibilità di apprestare il rimedio risarcitorio per le conseguenze di una lesione che, senza assurgere alla rilevanza di una specifica patologia, ugualmente investe la psiche del soggetto, condizionandola e provocando reazioni che possono coinvolgere, sia pure per riflesso, anche la sfera psichica ”.Anche nell’ambito della Cassazione ( Cass. Civ. n.11096, sez. III, 10 ottobre 1992) i giudici di merito hanno confermato che un danno che si estrinseca in una malattia psichica può certamente essere considerato “ un danno risarcibile, anche se si presenteranno comunque problemi non lievi nella ricostruzione del nesso causale con una condotta illecita da individuarsi come causa rispetto al complesso di stimoli ambientali che alimentano la vita psichica di ogni essere umano, e nella sua quantificazione”.Una volta riconosciuta la risarcibilità del danno psichico ci si chiede come valutare il danno che non assurge a livello di patologia psichiatrica ma che ugualmente investe la psiche del soggetto incidendo sulla suo benessere.E’ questo un danno senza rilevanza giuridica solo perché temporaneo e non permanente e solo perché non impedisce al soggetto di svolgere in parte o del tutto la sua attività lavorativa?E’, pertanto, questa momentanea debacle del soggetto, da considerare danno, ed in caso affermativo, è risarcibile come inabilità temporanea relativa o danno biologico temporaneo?E’ suscettibile di risarcimento, quindi un danno da mobbing che prescinda dall’insorgenza di una psicopatologia apprezzabile sotto il profilo clinico e si ricolleghi, in via diretta ed immediata, alla lesione della dignità personale?A questi quesiti la giurisprudenza non ha ancora dato risposte definitive.In alcuni casi, e questo a solo titolo di conoscenza, è stato quantificato il solo danno biologico temporaneo e sono stati applicati dei correttivi in considerazione della non particolare gravità del caso e tenuto conto di altre variabili quali le condizioni di salute preesistenti, oppure, in via equitativa, è stato risarcito il solo danno emergente da mancato avanzamento di carriera, da perdita di chances, etc.Fino ad oggi l’art. 2087 del c.c. recita : “ L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ” è sembrata l’unica norma invocabile a proprio favore dal lavoratore mobbizzato unitamente all’art.41 della Costituzione che impone agli imprenditori :”il limite di non arrecare danno alla sicurezza, libertà e dignità umana del lavoratore”.Questo articolo ribadisce l’obbligo di adottare per il datore di lavoro, oltre alle misure imposte dalla normativa , non ultima la 626/94, anche tutti quegli accorgimenti suggeriti dalle conoscenze sperimentali e tecniche del momento utili a proteggere la salute e la personalità del lavoratore.Il datore di lavoro, quindi, non è liberato dalla responsabilità civile per il solo fatto di aver adottato le misure indicate dalle leggi antinfortunistiche, ma si dilata a tutelare la salute del prestatore d’opera in tutte le sue manifestazioni.L’inosservanza dell’obbligo di protezione configura un inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c.E’ principio generalmente accolto dalla giurisprudenza che il lavoratore danneggiato possa pretendere dal datore di lavoro il risarcimento dei danni subiti attivando sia un’azione contrattuale che extracontrattuale o entrambe.Anche nel caso di immotivati provvedimenti del datore di lavoro, spesso intesi come mezzi attuativi del mobbing, quali la riduzione o sottrazione di mansioni, la dequalificazione, il trasferimento ingiustificato, la giurisprudenza ha più volte fatto riferimento all’art. 2103 c.c., invalidando gli atti o i provvedimenti senza escludere la eventuale riparazione del danno alla persona derivante dall’alterazione psico-fisica e/o dalla violazione di altri beni/diritti del lavoratore.In tale prospettiva, il danno da mobbing potrebbe risultare parte integrante per la quantificazione del nocumento da insufficiente protezione, accordata sul piano reintegratorio ed economico, a favore del dipendente che sia stato costretto a rassegnare le dimissioni per sottrarsi alla persecuzione aziendale. Sul piano dell’onere probatorio attualmente sono stati presentati solo dei progetti di legge che in parte riempiono il vuoto giurisprudenziale, vuoto fortemente penalizzante per il lavoratore ove si considerino le difficoltà, i disagi e gli ostacoli che un’eventuale azione in giudizio pone.A ciò si aggiunga che, ai fini della risarcibilità , il lavoratore è tenuto a provare la sussistenza di un preciso nesso causale tra la condotta illecita del datore di lavoro e il prodursi del danno ( art. 1223 c.c. ).La Corte di Cassazione infatti ha stabilito che : “ Non equivale a prova del danno la mera potenzialità dannosa della condotta del datore di lavoro il quale, violando l’art 2103 c.c. abbia lasciato un proprio lavoratore inattivo, impedendogli l’esercizio delle mansioni proprie della qualifica di appartenenza e mortificandone la professionalità….Infatti il lavoratore che assuma di essere stato danneggiato e pretenda il risarcimento, deve assolvere l’onere della prova dell’effettiva sussistenza del danno patrimoniale, anche nella sua eventuale componente di danno alla vita di relazione e di danno biologico, non potendo limitarsi ad invocare una pronuncia equitativa ” ( Cass. 13 Agosto 1991, n. 8835). <br />Casistica<br />Negli ultimi sei mesi del corrente anno 2000 sono giunti alla S.M.G dietro precisa richiesta del Settore Malattie Professionali finalizzata allo studio della problematica, diciannove casi di mobbing come sospetta malattia professionale “non tabellata”, dei quali dieci di sesso femminile e nove di sesso maschile, di età media 43 anni, prevalentemente addetti al settore privato (dodici casi); le caratteristiche salienti dei casi sono riassunte nelle tabelle seguenti.<br />DISTRIBUZIONE PER SESSO, ETA’ E SETTORE LAVORATIVOTotale casi esaminati n. 19Età media anni 43Femmine n. 10Maschi n. 9Settore privato n. 12Settore pubblico n. 6Non indicato n.1 CARATTERISTICHE INERENTI L’ITER AMMINISTRATIVO1) Presenza di denuncia di malattia professionale n. 6 casi2) Presenza di incarico ispettivo n. 6 casi3) Istanze respinte dalle sedi INAIL n. 9 casi4) Istanze in trattamento n. 10 casi Nell’intento di monitorare il fenomeno si è cercato di mettere in evidenza Tra l’altro :1) l’esistenza di precedenti psichiatrici;2) il tipo di mobbing se verticale o orizzontale;3) la presenza o meno di un demansionamento ;4) la presenza o meno di una documentazione adeguata sia sanitaria che testimoniale. Nei dati emersi dal pur se esiguo numero dei casi ,appare con chiarezza la prevalenza di alterati rapporti con il datore di lavoro e /o con il responsabile della struttura diciotto casi piuttosto che con i colleghi.In effetti le aggressioni verbali riferite come piuttosto frequenti (sette casi) rientrano in una psicopatologia dei rapporti interpersonali tra dipendente e datore di lavoro.In sette casi viene invece lamentato un vero e proprio demansionamento ,in due casi invece viene allegato il licenziamento come forma di mobbing. <br />Per quanto attiene agli elementi oggettivi da prendere in considerazione, oltre alla diagnosi desumibile dall’anamnesi patologica e lavorativa del soggetto e dagli accertamenti psico- diagnostici si è rilevata la necessità di acquisire una documentazione adeguata anche di tipo testimoniale inerente l’ambiente lavorativo inteso in particolare come tipo di organizzazione del lavoro.<br />Emerge tuttavia anche dagli incarichi ispettivi effettuati, la obiettiva difficoltà di procedere ad un’indagine mirata e circostanziata del mobbing senza una conoscenza più approfondita degli aspetti peculiari del fenomeno che solo nei tempi più recenti ha assunto rilevanza nell’ambito del mondo del lavoro nei suo vari aspetti: scientifico, imprenditoriale e sindacale .<br />In tale contesto appare pertanto evidente la necessità di un’adeguata opera di informazione e formazione di quelle figure professionali che per il loro precipuo compito lavorativo possono osservare da vicino l’ambiente di lavoro.<br />Inquadrare il mobbing come malattia professionale implica il superamento dell’aspetto lavorativo dualistico lavoratore - datore di lavoro e l’aspetto comportamentale di azione – reazione che si esaurisce in tempi brevi e non è finalizzata ad una vera e propria opera di vessazione protratta nel tempo .<br />Pertanto nella realtà lavorativa attuale risulta sempre più importante la considerazione dell’uomo non solo come “faber” ma come “persona” inserita nel contesto sociale che interagisce con le sue aspettative e con la sua emotività. Tale aspetto che è strettamente collegato con l’organizzazione del lavoro, trova un richiamo particolare nelle recenti studi parlamentari sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.<br />Bibliografia<br />1) Harold Ege: Mobbing. Che cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro. 1996. Pitagora Editrice. Bologna 2) Harold Ege: Il mobbing in Italia.Introduzione al Mobbing culturale. 1997. Pitagora Editrice. Bologna 3) Harold Ege: I numeri del Mobbing. 1997. Pitagora Editrice. Bologna 4) Harold Ege e Maurizio Lancioni: Stress e Mobbing. 1998. Pitagora Editrice. Bologna 5) A.Grieco, L.Andreis, M.G.Cassitto, C.Fanelli, E.Fattorini, R.Giglioli, G.Legnani, P.Prandoni: <br />A. Il Mobbing: alterata interazione psicosociale sul posto di lavoro. Prime valutazioni circa l’esistenza del fenomeno in una realtà lavorativa italiana.<br /><br />B. Prevenzione Oggi – n. 2 – 1997 6) Atti del convegno dell’8/2/2000. Associazione Europea Camera dei Deputati RomaSat, 5 Dec 2009 19:37:34 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8402&forum=55Il mobber [da ADMIN ]
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Mobbing:: Il mobber<br />
In circa l´88% dei casi è coinvolto un mobber in una posizione superiore a quella della vittima, fra questi in circa il 58% dei casi il mobber è il capo che agisce da solo, mentre nel restante 30% il capo è coadiuvato nel Mobbing dai colleghi della vittima. Solo nel 10% dei casi il mobber era costituito dai colleghi. Dunque, la presenza di una persona di grado superiore nel Mobbing sembra una circostanza diffusa. Tuttavia, il ruolo del capo può essere di due tipi:- può essere lui il promotore del Mobbing, che quindi comincia per sua iniziativa e coinvolge i colleghi, che lo assecondano o lo aiutano sperando in una qualche forma di gratificazione, o semplicemente per amore del quieto vivere (sono molto rari infatti i casi in cui un collega prende le difese di una vittima di Mobbing, mettendosi così apertamente contro il capo);- il capo può tollerare il Mobbing dei colleghi, permetterlo o addirittura favorirlo: un collega mobber ha sempre bisogno di una sorta di"permesso" da parte del capo a mobbizzare qualcuno.Sia nel primo che nel secondo caso la persona in posizione superiore svolge un ruolo "chiave" per la sopravvivenza ed il progresso del Mobbing. Un tipo di mobber quantitativamente quasi irrilevante (2%) è invece il mobber che si trova in posizione inferiore a quella della vittima. Possiamo quindi pensare che in Italia esista sul posto di lavoro un certo tipo di gerarchia che tende ad essere rispettata al punto che il Mobbing dall'alto è quasi giustificato dal maggiore potere e autorità;dall'altra parte insubordinazioni tali da causare il Mobbing dal basso non sono tollerate. Questa sorta di "regola" sembra ben radicata in Italia: si tende infatti a parlare con un senso di rassegnazione ed inevitabilità riguardo ai possibili problemi di relazione sul lavoro: in pratica sembra che un superiore abbia il diritto di esercitare la sua autorità anche quando non è strettamente necessario e legittimo e che al sottoposto non resta altro da fare se non adattarsi alla situazione. Molte persone sono letteralmente abituate a subire pressioni psicologiche anche molto forti dai loro capi, e tuttavia non pensano minimamente che ciò può essere dannoso e che non è comunque legittimo. I mobber preferiscono attaccare una vittima del loro stesso sesso: due mobber uomini su tre se la prendono con una vittima uomo, mentre ben13 mobber donne su 14 mobbizzano una donna. Gli uomini inoltre sono tendenzialmente più mobber delle donne e non disdegnano però nemmeno una vittima donna: circa un terzo di mobber maschili scelgono una vittima femminile. In questi casi è ragionevole pensare che entri in gioco il fattore delle molestie sessuali, che possono configurarsi spesso come Mobbing a sfondo sessuale. Le donne invece tendono a mobbizzare quasi esclusivamente altre donne. Ciò potrebbe essere correlato al fatto che statisticamente ci sono più uomini nei ruoli responsabili, e quindi più difficili da mobbizzare, ma anche al fatto che nei confronti di un'altra donna possono subentrare più facilmente invidie e gelosie. <br /><br /><br /><br /><br />Esiste una forte tendenza da parte dei mobber a costituirsi in un piccolo gruppo di attacco: la maggioranza dei mobber dunque non ha il coraggiodi agire da solo, per cui si cerca alleati e complici. Quasi la metà (il 45,5%) delle vittime infatti sono mobbizzate da un gruppo composto da2/4 persone, e in circa un caso su quattro (ca. 26,2%) il gruppo di mobber era costituito da più di 4 persone. Il gruppo ristretto di mobber(2/ 4 persone) è di solito composto da colleghi-amici che si sentono disturbati in qualche modo dalla vittima, oppure che uno di loro si senta minacciato e che abbia ottenuto la solidarietà degli altri nella sua azione.Nei casi di mobber più numerosi, cioè di gruppi di mobber composti da più di 4 persone, invece, si può pensare che il motivo del Mobbing sia stato individuato all'interno della vittima: in genere in effetti il mobbizzato in questione ha qualcosa di diverso, che lo pone su di un altro piano rispetto agli altri (qualche idea particolare, o un titolo distudio, il gusto del suo abbigliamento, il suo carattere, la sua provenienza, etc). In netta minoranza rispetto agli altri casi sono invecele situazioni che vedono un unico mobber agire in modo autonomo (ca.19,9%). La scarsa incidenza di questo mobber solitario è sicuramente dovuta al fatto che molti mobber cercano e ottengono in vari modi l'aiuto e la collaborazione di altri colleghi, diventando agli occhi della vittima, parte di un gruppo di aggressori. Ancora più raro è il caso in cui tutto il reparto o il gruppo di lavoro risulti coalizzato contro la vittima(ca. 8,3%). Queste situazioni vedono di solito il mobbizzato ricoprire il ruolo del capro espiatorio, cioè della vittima sacrificale su cui vengono fatte ricadere tutte le mancanze dell'ufficio o del reparto.Sat, 5 Dec 2009 19:29:19 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8400&forum=55GUARDIE GIURATE: DENUNCIA PER MOBBING SU UN DISABILE. [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8399&forum=55
Mobbing:: GUARDIE GIURATE: DENUNCIA PER MOBBING SU UN DISABILE.<br />
GUARDIE GIURATE: DENUNCIA PER MOBBING SU UN DISABILE. BONELLI, APRIRE INCHIESTA PRESSO LA ASL RM/E<br /><br />Roma, 18 mar (Adnkronos) - Un episodio di mobbing nei confronti di una guardia giurata da parte dell’Istituto di vigilanza presso il quale effettua turni di otto ore piantonamento fisso antirapina, nonostante il riconoscimento di invalidità civile è denunciato in una interrogazione al Presidente del Consiglio Regionale del Lazio dal Capogruppo dei Verdi, Angelo Bonelli. La denuncia fa presente come Claudio Sinigagliesi, assunto in base alla legge 68/99 presso l’azienda Sipro di Roma, ed al quale “è stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore ai due terzi” sia stato sottoposto a “ continue e reiterate azioni di vessazione da parte della ditta, iniziate con la richiesta di un accertamento sanitario diretto a verificare l’idoneità dell’invalido a svolgere specifiche mansioni, proseguite con i ripetuti provvedimenti di trasferimento di sede e con mansioni incompatibili con lo stato di minorazione del lavoratore”. Bonelli chiede quindi quali misure si intendano intraprendere “ perché sia garantita e rispettata la disciplina di avviamento al lavoro dei lavoratori disabili” e se non ritengano necessario “aprire un’inchiesta presso la Asl RM/E per verificare se l’istruttoria sia stata condotta con l’intento di verificare unicamente che la menomazione della capacità lavorativa del lavoratore non presenti caratteristiche tali da poter riuscire di pregiudizio alla sicurezza degli impianti”. <br />Cic/Sin (Adnkronos)<br /><br /><br />Fonte ADNKRONOSSat, 5 Dec 2009 19:28:16 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8399&forum=55Tutto mobbing,siti e riferimenti utili [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8398&forum=55
Mobbing:: Tutto mobbing,siti e riferimenti utili<br />
TUTTO MOBBING <br /><br /><br />· Elenco delle principali strutture sindacali che combattono il mobbing· Indirizzi delle principali strutture per consulenze sul mobbing.· Associazioni italiane.· Iniziative per superare i problemi causati dal mobbing.· Link a siti di mobbing Elenco delle principali strutture sindacali che combattono il mobbing Sportello Anti mobbing Rdb Cub <br />Il sindacato Rdb Cub apre ogni giovedì dalle 15 alle 17.30 uno sportello di assistenza gratuita per atti di mobbing. Sede in via Camporese 118/93 rione Pertini, Venezia. <br /><br />Tel. 041/5312250, fax 041/5314446. <br /><br />Centro Regionale Sicurezza sul Lavoro INAIL/CGIL-CISL-UIL <br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Numeri Verdi, Sportelli e siti CGIL <br />1) 800.325500 Fisac /Cgil Campania (dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 12.00)<br /><br />Sito web: <a href="http://www.cgil.it/fisac.campania/mobbing/index.htm" title="http://www.cgil.it/fisac.campania/mobbing/index.htm" rel="external">http://www.cgil.it/fisac.campania/mobbing/index.htm</a><br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />2) 800.255.955 Filcams/Cgil Roma centro,<br /><br />e.mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br />3) 055.5036257 Cgil Toscana (mercoledì 9.30/12.30) via Pier Capponi,7 - Firenze<br /><br />Sito web: <a href="http://www.cgiltoscana.it/dip/dps/mobbing.htm" title="http://www.cgiltoscana.it/dip/dps/mobbing.htm" rel="external">http://www.cgiltoscana.it/dip/dps/mobbing.htm</a><br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />4) Cgil Udine/Gemona 0432.550111 (rispettavamente 1° e 3° martedì del mese,<br /><br />14.30/18.30-ultimo mercoledì del mese 14.30/18.30)<br /><br /><br />5) Cgil-FP Ragusa 0932.656233 (giovedì 17.00/19.00) Vico Cairoli (Palazzo Cocim)<br /><br /><br />6) Cgil Pomezia 0349.5935729 (mercoledì 15.00/18.00)<br /><br /><br />7) Cgil Torino 011.2442256 , Via Pedrotti, 5 (martedì e giovedì 14.30/19.00)<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>zzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo it <br />8) APIM (Ascolto, Prevenzione, Informazione Mobbing)<br /><br />Cgil Scuola Torino, Via Duchessa Jolanda, 38<br /><br /><br />9) Cgil Milano 02.550.25208/02.550.25423<br /><br /><br />10) Cgil Genova 010-60281 (lunedì dalle 14.00 alle 18.00 e martedì dalle 9.00 alle 13.00)<br /><br />11) Servizio di assistenza antimobbing presso tutti gli "Sportello Rosa" della Filcams Cgi<br /><br />Tel. 081 2449811 - 0817322394 - 0818032338.<br /><br /><br />Sportello contro il mobbing della UIL enti locali<br /><br />Sede: Via R. D'Andreotto, 5a - Perugia<br /><br />Tel. 0755730115 - Fax 0755732148<br /><br /><br />Dipartimento Mobbing della UIL Poteri Locali <br /><br />Sede: Via Ostiense, 115 - 00154 Roma<br /><br />Tel. 065717211<br /><br />Responsabile: Eleonora Maggi.<br /><br /><br />Centro di Ascolto Mobbing della UILPA INPS del Lazio<br /><br />Responsabile: Carla Del Bono<br /><br />Via Soderini, 2 - 00184 Roma<br /><br />Tel. 3803156469<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Sportello Mobbing della UILCA di Roma <br />Responsabile: Gianfranco Di Ludovico<br /><br />Via del Tritone, 102 - 00187 Roma<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />Sportello Mobbing Uil Belluno<br /><br />Sede: Via Loreto 26, Belluno<br /><br />Sabato dalle 14,30 alle 18 (previo appuntamento)<br /><br />cell: 335-6096959 <br /><br />e.mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />Osservatorio Provinciale sul disagio lavorativo della UILCA Veneto<br /><br />Sede: Via Giolfino, 10 - 37133 Verona<br /><br />Tel. 045.84.86.748<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>irizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Sito web: <a href="http://www.uilca.veneto.it/mobbing" title="http://www.uilca.veneto.it/mobbing" rel="external">http://www.uilca.veneto.it/mobbing</a><br /><br />Responsabile: Fulvio Smacchia<br /><br /><br />Sportello "Volare" della UILTUCS Milano<br /><br />Sede:Via Campanini 7, 20124 Milano, Tel.02671102350 Sito web: <a href="http://www.uiltucslombardia.it" title="www.uiltucslombardia.it" rel="external">www.uiltucslombardia.it</a> <br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />SOS Mobbing della UILTUCS Milano<br /><br />Sede: Via Salvini, 4 - 20100 Milano<br /><br />Tel. 02760679207<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Responsabile: Gianluca Gazzo<br /><br />Dalle 9 alle 18.30 da Lun. a ven., anche sabato mattina<br /><br /><br />Sportello Telematico sul mobbing della UIL Lombardia<br /><br />Sito web: <a href="http://www.uil.it/uil_lombardia/" title="http://www.uil.it/uil_lombardia/" rel="external">http://www.uil.it/uil_lombardia/</a><br /><br />Responsabile: Serena Bontempelli<br /><br /><br />UIL Veneto Sportello d'ascolto Mobbing<br /><br />Sede: Via Bembo, 2/b - 30172 Venezia Mestre<br /><br />Tel. 0412905311<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Sito web: <a href="http://www.contromobbing.it" title="http://www.contromobbing.it" rel="external">http://www.contromobbing.it</a><br /><br />Responsabile: Umberto Billo<br /><br />Attivo il martedì dalle 15.00 alle 18.00<br /><br /><br />UIL Friuli Venezia Giulia <br /><br />Punto Ascolto Mobbing -Adoc <br /><br />Sede: Via Rossini 16 - 34170 Gorizia<br /><br />Responsabile: Ugo Previti<br /><br />Equipe di supporto: dott.ssa Luisa Sguazzi<br /><br />Tel.:0481/534107<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Sportello Mobbing della Uil di Trieste <br />Responsabile: Marino Kermac<br /><br />Via Polonio, 5 - 34125 Trieste<br /><br />Tel. 040 660994 E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br />Sportello antimobbing SAM Uil Trento<br /><br />Responsabile: Anna Maria Belluccio<br /><br />Tel. 0461981770 - Fax 0461981055<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />UIL Piemonte<br /><br />Centro Ascolto Mobbing Sede: Unione Regionale - <br /><br />Via Bologna 11 - 10122 Torino <br /><br />Tel. 011/2417178<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>irizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Sito internet: <a href="http://www.uilpiemonte.com" title="http://www.uilpiemonte.com" rel="external">http://www.uilpiemonte.com</a><br /><br /><br />Centro di Ascolto Mobbing Uil Emilia Romagna<br /><br />RAVENNA<br /><br />Responsabile: Barbara Camerani<br /><br />Via Le Corbusier, 29 - 48100 Ravenna<br /><br />Tel. 0544292257<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />Centro di Ascolto Mobbing Uil Umbria<br /><br />PERUGIA<br /><br />Centro di Ascolto della UIL Umbria<br /><br />Responsabile: Angelo Garofalo<br /><br />Via R. D’Andreotto, 5 06124 Perugia<br /><br />Tel. 0755730115<br /><br />fax 075/5732148 <br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />UIL Abruzzo<br /><br />Sportello UIL Abruzzo "Mobbing Alt" Sede: Via Venezia 28 - 65100 Pescara<br /><br />Numero verde: 800991961<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />UIL Lazio<br /><br />Centro Ascolto Mobbing UIL<br /><br />Responsabile Francesca Scalzo<br /><br />Via Cavour 108 - 00184 Roma<br /><br />Segreteria: Tel. 06/486441<br /><br /><br />UIL Campania<br /><br />Punto di Ascolto Mobbing<br /><br />Responsabile: Ernesto Festa<br /><br />P.le Immacolatella Nuova, 5 - 80133 Napoli <br /><br />Tel. 081/2252425<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />UIL Puglia<br /><br />BARI<br /><br />Sede: Piazza A. Moro, 14 - 70122 <br /><br />Responsabile: Nicola Russo<br /><br />Equipe di supporto: avv. Nicola Putignano; dott. Donato Lauria; <br /><br />Tel: 080/5240392 - 5242654<br /><br />E-mail: urpuglia@uil.<br /><br /><br />LECCE<br /><br />Centro di Ascolto della UILCA di Lecce<br /><br />Responsabile: Oronzo Pedio<br /><br />Numero Verde: 800915079<br /><br /><br />UIL Calabria<br /><br />Unione Regionale Calabria<br /><br />numero verde Mobbing 800905356<br /><br />Responsabile Antonella Cittadino<br /><br /><br />Sportello mobbing della UIL Milano <br /><br />Sede: Via Mauro Macchi, 27 - 20100 Milano<br /><br />Tel. 02/67713104<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Responsabile: Michela Rusciano<br /><br />Equipe di supporto: dott. Francesco Bova<br /><br />avvocato Velia Addonizio<br /><br /><br />SOS Mobbing della UIL di Como<br /><br />Sede: Via Giulini, 8 - 22100 Como<br /><br />Tel. 031273295 Fax 031264132<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Responsabili: Raffaele Genio - Dario Gaetano Mazzola<br /><br /><br />Centro d'ascolto mobbing della UIL di Mantova<br /><br />Responsabile: Rosa Calvetti<br /><br />Via Cremona, 27 - 46100 Mantova<br /><br />Tel. 0376384910<br /><br /><br />UIL Firenze <br /><br />Centro Mobbing<br /><br />Sede: Via Luigi Alamanni, 25 - 50131 Firenze <br /><br />Responsabile: Irene D'Acampora<br /><br />Tel. 055/288188<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />UIL Siena <br />Centro Ascolto Mobbing UIL Siena<br /><br />Responsabile: Letizia Pacenti<br /><br />Equipe di supporto: dott.ssa Monica Zecchini - Avv. Michele Cortazzo<br /><br /><br />UIL Palermo<br /><br />Sede: Via E. Albanese, 92a - 90100 Palermo<br /><br />Tel. 091589322 Fax 0916110092<br /><br />Responsabile: Pietrangela Iandolino<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />UIL Catania<br /><br />Sede: Via A. Di Sangiuliano, 365 - 95214 Catania<br /><br />Tel. 095310185<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Responsabile: Giuseppina Carlino<br /><br /><br />UIL Post<br /><br />via Po 1, Cagliari, tel. o fax 070/270939<br /><br />vico Umberto Oristano, tel. o fax 0783/301002 <br /><br />e-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Sportello Mobbing Firenze <br />c/o Ufficio Controversie Individuali di Lavoro della FIST-CISL Corso Tintori, 29 - Firenze Tel.055-2768986 via Ricasoli, 36 Firenze Tel. 055-211582.<br /><br /><br />Sportello Nazionale Mobbing <br /><br />c/o CISL:<br /><br />Via Po 21 - 00198 Roma <br /><br />Tel. 06 / 8473329 cell. 330967012<br /><br />Fax 06 / 84.73.432<br /><br />e-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />c/o INAS:<br /><br />Viale Regina Margherita 83d - 00198 Roma (25+1)<br /><br />e-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto il mercoledì dalle ore 9 alle ore 17<br /><br />Dipartimento Politiche Sociali<br /><br />Tel 064385552 - Fax 068547856<br /><br /><br />c/o Associazione Progetto Quadri Cisl<br /><br />Viale Castro Pretorio 116 - 00185<br /><br />e-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Tel. 0644701884 Fax 0644701885 <br /><br />Aperto il mercoledì dalle ore 17.30 alle ore 18.30<br /><br />Responsabile: Fernando Cecchini <br /><br /><br />CISL UST (Liguria)<br /><br />Via Des Geneys n.8 - 18100 Imperia<br /><br />Tel. 0183720100 Fax 0183275216<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: mercoledi, giovedi, venerdi dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00<br /><br />Responsabile: Marina Tranchina<br /><br /><br />CISL Genova (Liguria)<br /><br />Via Campetto n.1 - 16100 Genova <br /><br />Tel. 0102472541 cell. 3493276394 <br /><br />Fax 0102475370<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: giovedì, dalle 16.30 alle 18.00 o su appuntamento<br /><br />Responsabile: dott. G. Burlando<br /><br /><br />CISL FPS (Piemonte)<br /><br />Via Volturno 11/e - 10100 Torino<br /><br />Tel.0116608037 Fax 0116608025<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Telefonare per appuntamento<br /><br />Responsabile: Antonio Romano<br /><br /><br />UST VERBANIA (Piemonte)<br /><br />Via Farinelli 6/a - 28921 Verbania<br /><br />Tel. 0323402495 Fax 032340517<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Telefonare per appuntamento<br /><br />Responsabile: Luca Bersi <br /><br /><br />CISL Torino (Piemonte)<br /><br />Ufficio vertenze via Barbaroux 43 - 101222 Torino<br /><br />Tel. 011533951 <br /><br />Fax 011545797<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Telefonare per appuntamento<br /><br />Responsabile: Gaetano Quadrelli <br /><br /><br />CISL FPS (Lombardia)<br /><br />Via Quattro giugno 54 - 20013 Magenta (Mi)<br /><br />Tel. 029729298391 Fax 029793451<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: venerdi pomeriggio<br /><br />Responsabile: Stefano Settimo<br /><br /><br />UST MILANO (Lombardia)<br /><br />"Centro d'ascolto per la dignità del lavoro"<br /><br />Via Benedetto Marcello 18 - 20124 Milano<br /><br />Tel. 0229412343<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Responsabile: dott. Anna Paola Jeri <br /><br /><br />UST Milano (Lombardia)<br /><br />"Centro d'ascolto per la dignità del lavoro"<br /><br />Via Tadino 23 - 20124 Milano<br /><br />Tel. 0220525341<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Responsabile: dott. Anna Paola Jeri <br /><br /><br />UST Brianza (Lombardia)<br /><br />Via Dante 17/a - 20052 Monza<br /><br />Tel. 0392399221<br /><br />Fax 0392300756<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Responsabile: Sergio Venezia <br /><br />UST CISL Varese (Lombardia) <br />Centroascolto Varese<br /><br />Via B. Luini, 5 - 21100 Varese<br /><br />Tel. 0332/283654 Fax 0332/240579<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: da 01/09/2003 giovedì ore 14.00 ore 18.00<br /><br />Responsabile: Mirella Palermo<br /><br /><br />UST Venezia (Veneto)<br /><br />Via Ca' Marcello - 30172 Mestre (Ve)<br /><br />Tel. 0412905960<br /><br />Fax 0412905053<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: martedi-venerdi 9.00-12.00<br /><br />Responsabile: Donatella Mognato <br /><br /><br />UST Bologna (Emilia Romagna)<br /><br />I.SO.LA.(Informazioni sul sociale e sul lavoro)<br /><br />Via Milazzo 16 - 40121 Bologna<br /><br />Tel. 051256837<br /><br />Fax 051255896<br /><br />e mail: [email protected] e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: il mercoledi del mese 17.00-19.00<br /><br />Responsabili: Barbara Barbanti <br /><br /><br />INAS CISL Modena (Emilia Romagna)<br /><br />Via Rainusso 56/58 - 41100 Modena<br /><br />Tel. 059890859<br /><br />Fax 059890899<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>irizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo - <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Responsabili: Antonella Di Iorio <br /><br /><br />Punto d'Incontro 626 - RAVENNA (Emilia Romagna)<br /><br />Via Francesco Negri, 22 - 48100 Ravenna<br /><br />Tel. 0544 210835 (Centralino 0544 39777)<br /><br />Fax 0544 34160 <br /><br />Cellulare 3392703757<br /><br />e.mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto ogni lunedì pomeriggio dalle ore 15.30 alle ore 18.30<br /><br />Responsabile: Giuliano Dal Borgo, Enrico Monti e Roberta Triossi <br /><br /><br />Punto d'Incontro 626 - FAENZA (Emilia Romagna)<br /><br />Piazza XI Febbraio, 12 - 48018 Faenza (RA)<br /><br />Tel. 0546 670911 - Fax 0546 670927 <br /><br />Cellulare 3392703757<br /><br />e.mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto ogni venerdì pomeriggio dalle ore 15.30 alle ore 18.30<br /><br />Responsabile: Giuliano Dal Borgo, Enrico Monti e Roberta Triossio <br /><br /><br />Punto d'Incontro 626 - LUGO (Emilia Romagna)<br /><br />Via G. Matteotti, 47 - 48022 LUGO (RA)<br /><br />Tel. 0545 22247 - Fax 0545 27054<br /><br />Cellulare 3392703757<br /><br />e.mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto il mercoledì dalle 16.00 alle 18.30 <br /><br />Responsabile: Giuliano Dal Borgo, Enrico Monti e Roberta Triossi <br /><br /><br />USR Toscana<br /><br />Via B. Dei 2 - 50100 Firenze(13)<br /><br />Tel. 055211582<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: mercoledi 15.00-18.00<br /><br />Responsabile: Domenico Trombino<br /><br /><br />FIBA territoriale di Firenze (Toscana)<br /><br />Via Benedetto Dei, 2/a - 50127 Firenze<br /><br />Tel. 055/4222191 - 4222267 - 4392276<br /><br />Fax 055/4392278e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo sito internet <a href="http://www.fiba.it" title="www.fiba.it" rel="external">www.fiba.it</a> <br />Aperto: Mercoledì dalle 14.30 alle 17,00<br /><br />Responsabili:Gianni Matteucci, Alessandro Poggi<br /><br /><br />UST Ascoli Piceno (Marche)<br /><br />Corso Vittorio Emanuele 37 - 63100 Ascoli Piceno(14)<br /><br />Tel. 073624951<br /><br />Fax 0736249526<br /><br />e mail: [email protected] e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: venerdi 15.00-19.00<br /><br />Responsabile: Paola Casciati<br /><br /><br />UST PESARO (Marche)<br /><br />Via Porta Rimini 11 - 61100 Pesaro(15)<br /><br />Tel. 0721380511 - Fax 072130212<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>irizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Telefonare per appuntamento<br /><br />Responsabili: Mirella Giambartolomei Silvia Silvestri<br /><br />Punto 626 mobbing "Centro disturbi dell'essere" <br />(Umbria)<br /><br />Via Larga 10 - 06123 Perugia<br /><br />Tel. 0755722104<br /><br />Fax 0755717025<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><a href="http://www.centrodisturbiessere.it" title="http://www.centrodisturbiessere.it" rel="external">http://www.centrodisturbiessere.it</a> <br /><br />Telefonare per appuntamento<br /><br />Responsabili: Silvia Meacci<br /><br /><br />Centro di ascolto USR CISL (Lazio) <br /><br />Via C. Cattaneo 23 - 00185 Roma<br /><br />Tel./Fax 0644703296<br /><br />E mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto lunedì, mercoledi, giovedì dalle 9.30 alle 11.30<br /><br />Responsabile: Gianluca Cianca<br /><br /><br />USM CISL Roma Sud Est (Lazio) <br /><br />Viale Antonio Ciamarra 5 - 00173 Roma<br /><br />Tel. 067218134 Fax 0672902521<br /><br />E mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto a lunedì alterni o su appuntamento<br /><br />Responsabile: Adele Giovinazzo<br /><br /><br />INAS CISL Frosinone (Lazio) <br /><br />Via M.T.Cicerone 70 - 03100 Frosinone<br /><br />Tel. 0775872325 fax 0775871208<br /><br />E mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto mercoledì dalle 17.30 alle 19<br /><br />Responsabili A. Paniccia , N. Piedimonte <br /><br />UST CISL Latina "sportello mobbing e punto 626" <br />(Lazio) <br /><br />Via Cairoli 10 - 04100 Latina<br /><br />Tel. 0773480000 0773479967 fax 0773480026<br /><br />E mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Internet <a href="http://www.cisllatina.it" title="www.cisllatina.it" rel="external">www.cisllatina.it</a><br /><br />Aperto lunedì e giovedì dalle 10 alle 12 a dalle 15.30 alle 17.30<br /><br />Responsabile dott.sa Emilia Menditto<br /><br /><br />UST Napoli (Campania)<br /><br />Via Medina 5 - 80133 Napoli)<br /><br />Tel. 0815515120<br /><br />Fax 0815514395<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: giorni dispari 16.00-19.00<br /><br />Responsabile: Maria Pia Emma<br /><br />USR Campania <br />Via Medina 5 - 80100 Napoli<br /><br />Tel. 0815529800<br /><br />Fax 0815519174<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: mercoledi 14 -17<br /><br />Responsabile Domenico Carozza <br /><br /><br />Sportello Mobbing Cisl Salerno (Campania)<br /><br />Via Matteo Ripa n.2, 84100 Salerno<br /><br />Tel.089/252227 <br /><br />Fax: 089/234876 o 089/239144 (attenzione Avv. Staiano)<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>irizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Apertura: giorni e orario: mercoledì dalle 17.00 alle 20.00<br /><br />Responsabile: Avv. Rocchina Staiano<br /><br /><br />UST Reggio C./FPS Reggio C. (Calabria)<br /><br />Via dei Correttori - 89100 Reggio Calabria<br /><br />Tel. 0965331789<br /><br />Fax 096300952<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: tutti i giorni 9.00-12.00<br /><br />Responsabile: Alba Sapioli<br /><br /><br />UST CISL Cosenza (Calabria)<br /><br />Via Caloprese 23 Cosenza<br /><br />Tel. 098422127 <br /><br />fax 098471017<br /><br />e mail <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Aperto: giovedì 17,00-19,00 o per appuntamento<br /><br />Responsabile: Angelo Visciglia<br /><br /><br />UST Foggia (Puglia)<br /><br />Via Trento 42 - 71100 Foggia<br /><br />Tel. 0881724388<br /><br />Fax 0881771681<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />sito internet: <a href="http://www.cislfg.isnet.it" title="www.cislfg.isnet.it" rel="external">www.cislfg.isnet.it</a><br /><br />Aperto: martedì, venerdì 17.00-19.00<br /><br />Responsabile: pasquale Cataneo, Romana Romano<br /><br /><br />INAS Oristano (Sardegna)<br /><br />Piazza Roma palazzo Sotico 3° pi. - 09170 Oristano<br /><br />Tel 078373962 - 078378955<br /><br />Fax 078373962<br /><br />e mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />sito internet: <a href="http://www.Cisloristano.it" title="www.Cisloristano.it" rel="external">www.Cisloristano.it</a><br /><br />Aperto: martedì 17.00-19.00<br /><br />Responsabile: Alessandra Pistuddi, Michela Bozzo<br /><br /><br />CISL TRAPANI (Sicilia) <br /><br />Piazza G.Ciaccio Montalto, 27<br /><br />91100 TRAPANI<br /><br />TEL. 0923/21895 - FAX 0923/21182<br /><br />e mail: smancuso @tin.it <br /><br />Giorni e orario di ricevimento:<br /><br />Lunedì 17.00 - 19.00<br /><br />Mercoledì 17.00 - 19.00<br /><br />Responsabile: Dott. Alessandra Tedesco<br /><br />Operatore Psicologo: Dott. Adriano De Martino <br /><br /><br />CISL MARSALA (Sicilia)<br /><br />Via Abele Damiani, 85<br /><br />91025 MARSALA<br /><br />TEL.- FAX 0923/953372<br /><br />Gioni e orario di ricevimento:<br /><br />Lunedì 17.00 - 19.00<br /><br />Mercoledì 17.00 - 19.00<br /><br />Responsabile: Dott. Alessandra Tedesco<br /><br />Operatore Psiciologo: Dott. Ester Sciacca <br /><br /><br />CISL Castelvetrano (Sicilia) <br /><br />Via Adua, 5<br /><br />91022 Castelvetrano<br /><br />TEL.- FAX 0923/45487<br /><br />Giorni ed orario di ricevimento:<br /><br />Lunedì 17.00 - 19.00<br /><br />Mercoledì 17.00 - 19.00<br /><br />Respinsabile: Dott. Alessandra Tedesco <br /><br />Operatore Psicologo: Dott. Nicola Corleo<br /><br />Legali: Avv. Vito Buffa - Avv. Pia Fallucca - Avv. Corrado Azzaro<br /><br /><br />UST CISL Palermo (Sicilia) <br /><br />Via Villa Heloise 10 Palermo<br /><br />Tel. 091346112<br /><br />e mail : <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />sito internet <a href="http://www.cislsicilia.it/sede_provinciale/palermo.htm" title="http://www.cislsicilia.it/sede_provinciale/palermo.htm" rel="external">http://www.cislsicilia.it/sede_provinciale/palermo.htm</a><br /><br />aperto il lunedì dalle 16,30 alle 18,00 su appuntamenti<br /><br />referente dott.sa Maria Amato <br /><br /><br />INAS CISL Messina (Sicilia) <br /><br />Viale Europa, 68 - Messina<br /><br />TEL. 090/6507617 <br /><br />martedì e giovedì 17-18<br /><br /><a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Indirizzi delle principali strutture per consulenze sul mobbing. Sportello Mobbing <br />Stampa Romana inaugura lo Sportello Mobbing, al servizio di tutti i molestati<br /><br />Piazza della Torretta, 36<br /><br />06.684027308/684027321 <br /><br /><br />Osservatorio Giuridico sul Mobbing (Firenze)<br /><br />L'Osservatorio giuridico sul mobbing, del quale fanno parte attualmente gli avvocati Federico Frediani e Antonio Pinellini, arricchisce la gamma di iniziative sorte nell'ambito del Coordinamento regionale CGIL sul mobbing.<br /><br />Tel. 055 50361 <br /><br />E.mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Ambulatorio per il Disadattamento Lavorativo <br />Medicina del lavoro - Azienda Ospedaliera<br /><br />Universitaria Pisana <br /><br />via Boschi 37 - Pisa<br /><br />Tel. 050-993809<br /><br /><br />Clinica del Lavoro L. Devoto<br /><br />Chi ritiene che il proprio benessere psicofisico venga danneggiato dall'ambiente o dalle condizioni di lavoro trova assistenza specialistica al Centro del Disadattamento Lavorativo (CDL).<br /><br />Istituti Clinici di Perfezionamento<br /><br />Clinica del Lavoro "L. Devoto",<br /><br />Via S. Barnaba, 8 - 20122 MILANO<br /><br />Tel. 02-57992644 Fax: 02-5454091<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Sito web: <a href="http://mobby2000.freeweb.supereva" title="http://mobby2000.freeweb.supereva" rel="external">http://mobby2000.freeweb.supereva</a>.<br /><br />I lavoratori possono accedere al Servizio mediante richiesta del medico di base o del medico aziendale. Per casi particolari, è previsto il ricovero in day-hospital.<br /><br />Lunedì-Venerdì: 8.30 - 12.30 13.30 - 16.00 su appuntamento.<br /><br /><br /><br />Ce.S.A.P.<br /><br />Centro Studi Abusi Psicologici<br /><br />Sede: Via B. Croce, 49 - 70015 NOCI (BA)<br /><br />Fax: 080 4979263<br /><br />Attività di ricerca e di studio delle varie forme di abuso psicologico.<br /><br /><br />ISPESL<br /><br />Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro<br /><br />Sede: Via Alessandria, 220/E - 00198 ROMA<br /><br />Centro d'ascolto per il mobbing<br /><br />Tel. 06/44280390 06/44280403<br /><br />e.mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Organizzato dal Laboratorio di Psicologia e Sociologia del Lavoro.<br /><br /><br />ll Centro clinico per il mobbing e il disagio lavorativo c/o ASL Rm/E<br /><br />Sede: Viale Tor di Quinto, 33/A - 00191 ROMA<br /><br />Tel. 06.68353576<br /><br />(solo il lunedì, mercoledì e venerdì)<br /><br />Il centro diretto dal dott. L. Pastore offre servizi di consultazione, di certificazione dello stress da mobbing ed eventualmente trattamenti di sostegno.<br /><br /><br />Centro di Psicologia del Lavoro dell'Istituto per lo Studio delle Psicoterapie (I.S.P.) di Roma<br /><br />Sede: Via Tuscia, 25 - 00191 ROMA<br /><br />tel. 06.3630.9770<br /><br />Sede: Via San Martino della Battaglia, 31 - 00185 ROMA Tel. 06.4434.0019<br /><br />Team multidisciplinare per il sostegno specialistico contro mobbing, stress e disagio lavorativo.<br /><br />Pronto Ascolto <br />tel. 06.3630.4646<br /><br />e-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />Difensore Civico della Provincia di Venezia <br /><br />Prof.ssa Teresa Lapis <br /><br />Tel. 041 / 5290608<br /><br />Centro di ascolto CARITAS Veneziana <br />Tel. 041 / 975857<br /><br /><br />Centro ascolto mobbing <br /><br />dell'Istituto superiore prevenzione e sicurezza del ministero della Sanità. Centro di ascolto e di indirizzo per vittime del mobbing. Tel. 06/44280390 - 44280403.<br /><br /><br />Artemis<br /><br />Punto d'ascolto telefonico per esporre i tuoi problemi <br /><br />per avere informazioni sui servizi del centro ARTEMIS <br /><br />per prendere un appuntamento con personale specializzato.Tel. 055 580.858. <br /><br />Martedì dalle 15,00 alle 19,00 <br /><br />Sabato dalle 9,30 alle 12,30<br /><br />Università degli Studi di Bologna <br />Facoltà di Psicologia (indirizzo di "Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni"). <br /><br />Sede: Via Zamboni, 34 - BOLOGNA <br /><br />Il Prof. Marco Depolo ha costituito un gruppo di ricerca sul mobbing.<br /><br /><br />Azienda USL di Pescara<br /><br />Sede: Via Paolini, 47 - 65124 Pescara<br /><br />Tel. 085.425.39.90/93<br /><br />Sportello "mobbing", a cura dell'Ufficio del Medico Competente, operativo ogni lunedì dalle 16.00 alle 18.30<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Il sito internet<br /><br /><br />Pordenone<br /><br />PAM - Punto di Ascolto Mobbing<br /><br />Servizio telefonico Tel. 339-7967461<br /><br /><br />Centro Antistalking Roma<br /><br />L'Associazione italiana di psicologia e criminologia e il comitato scientifico del sindacato di polizia Coisp hanno creato un telefono in aiuto delle vittime <br /><br />Tel. 0644242992 <br /><br /><a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>zzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />Telefono Rosa di Piacenza<br /><br />servizio di consulenza legale gratuitamente offerto dal centralino antiviolenze di Piacenza (0523.593333)<br /><br />Il servizio è attivo nei giorni di lunedì e mercoledì<br /><br />(ore 20-22), martedì (ore 15-17,30) e venerdì<br /><br />(ore 9-11).<br /><br /><br />Telefono Donna (Ascoli Piceno)<br /><br />800-215809<br /><br />A disposizione di tutto il territorio nazionale, è totalmente gratuito anche se si chiama da un cellulare. E se non si vuole chiamare, per timore di essere identificati attraverso la voce, si può scrivere via e-mail a <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />Sestante<br /><br />Roma via Alberico II, 35 <br /><br />066832363 <br /><br />numero verde 800330444 <br /><br />dalle 15.30 alle 19.30<br /><br />lunedì: esperto sicurezza<br /><br />martedì e mercoledì: medico psicologico sociale<br /><br />giovedì e venerdì: legale<br /><br /><br />Area Interdipartimentale di Psicosomatica e Psicologia ospedaliera<br /><br />Centro Mobbing<br /><br />Tel. 0668353576 <br /><br />lunedì mercoledì venerdì mattina<br /><br />Viale Tor di Quinto 33a, Roma<br /><br />Poliambulatorio IV piano<br /><br /><br />Sportello Mobbing APQ<br /><br />Informazioni, orientamento con personale esperto, ascolto con personale specializzato, consulenza legale gratuita per gli iscritti, assistenza legale a tariffe convenzionate per gli iscritti.<br /><br />Venerdì dalle 17 alle 19.<br /><br />Tel.: 06 8473253 - fax 06 8549627<br /><br />il numero 0330 967012 può essere utilizzato per fissare appuntamenti chiamando dal lunedì al giovedì dalle ore 18 alle ore 19. <br /><br /><br />Azienda Unità Sanitaria Locale Taranto 1<br /><br />Dipartimento Salute Mentale<br /><br />Palazzo Alagni - Città Vecchia<br /><br />Responsabile Dr.ssa Maria LIETI<br /><br />Telefono e fax 099 4704824<br /><br /><br />Centro di terapia neurovegetativa e comportamentale<br /><br />Milano, Ospedale Sacco, tel. 0239042748.<br /><br />Istituto di Medicina del lavoro, Servizio di neuropsicologia occupazionale<br /><br />Tel. 0257992644<br /><br />Ospedali Riuniti Bergamo <br />Reparto di medicina del lavoro ambulatorio work stress<br /><br />Tel. 035- 269111<br /><br /><br />Ospedale Sant’Andrea Roma<br /><br />Seconda facoltà di medicina e chirurgia, ambulatorio di medicina del lavoro<br /><br />Tel. 0657857<br /><br /><br />Azienda universitaria, Policlinico della seconda università Napoli<br /><br />Servizio di medicina del lavoro<br /><br />Tel. 0815665140<br /><br /><br />Asl 1, Centro di riferimento regionale per il mobbing e il disadattamento lavorativo<br /><br />Napoli, tel. 0812547061<br /><br /><br />Centro di salute mentale Taranto<br /><br />Centro per la prevenzione, la diagnosi e la cura per le malattie da stress e da disadattamento lavorativo<br /><br />Tel. 0997786429, 0997786430<br /><br />Welcome pscarl - Centro di consulenza per la qualità del lavoro / Beratungsstelle für mehr Qualität am Arbeitsplatz <br />Via G. di Vittorio 39, 39100 Bolzano <br /><br />Tel/Fax: 0471 91 11 74 <br /><br /><a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><a href="http://www.welcome.bz.it" title="www.welcome.bz.it" rel="external">www.welcome.bz.it</a><br /><br /><br />Fondazione Salvatore Maugeri<br /><br />Via Ferrata, 4 - 27100 PAVIA<br /><br />Tel (0382)5921 - Fax (0382)592576<br /><br /><br />Centro Didasco<br /><br />Training di assertività extraprofessionale<br /><br />Via Andegari 15, Milano, <br /><br />tel.340/7184967, 335/7067563<br /><br />Centro E.Berne <br />Corsi di assertività e psicoterapia<br /><br />Via Bandello 18, 20123 Milano.<br /><br />Tel.02/4987357<br /><br /><br />Istituto di Bioenergetica e Terapia della Gestalt<br /><br />Via A.Doria 27, Torino<br /><br />Tel. 011/883246<br /><br /><br />Azienda Ospedaliera Universitaria - Pisa<br /><br />Ambulatorio per lo studio del disadattamento lavorativo<br /><br />Tel.050/993809<br /><br />Ospedale Sacco - Milano <br />Centro di terapia neurovegetativa e comportamentale<br /><br />Tel.02/39042748<br /><br />Istituto di Medicina del lavoro - Servizio di neuropsicologia occupazionale <br />Tel.02/57992644<br /><br /><br />MAP - Mobbing Auditing Point<br /><br />Offre servizi di consulenza gratuita per il malessere dei lavoratori e delle loro famiglie attraverso punto d'ascolto telefonico, per esposizione di problemi e informazioni sui servizi, per fissare appuntamenti e per valutare la necessità di sostegno psicologico e d'intervento multidisciplinare.<br /><br />Regione Friuli Venezia Giulia<br /><br />tel.339 7967461 <br /><br />e.mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />responsabile: Luisa Maria Sguazzi<br /><br /><br />Centro Ascolto Mobbing<br /><br />Ha lo scopo di offrire un servizio di consulenza psicologica a tutti coloro che ritengo di trovarsi in una situazione di mobbing. è rivolto non solo alle potenziali "vittime" del mobbing, ma anche alle aziende che intendono ricevere una consulenza in merito alla loro capacità di gestire il conflitto all'interno dell'organizzazione, attraverso la elaborazione di percorsi anche formativi, diretti a coloro che occupano posizioni di responsabilità nell'impresa.<br /><br />Responsabile: Dott.ssa Cristina Barduani Proietti<br /><br />Civita Castellana (VT) Tel: 0761/598400 tutti i martedì, dalle ore 15,00 alle ore 18,30<br /><br />e.mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />Centro di terapia e prevenzione dello stress<br /><br />Nasce all'interno della Casa di cura delle Suore Domenicane di Torino e si avvale dei servizi di laboratorio, radiologici, cardiologici e delle altre specialità medico chirurgiche.<br /><br />via Villa della Regina 17 - Torino<br /><br /><br />Centro di terapia strategica<br /><br />Il Centro di Terapia Strategica, Istituto di Ricerca e Training fondato da Giorgio Nardone e Paul Watzlawick opera dal 1987 sia a livello nazionale che internazionale, il loro lavoro ha prodotto Modelli di intervento clinico e<br /><br />di Problem Solving manageriale seguito in tutto il mondo da professionisti della comunicazione e della consulenza, della formazione e della psicoterapia.<br /><br />Piazza S. Agostino, 11 - 52100 Arezzo<br /><br />Tel 0575. 350 240 - fax. 0575. 350 277<br /><br />Associazioni italiane Associazione Solidarietà Diritto e Progresso <br />Via Savona, 6 - 00182 - Roma <br /><br />Tel/fax 0422 321540 - 06 70304885 <br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Siti web: <a href="http://www.assodipro.org" title="www.assodipro.org" rel="external">www.assodipro.org</a> - <a href="http://www.militari.org" title="www.militari.org" rel="external">www.militari.org</a> - <a href="http://www.militari.zzn.com" title="www.militari.zzn.com" rel="external">www.militari.zzn.com</a><br /><br /><br />Associazione No Mobbing di Firenze <br /><br />Persone da contattare:<br /><br />Jonny Greensheld 368 585746<br /><br />c/o Camera del Lavoro di Firenze<br /><br />Marco Somigli 055 33911<br /><br />c/o Centrale del latte di Firenze, Via Circondaria 32<br /><br /><br />Associazione No Mobbing di Massa Carrara<br /><br />Persone da contattare:<br /><br />0585 810810<br /><br />Salvatore Usai 348 3939205 <br /><br />c/o Camera del Lavoro di Massa Carrara<br /><br /><br />Associazione No Mobbing di Prato <br /><br />Marco Caleri 0574 459208<br /><br />Umberto Dolci 348 3063486<br /><br />c/o Funzione Pubblica e FISAC <br /><br />della Camera del Lavoro di Prato<br /><br /><br />Associazione No Mobbing della Versilia<br /><br />Persone da contattare:<br /><br />Anna Maria Montanaro 0584 325351<br /><br />c/o Centro Servizi<br /><br /><br />Associazione No Mobbing di Arezzo<br /><br />Persone da contattare:<br /><br />Luca Agnelli 0575 3931<br /><br />c/o Camera del Lavoro di Arezzo - Via Monte Cervino 24<br /><br /><br />Associazione No Mobbing del Valdarno <br /><br />Persone da contattare: <br /><br />Stefano Sandrucci 339 7397125<br /><br />c/o RLS (Lonza)<br /><br /><br />Associazione Prima<br /><br />Sede: Via Tolmino, 14 - 40134 Bologna<br /><br />Telefono: 051/614.89.19 - Fax : 051/94.19.26<br /><br />Indirizzo elettronico: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Sito web: <a href="HTTP://WWW.MOBBING-PRIMA.IT" title="HTTP://WWW.MOBBING-PRIMA.IT" rel="external">HTTP://WWW.MOBBING-PRIMA.IT</a> <br />"PRIMA Associazione Italiana contro Mobbing e Stress Psicosociale, presieduta da Harald Ege, per prima appunto ha parlato di Mobbing in Italia. Offre colloqui gratuiti e corsi di formazione individuale, aziendale e professionale." <br /><br />Osservatorio Nazionale Mobbing-Bossing <br />Associazione "Ermes"<br /><br />Sede: Via A. Poliziano, 8 (scala B / piano 1) - 00184 Roma<br /><br />Tel. 06 48906227 oppure 06 48986498<br /><br />L' associazione si propone la difesa, la tutela e l'assistenza a coloro che subiscono violenza psicologica sul posto di lavoro<br /><br />E.mail <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br />Mima<br /><br />Movimento Italiano Mobbizzati Associati (Presidente Mirco Tosi). Sede: Via Filippo Meda, 169 - 00157 ROMA<br /><br />Telefono: 06 4510843<br /><br />Associazione indipendente di mobbizzati, gruppo di auto-aiuto. Ha la finalità di prevenire e combattere la violenza morale sui luoghi di lavoro.<br /><br />Segreteria Regionale Lombardia - tel. 02 26412957.<br /><br /><br />La punta dell'Iceberg<br /><br />Sede: Cagliari <br /><br />Sito Web: <a href="http://members.xoom.it/_XOOM" title="http://members.xoom.it/_XOOM" rel="external">http://members.xoom.it/_XOOM</a> /icebergpunta<br /><br />Opera solo via internet e non chiede alcun contributo.<br /><br /><br />Associazione Culturale Diogene<br /><br />Sede: Via Volpiano, 5 - 10155 Torino<br /><br />Tel. 0339.2784.734; fax 011.859.647;<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Oltre l'attività di studio e diffusione della conoscenza del mobbing, si propone come gruppo di sostegno e di assistenza specialistica per i lavoratori mobbizzati.<br /><br /><br />Associazione LES - Ufficio tempo libero<br /><br />Milano. Per maggiori informazioni:<br /><br /><a href="http://www.ufficio-tempolibero.it/" title="http://www.ufficio-tempolibero.it/" rel="external">http://www.ufficio-tempolibero.it/</a><br /><br /><br />Gruppo Mobby<br /><br />Sede: Milano Telefono: 330-473380.<br /><br />Indirizzo elettronico: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Mobby è un gruppo di autoaiuto che si interessa alle problematiche legate al mobbing. Il suo scopo è quello di fornire SOSTEGNO morale ed emotivo alle persone che subiscono il mobbing, e soprattutto prevenzione attraverso l'informazione e la sensibilizzazione nel mondo del lavoro a tutte le persone interessate in particolare medici, psicologi, studi legali e al management nelle aziende. <br /><br /><br />Associazione Avim "Vincere il mobbing"<br /><br />Sede: Via Venezia, 8 Mestre (Ve)<br /><br />presidente: Luigi Gatto<br /><br />Tel. 041-938092<br /><br />Orario estivo: mercoledì 16,30 - 18,30<br /><br /><br />Associazione Nazionale Antimobbing "AMA" ONLUS<br /><br />Via Boccaccio 10, 80122 Napoli<br /><br />tel. fax: 081 7778901cell. 3382787552sito web: <a href="http://www.associazioneama.org" title="www.associazioneama.org" rel="external">www.associazioneama.org</a> Sportello antimobbing di "Movimento dei cittadini" <br />Via Siracusa, Palermo<br /><br />Tel:091-6262238 - 338/8143258 <br /><br />Fax 091-305015 <br /><br />e-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Associazione Mobbing D.i.C. <br />Tratta i disturbi del comportamento legati all'ambiente del lavoro<br /><br />Sede: Via della Mattonaia, 35 - Firenze<br /><br />Tel. 055.2345154 <br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>irizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><a href="http://www.nomobbing.org" title="www.nomobbing.org" rel="external">www.nomobbing.org</a> <br /><br /><br />Associazioni Contromobbing e Nadir<br /><br />Sportello Stop mobbing point <br /><br />c/o Scuola Silvio Pellico, Via Costa - Mestre<br /><br />Martedì, giovedì, venerdì ore 15-18<br /><br /><a href="http://www.stopmobbing.org" title="www.stopmobbing.org" rel="external">www.stopmobbing.org</a><br /><br /><br />Ascolto Donna<br /><br />responsabili: Francesca Montecchio e Anna Zandolin<br /><br />Cell. 347/48.45.217 <br /><br />Iniziative per superare i problemi causati dal mobbing <br />Corso di Formazione Teorico Pratico "Violenza Morale sul lavoro (mobbing)"<br /><br />Il Corso è rivolto a Medici del Lavoro, Psichiatri, Medici Legali, Medici di Famiglia, Psicologi del Lavoro, Psicologi Clinici, Sociologi, Tecnici della Prevenzione nell'Ambiente e nei Luoghi di Lavoro, Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione, Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza. E' organizzato dal Consorzio ISPESL/ICP per il Centro di Collaborazione con l'OMS per la Medicina del Lavoro e l'Igiene Industriale, Clinica del Lavoro "Luigi Devoto". <br /><br />13, 14 e 15 novembre presso il Centro Congressi Cavour, Via Cavour, 50/a 00184 Roma.<br /><br /><br />Corso Pari Opportunità<br /><br />L'università di Padova e il Ministero del Lavoro organizzano in Cadore, Comelico e Ampezzo, il corso "Pari Opportunità", rivolto agli studenti di tutte le facoltà. Tra le materie trattate: molestie e mobbing, analisi della situazione nel Veneto.<br /><br />Iscrizione entro il 1° novembre.<br /><br />Info, tel. e fax 049 8273341<br /><br /><br />Workshop di formazione<br /><br />"Cavalcare la propria tigre" - L'arte antica degli stratagemmi,ovvero come risolvere complicati problemi<br /><br />mediante apparentemente semplici soluzioni<br /><br />Relatore: prof. Giorgio Nardone<br /><br />Roma 26 settembre 2003 - Auditorium del Centro di formazione Società Autostrade, Via G. Donati 147<br /><br /><br />Corso di autodifesa da situazioni di mobbing<br /><br />Il corso, organizzato dallo sportello antimobbing della Uil di Trento, si rivolge a tutti i lavoratori ed ha un limite massimo di 15 partecipanti. Si colloca tra le risorse formative utilizzabili a livello territoriale per prevenire danni derivanti da situazioni di mobbing o altre fonti analoghe di disagio e prevede, nei partecipanti, lo sviluppo di conoscenze utilizzabili.<br /><br />Date del corso: 4 - 5 - 11 - 18 - 26 giugno 2003<br /><br />Sede: Sala UIL di Via Prepositura, 48 - Trento<br /><br />Info: Uil Trento, tel. 0461-981770<br /><br /><br /><br /><br />La prevenzione del burnout negli operatori della Salute Mentale<br /><br />Il corso utilizza spunti teorici dell'ottica cognitivista e sistemica, per cui particolare importanza viene attribuita alla consapevolezza dell'organizzazione cognitiva e relazionale degli operatori e allo sviluppo di capacità auto-osservative , come presupposto per un'attitudine alla flessibilità.<br /><br />Frosinone 23 e 24 giugno 2003.<br /><br />Per informazioni: DSM ASL FR 0776821872 "La Bussola" 0775246066 Email : <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />I corsi di "Prima" <br />Corso di Autodifesa Verbale<br /><br />Corso esclusivo che insegna le regole e le strategie<br /><br />fondamentali per difendersi dagli attacchi verbali (insulti, offese, risposte brusche, battute e scherzi di dubbio gusto, rimproveri e critiche infondate). <br /><br />Durata: 7 moduli da 3 ore l'uno per un totale di 21 ore<br /><br />Inizio: 22 febbraio 2003.<br /><br />Corso di Egoismo Sano<br /><br />Un corso assolutamente originale, che insegna i<br /><br />principi dell'egoismo sano e in cui ogni partecipante e incoraggiato a riconquistare se stesso e la padronanza dei propri pensieri e atteggiamenti, rendendosi cosi indipendente dalle limitazioni e dalle influenze dell'ambiente circostante.<br /><br />Durata: 5 moduli da 3 ore l'uno per un totale di 15 ore<br /><br />Inizio: 5 aprile 2003.<br /><br />Corso di Pigrizia Positiva<br /><br />Questo corso insegna a diventare "pigroni ad hoc", ad essere cioè pigri per difenderci dallo stress e goderci la vita. <br /><br />Durata: 3 moduli da 3 ore l'uno per un totale di 9 ore<br /><br />Inizio: 27 aprile 2003<br /><br />Per partecipare ai corsi occorre essere Soci PRIMA (per iscriversi seguire le istruzioni contenute sul sito <a href="http://www.mobbingprima.it" title="www.mobbingprima.it" rel="external">www.mobbingprima.it</a>).<br /><br />I corsi sono tenuti dal Dr. Harald Ege e si svolgono in<br /><br />sale messe a disposizione dal Comune, per cui il luogo esatto verrà comunicato agli iscritti prima dell'inizio del corso.<br /><br />"Psichiatria aziendale e problema del mobbing" <br />Il corso avrà inizio il 14 marzo all'università Cattolica di Roma ed è promosso dall'istituto di psichiatria e psicologia. E' rivolto ai laureati di medicina e chirurgia, di psicologia e sociologia ma è prevista anche la partecipazione di uditori fino al raggiungimento dei 50 posti disponibili. <br /><br /><br />Corso di perfezionamento su Psichiatria Aziendale e problema del Mobbing <br /><br />Il corso è rivolto a laureati in Medicina e Chirurgia, Psicologia e Sociologia. E' strutturato in 4 moduli di 2 giorni ciascuno da tenersi nei periodi 14-15 marzo, 11-12 aprile, 16-17 maggio, 13-14 giugno. La domanda d'ammissione corredata da curriculum dovrà essere indirizzata al Rettore e inviata al Servizio Formazione Permanente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - L.go Francesco Vito, 1 - 00168 Roma entro il 21 febbraio 2003 (fax 06/3051732)<br /><br /><br />Come difendersi dal mobbing <br /><br />Il primo martedì di gennaio 2003 iniziano i corsi della Cgil di Prato rivolti ai lavoratori vessati. Nella prima metà di dicembre verrà fatto un incontro introduttivo. Si consiglia l'iscrizione in questo periodo (25 euro;). I corsi si svolgeranno nei locali della Cgil in Piazza Mercatale, Prato.<br /><br />COMMISSIONE PRESSO LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI <br />Dipartimento della Funzione Pubblica - Ufficio per le Relazioni con il Pubblico - Via del Sudario, 49 - 00186 ROMA; Tel 06 6899 7300-66<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br /><br />Corsi sull'assertività e autostima <br /><br />Autostima e dimensione sociale<br /><br />Tenuto da Michele Giannantonio e Anna Laura Boldorini<br /><br />dal 1995, presso l'Associazione LES - Ufficio tempo libero, Milano.<br /><br />Per maggiori informazioni:<br /><br /><a href="http://www.ufficio-tempolibero.it/" title="http://www.ufficio-tempolibero.it/" rel="external">http://www.ufficio-tempolibero.it/</a><br /><br />Soluzioni per le aziende <br />Dr. Palma Via Antistio 12 00174 Roma<br /><br />Studio Tel. 7108720 - Cell. 349.8071995<br /><br />E-mail: <a href="mailto:[email protected]" title="[email protected]">[email protected]</a>rizzoIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo <br /><br />Il Dr. Palma è il primo in Italia ad aver ideato soluzioni per le aziende.<br /><br />Conoscere il fenomeno vuol dire prevenire e la prevenzione è sicuramente meno costosa per le Aziende!<br /><br /><br />Politiche di pari opportunità<br /><br />Ha preso il via il 2 dicembre nell'Università di Padova il corso su "Politiche di pari opportunità". Organizzato dal Comitato pari opportunità dell'Ateneo e realizzato grazie al Fondo sociale europeo, è rivolto alle studentesse di tutte le facoltà iscritte ai corsi di laurea triennali (nuovo ordinamento), strutturato in quattro moduli da trenta ore ciascuno ripetuti in momenti diversi durante l'anno accademico per consentire la partecipazione del maggior numero di persone possibile. In programma lo studio dei codici di condotta contro molestie e mobbing.<br /><br />Links a siti sul mobbing <br /><a href="http://diegosiragusa.fws1.com/homepage.htm" title="http://diegosiragusa.fws1.com/homepage.htm" rel="external">http://diegosiragusa.fws1.com/homepage.htm</a><br /><br />Sito di un consigliere comunale di Biella che approfondisce in maniera particolare alcuni aspetti del Mobbing nel pubblico impiego<br /><br /><br /><a href="http://www.pitagoragroup.it/mobbing.html" title="http://www.pitagoragroup.it/mobbing.html" rel="external">http://www.pitagoragroup.it/mobbing.html</a><br /><br />Casa editrice che ha pubblicato diverse opere sul mobbing, fra cui molte del dr. Ege<br /><br /><br /><a href="http://www.mobbingonline.com/mobbing.html" title="http://www.mobbingonline.com/mobbing.html" rel="external">http://www.mobbingonline.com/mobbing.html</a><br /><br />Nuovo sito contro il Mobbing, la piaga sociale del nuovo millennio<br /><br /><br /><a href="http://digilander.iol.it/lallacorradi" title="http://digilander.iol.it/lallacorradi" rel="external">http://digilander.iol.it/lallacorradi</a><br /><br />Sito che si dedica alla violenza psicologica, di qualsiasi specie<br /><br /><br /><a href="http://www.unicam.it/ssdici/mobbing/index_mob.htm" title="http://www.unicam.it/ssdici/mobbing/index_mob.htm" rel="external">http://www.unicam.it/ssdici/mobbing/index_mob.htm</a><br /><br />Mobbing un problema nel problema<br /><br /><br /><a href="http://soalinux.comune.firenze.it/7/cddm/mobbing.htm" title="http://soalinux.comune.firenze.it/7/cddm/mobbing.htm" rel="external">http://soalinux.comune.firenze.it/7/cddm/mobbing.htm</a><br /><br />Il mobbing, se lo conosci lo eviti.<br /><br /><br /><a href="http://www.geocities.com/ampavan/" title="http://www.geocities.com/ampavan/" rel="external">http://www.geocities.com/ampavan/</a><br /><br />La storia personale di Anna Maria Pavan<br /><br /><br /><a href="http://www.ceseal.org/" title="http://www.ceseal.org/" rel="external">http://www.ceseal.org/</a><br /><br />Centro Studi Europei Sanità Ambiente e Lavoro della UNIONQUADRI<br /><br /><br /><a href="http://www.eurhope.com/" title="http://www.eurhope.com/" rel="external">http://www.eurhope.com/</a><br /><br />EurHope Centro Studi e ricerche<br /><br /><br /><a href="http://www.sieb.org/sieb/giornale/mobbing.htm" title="http://www.sieb.org/sieb/giornale/mobbing.htm" rel="external">http://www.sieb.org/sieb/giornale/mobbing.htm</a><br /><br />Organizzazioni e sistemi<br /><br /><br /><a href="http://www.iusseek.com/forum/Mobbing.htm" title="http://www.iusseek.com/forum/Mobbing.htm" rel="external">http://www.iusseek.com/forum/Mobbing.htm</a><br /><br />IusSeek: Forum sul mobbing<br /><br /><br /><a href="http://www.ticino.com/usr/TLory/mobbing.htm" title="http://www.ticino.com/usr/TLory/mobbing.htm" rel="external">http://www.ticino.com/usr/TLory/mobbing.htm</a><br /><br />Disagio lavorativo: cosa fare?<br /><br /><a href="http://www.leymann.se/The" title="http://www.leymann.se/The" rel="external">http://www.leymann.se/The</a> Mobbing Encyclopaedia <a href="http://www.marsn.org/mobbi4.htm" title="http://www.marsn.org/mobbi4.htm" rel="external">http://www.marsn.org/mobbi4.htm</a> <br />Il fenomeno del mobbing: preliminari indicazioni per la valutazione medico-legale<br /><br /><br /><a href="http://www.censurati.it/cosae.php" title="http://www.censurati.it/cosae.php" rel="external">http://www.censurati.it/cosae.php</a> <br /><br />Il mobbing tra i giornalisti.<br /><br /><br /><a href="http://www.deriveapprodi.org/libri/stopmobbing.htm" title="http://www.deriveapprodi.org/libri/stopmobbing.htm" rel="external">http://www.deriveapprodi.org/libri/stopmobbing.htm</a><br /><br />Antonio Casilli<br /><br /><br /><a href="http://www.medlav.com/argolink/Mobbing.html" title="http://www.medlav.com/argolink/Mobbing.html" rel="external">http://www.medlav.com/argolink/Mobbing.html</a><br /><br />Il terrore psicologico sul posto di lavoro<br /><br /><br /><a href="http://www.nonluoghi.it/lavoro4.html" title="http://www.nonluoghi.it/lavoro4.html" rel="external">http://www.nonluoghi.it/lavoro4.html</a><br /><br />Quando la competizione sul lavoro diventa persecuzione<br /><br /><br /><a href="http://www.dols.net" title="http://www.dols.net" rel="external">http://www.dols.net</a><br /><br />dol's il sito delle donne online si occupa anche di mobbing<br /><br /><br /><a href="http://allarme_mobbing.htm" title="http://allarme_mobbing.htm" rel="external">http://allarme_mobbing.htm</a><br /><br />Sito per gli utenti dell'Università degli Studi di Milano Contiene una pagina con qualche suggerimento<br /><br /><br /><a href="http://www.odg.mi.it/mobbing.htm" title="http://www.odg.mi.it/mobbing.htm" rel="external">http://www.odg.mi.it/mobbing.htm</a><br /><br />Ordine dei giornalisti, Consiglio regionale della Lombardia. <br /><br /><br /><a href="http://www.carloanibaldi.com/mobbing.htm" title="http://www.carloanibaldi.com/mobbing.htm" rel="external">http://www.carloanibaldi.com/mobbing.htm</a><br /><br />MOBBING, BURN-OUT E STRESS. Sezione allestita dal Dr. Carlo Anibaldi. <br /><br /><br /><a href="http://www" title="http://www" rel="external">http://www</a>. pegacity.it/justice/impegno<br /><br />Una "esperienza" di 20 anni di Mobbing di Mario Meucci<br /><br /><a href="http://www.ilmobbing.it" title="http://www.ilmobbing.it" rel="external">http://www.ilmobbing.it</a> <br />Sito organizzato dal Dott. Palma, psicologo studioso del fenomeno mobbing <br /><br /><br /><a href="http://www.music-mobbing.it/" title="http://www.music-mobbing.it/" rel="external">http://www.music-mobbing.it/</a><br /><br />Sito su Musica e Mobbing di Paolo Mattei<br /><br /><a href="http://www.micso.it/~esi/" title="www.micso.it/~esi/" rel="external">www.micso.it/~esi/</a> <br />Casa editrice di Pescara. Nel sito i libri di Carlo LAZZARI sul Mobbing, consultabili gratuitamente.<br /><br /><br /><br /><a href="http://communities.msn.it/mobbing" title="http://communities.msn.it/mobbing" rel="external">http://communities.msn.it/mobbing</a><br /><br />Il mobbing e il bossing: l'inferno nei luoghi di lavoro. Danni, dimissioni forzate, emarginazioni, licenziamenti a cura di Paolo Denari.<br /><br /><br /><a href="http://web.genie.it/utenti/u/uilmobbing/" title="http://web.genie.it/utenti/u/uilmobbing/" rel="external">http://web.genie.it/utenti/u/uilmobbing/</a><br /><br /><br /><a href="http://www.contromobbing.it/" title="http://www.contromobbing.it/" rel="external">http://www.contromobbing.it/</a><br /><br /><br /><a href="http://members.xoom.it/dvf/mob1.htm" title="http://members.xoom.it/dvf/mob1.htm" rel="external">http://members.xoom.it/dvf/mob1.htm</a><br /><br /><br /><a href="http://www.ciaoweb.it/lavoro/" title="www.ciaoweb.it/lavoro/" rel="external">www.ciaoweb.it/lavoro/</a><br /><br /><br /><a href="http://www.cesil.com/0300/mobit03.htm" title="www.cesil.com/0300/mobit03.htm" rel="external">www.cesil.com/0300/mobit03.htm</a><br /><br /><br /><a href="http://www.ecn.org" title="www.ecn.org" rel="external">www.ecn.org</a><br /><br /><br /><a href="http://www.eurom.it/medicina/mc/mc16_2_21.html" title="www.eurom.it/medicina/mc/mc16_2_21.html" rel="external">www.eurom.it/medicina/mc/mc16_2_21.html</a><br /><br /><br /><a href="http://www.failp.it/mobbing.htm" title="www.failp.it/mobbing.htm" rel="external">www.failp.it/mobbing.htm</a><br /><br /><br /><a href="http://izan.simplenet.com/napoletano/mobbing.htm" title="http://izan.simplenet.com/napoletano/mobbing.htm" rel="external">http://izan.simplenet.com/napoletano/mobbing.htm</a><br /><br /><br /><a href="http://www.lanazione.it/art/1999/11/12/323218" title="www.lanazione.it/art/1999/11/12/323218" rel="external">www.lanazione.it/art/1999/11/12/323218</a><br /><br /><br /><a href="http://www.mediamente.rai.it" title="www.mediamente.rai.it" rel="external">www.mediamente.rai.it</a><br /><br /><a href="http://www.unica.it/libroaperto/mess39.htm" title="www.unica.it/libroaperto/mess39.htm" rel="external">www.unica.it/libroaperto/mess39.htm</a> <a href="http://utenti.tripod.it/sirottigau/sentenzamobbing" title="http://utenti.tripod.it/sirottigau/sentenzamobbing" rel="external">http://utenti.tripod.it/sirottigau/sentenzamobbing</a> <a href="http://groups.msn.com/mobbing/" title="http://groups.msn.com/mobbing/" rel="external">http://groups.msn.com/mobbing/</a> <br /><a href="http://sergiobortotto.supereva.it" title="http://sergiobortotto.supereva.it" rel="external">http://sergiobortotto.supereva.it</a><br /><br />Il sito di un ex Ispettore che ha abbandonato la Polizia dopo aver subito varie vessazioni<br /><br /><br /><a href="http://www.francescaruiz.it" title="www.francescaruiz.it" rel="external">www.francescaruiz.it</a><br /><br />Il sito della Dottoressa Francesca Ruiz, psicologa psicoterapeuta<br /><br /><br /><a href="http://www.ingiustizia.com" title="www.ingiustizia.com" rel="external">www.ingiustizia.com</a><br /><br />Sito dove si possono denunciare le ingiustizie subite<br /><br /><br /><a href="http://it.groups.yahoo.com/group/Dipendenti_ILVA/" title="http://it.groups.yahoo.com/group/Dipendenti_ILVA/" rel="external">http://it.groups.yahoo.com/group/Dipendenti_ILVA/</a><br /><br />Sito che tratta tematiche e problematiche relative agli operai dell'IlvaSat, 5 Dec 2009 19:26:58 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8398&forum=55Mobbing:Chi e come deve Intervenire [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8397&forum=55
Mobbing:: Mobbing:Chi e come deve Intervenire<br />
Chi e come deve Intervenire<br />Bisogna tener presente che a seconda delle circostanze i soggetti possono cambiare, per cui sarà diverso se si tratta di intervenire su casi di mobbing in atto o latenti; se in azienda è presente o meno il sindacato; se l’intento di chi interviene è maggiormente orientato alla prevenzione del fenomeno o alla tutela legale o psicologica. <br />Assistenza/sostegno sindacale<br />Sono possibili due casi: <br />In azienda è presente il sindacato. Il delegato sindacale o il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza devono sforzarsi di intraprendere il percorso sindacale di intervento, se è possibile, fino all’esito ottimale: la stipula di accori per la prevenzione e gestione del mobbing e la verifica della loro efficacia. I delegati possono inoltre indirizzare la vittima anche verso l’assistenza psicologica pubblica e verso l’assistenza legale e assicurativa ( con legali di parte o del Patronati sindacali) quando ne valutino la necessità.<br />In azienda non c’è il sindacato. Il lavoratore o la lavoratrice si possono rivolgere ad alcune specifiche strutture promosse dal sindacato nel territorio per offrire ai lavoratori “scoperti” di tutela sindacale un primo supporto e orientamento: sportelli mobbing, punti d’ascolto, ecc.<br />La tipologia di queste strutture o funzioni sindacali di orientamento sul fenomeno del mobbing è ancora molto varia e la loro dislocazione territoriale in molti casi ancora lacunosa. È la politica dei mille fiori. Dentro si trovano standard di intervento più strutturati e abbastanza efficaci accanto a tentativi, a volte generosi, ma non ugualmente ricchi di successi concreti.Qualche breve cenno sulle caratteristiche generali di questi sportelli mobbing.- La prima funzione svolta è quella di ascolto (attraverso colloqui. in questa funzione gli standard sono ancora piuttosto disomogenei: si va dall’incarico strutturato ed ufficiale assegnato dal gruppo dirigente locale a funzionari del sindacato, al volontarismo di qualche operatore sindacale, alla delega ad “esperti” (psicologi e/o avvocati) convenzionati o vicini al sindacato.- La seconda funzione è quella di promuovere - tramite il sindacato di categoria di riferimento – un intervento diretto nel posto di lavoro ed un confronto con i responsabili aziendali. In questa fase sorge il “problema” della presenza o meno di delegati sindacali nel posto di lavoro, della loro sensibilità al tema, della possibilità e volontà concreta del sindacato di categoria nelle cui competenze rientra il “caso” di intervenire direttamente o comunque di consentire un intervento “confederale”.- Terza funzione è quella di indirizzare la vittima verso l’assistenza sanitaria/psicologica, legale o assicurativa. <br />Assistenza/Tutela legale<br />La regola che vige nel nostro ordinamento basata sull’onere della prova a carico della vittima che deve provare le accuse che muove nei confronti del soggetto che intende portare in giudizio (imputato), comporta per il soggetto mobbizzato il dover “prevedere” in tempi quanto mai anticipati il possibile epilogo negativo del suo caso. Così, quando i fatti ancora non farebbero ritenere esserci le condizioni per poter parlare a giusto titolo di mobbing, il soggetto deve iniziare a raccogliere le prove che, in un secondo tempo, dimostreranno le sue accuse. Senza rischiare di compiere atti a loro volta illeciti, passando così dalla ragione al torto (come ad es. registrazione di conversazioni telefoniche o in presenza, senza autorizzazione) si consigliano alcune semplici strategie:- la raccolta ordinata e secondo un criterio cronologico ( di successione nel tempo) di tutta la documentazione che, a diverso titolo, è collegata con le persecuzioni che si stanno subendo;- l’annotazione in un diario della successione dei fatti riportando fedelmente data, ora, luogo, soggetti coinvolti, testimoni, mezzi utilizzati, telefonate ricevute o effettuate;- conservare copia di qualsiasi documento, richiesta, ordina di servizio…ricevuto dalla o inviato all’azienda;- documentare mediante visite mediche ( anche dal proprio medico di famiglia) il proprio stato di salute fisico e psichico – meglio, se previsto, chiedere ripetute visite mediche al medico competente interno all’azienda;- non presentare, ne minacciare di farlo, le proprie dimissioni o disponibilità al trasferimento;- agire, parlare, incontrare il potenziale mobber possibilmente in presenza di altre persone;- non nascondere i fatti, anche i più apparentemente non importanti e determinanti;- raccogliere informazioni su casi simili accaduti precedentemente in azienda;- evitare di esprimere opinioni o giudizi sul mobber.Tenuto conto della particolarità della materia, della relativa novità che ancora rappresenta, della complessità delle normative specifiche di tutela, occorre anche, nella scelta del legale che seguirà la pratica, una certa attenzione. Così sarà preferibile non scegliere un avvocato alle prime armi, ma qualcuno che, oltre ad una certa pratica maturata negli anni, possa avere anche una specifica esperienza nel settore o ancor più di casi simili. Decidere per un legale conosciuto, non tanto a livello di fama, ma per la sua sensibilità ai diritti e agli interessi dei lavoratori, oppure orientarsi verso l’avvocato messo a disposizione dall’organizzazione sindacale presente sul territorio di appartenenza. Chiedere sempre un parere al legale prima di intraprendere qualsiasi azione. Determinare fin dall’inizio quali priorità di obiettivi perseguire mediante la causa giudiziale ( indennizzo, reintegrazione, patteggiamento, demansionamento…).Informarsi subito sul volume indicativo delle spese che si dovranno sostenere, anche a fronte di una vittoria legale o, ancor più, di una sconfitta. Assistenza/sostegno psicologico Un buon metodo per poter affrontare i tempi, a volte lunghi, nei quali prende corpo il fenomeno del mobbing, per poter sostenere l’esposizione psicologica alla quale si è sottoposti, per poter far fronte allo stillicidio psicologico al quale si è sacrificati, è senz’altro quello di ricorrere al sostegno delle persone che sono vicine. Così il parlare del problema con altri colleghi, in famiglia, rivolgersi a centri di ascolto, a strutture pubbliche, a centri di aiuto di gruppo, può sicuramente rappresentare un utile metodo per affrontare il disagio.Però occorre fare attenzione a che questo non divenga invece il maggior nemico. Infatti se gestito male, il supporto da parte degli altri potrebbe rivelarsi più nocivo che favorevole.Sarà quindi importante razionalizzare le proprie richieste d’aiuto, considerando sempre prioritariamente il nostro interlocutore anziché il problema che ci affligge. Ricordandosi che se per noi è il primo pensiero, non è così per gli altri che hanno comunque diritto a vivere la loro vita sociale e lavorativa (in particolare se familiari o amici).Nel caso dei familiari, infatti, in particolare, data la frequenza dei casi in cui l’aver portato il proprio problema/disagio all’interno della propria sfera privata di relazioni ed affetti, in modo sempre più ossessivo e ripetuto nel tempo, ha comportato reazioni di rifiuto, di allontanamento e di esclusione, la letteratura scientifica è arrivata ad individuare il fenomeno denominato “doppio mobbing”. Un significativo e professionale aiuto lo si può trovare presso molti centri pubblici che da alcuni anni offrono assistenza a coloro che, a diverso titolo, sono venuti in contatto con il fenomeno del mobbing: Ø ASL ( Aziende sanitarie Locali) – rivolgendosi ai Servizi di Igiene Mentale si possono ottenere informazioni, consigli, assistenza specializzata.Ø Clinica del Lavoro di Milano “Luigi Devoto” – All’interno della clinica, si trova il Centro per la prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione del disadattamento lavorativo diretto dal Prof. Renato Gilioli, esperto di fama internazionale. Altri centri per la diagnosi e terapia degli effetti del mobbing sono stati costituiti in altre città ( Pisa, Roma, Napoli, Taranto).Ø IPSEL (Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro) – Nell’ambito del Dipartimento di medicina del lavoro da molti anni opera un Laboratorio di psicologia del lavoro che, attraverso uno staff di psicologi, si è specializzato sul mobbing. Presso il dipartimento è attivo un centro di “ascolto” attraverso il quale si possono ricevere informazioni, consigli, assistenza specializzata. <br />Prevenire è meglio<br />Questo è il punto cruciale da mettere bene a fuoco: la prevenzione è l’unica vera arma contro il mobbing.E la prevenzione si fa innanzitutto accettando di riconoscere il fenomeno. È molto calzante lo slogan usato per l’Aids: “se lo conosci lo eviti”.Per questo le associazioni imprenditoriali, i singoli datori di lavoro, i sindacati, hanno il dovere di informare e formare, dirigenti, lavoratori, delegati ed Rls sul mobbing e di stipulare accordi o definire “codici di comportamento” che contengono specifiche misure da adottare per prevenire il fenomeno o intervenire in caso di insorgenza. Qualche accordo in tal senso c’è. Ed ora li osserveremo da vicino. Subito dopo occorre solo la volontà di diffonderli. <br />Contrattazione<br />In tema di violenze psicologiche in ambito lavorativo molta attesa viene risposta in un intervento del legislatore per il varo di una normativa specifica ritenuta in molti ambienti del mondo scientifico ed in particolare tra le associazioni dei mobbizzati, lo strumento più efficace per contrastare il mobbing. Tenuto conto della diffusione del fenomeno e della sua particolare gravità nonché delle indicazioni fornite recentemente dal Parlamento europeo, la CGIL, la CISL e la UIL non possono che concordare sulla utilità di tale legge anche se ritengono che in generale vi sia una aspettativa eccessiva sugli effetti che la stessa può avere per fermare il fenomeno delle vessazioni morali in ambito lavorativo. In ogni caso, che i tempi siano maturi perché anche nel nostro paese il tema del mobbing trovi adeguata disciplina legislativa, passando dallo stato di materia quasi elitaria a materia di interesse generale, è dimostrato anche dal fatto che orami sono diverse le amministrazioni pubbliche che hanno varato “codici etici” contro le molestie morali nei luoghi di lavoro e che iniziative sul tema sono state prese o sono in via di essere adottate in alcune ragioni. Tutto ciò rafforza l’esigenza che anche il sindacato renda più incisivo il suo ruolo nella lotta al mobbing, passando dalla fase di denuncia e di studio ad una fase di impegno più concreto che rafforzi il suo ruolo insostituibile nella lotta al fenomeno delle violenze psicologiche nei luoghi di lavoro. In questo senso, è necessario rilanciare una forte azione da parte delle strutture per pervenire alla stipula di accordi aziendali sul mobbing sulla falsariga di quanto fatto alla Volkwagen nel 1996 in Germania ed alla ATM/Satti di Torino nel 2001. questi accordi aziendali si qualificano intanto perché affermano il diritto al ricorso da parte della lavoratrice o del lavoratore vittima dei comportamenti mobbizzanti. Inoltre istituiscono Commissioni od organismi paritetici dotati di poteri e della necessaria autorevolezza (la Commissione di Clima della ATM/SATTI è presieduta da un magistrato in pensione). Gli accordi prevedono l’adozione di sanzioni nei confronti di chi attua i comportamenti mobbizzanti. Infine è individuata la strumentazione necessaria – azioni informative e formative – volte alla prevenzione del fenomeno. Sviluppare questo tipo di attività di contrattazione aziendale sul mobbing è importante per tutta una serie di ragioni. Intanto, si fornirebbero i lavoratori di strumenti concreti di tutela ovviando ad uno degli aspetti più avvilenti in cui vengono a trovarsi spesso le vittime: la sensazione di essere abbandonati a se stessi: sapere che in azienda vi sia un organismo, qualcuno cui potersi rivolgere in caso di necessità è senza dubbio importante soprattutto se quell’organismo o quel qualcuno venga percepito come qualcosa al di sopra delle parti. Inoltre, si eviterebbe il rischio di un approccio, spesso formale e burocratico, al fenomeno del mobbing così come emerge dalla lettura dei vari “Codici etici” o dalla esperienza delle norme specifiche inserite, anche da tempo, in alcuni contratti collettivi nazionali e che troppo spesso vengono disattese.Ma dove l’importanza della contrattazione assume particolare rilievo è sul versante culturale. Da un lato, essa potrebbe contribuire non poco a far emergere un sentimento di “condanna sociale” nei confronti degli autori delle azioni mobbizzanti. Dall’altro, consentirebbe di affermare il concetto che un clima di reciproco rispetto e di corrette relazioni interpersonali siano uno dei presupposti su cui fondare lo sviluppo stesso delle aziende. <br />Interventi normativi<br />Tenuto conto delle significative dimensioni del problema, del suo trend in crescita, delle indicazioni forti provenienti dall’Unione Europea che esorta i paesi membri a regolare in forma chiara e definitiva il fenomeno del mobbing, anche in Italia da alcuni anni ha avviato i lavori per poter giungere ad un testo di legge nazionale.Quanto alle regioni, molte si stanno attrezzando con proprie iniziative legislative locali. La regione Lazio è la prima ad aver già legiferato. Solo nella XII legislatura sono state presentate 6 propose di legge (decadute a seguito dello scioglimento delle Camere nel Marzo del 2001), mentre nell’attuale XIV Legislatura sono già ben 11.Tutte di scarsa efficacia dal punto di vista sindacale, data la mancanza diffusa di interventi e provvedimenti volti alla prevenzione, al monitoraggio ed assistenza specializzata interna alle aziende per evitare il verificarsi del fenomeno, al coinvolgimento attivo delle parti sociali, dei soggetti e degli organismi previsti dallo stesso D.Lgs. 626/94. Non assenti ed inefficaci sono invece diverse sentenze sul tema del mobbing da parte dei tribunali e della Cassazione che, seppur in assenza di normativa specifica, hanno utilmente utilizzato i diversi riferimenti normativi già presenti nel nostro ordinamento giuridico a sostegno e tutela dei diritti del lavoratore. Non va infatti dimenticato che, seppur in questi ultimi anni si parla in maniera puntuale del mobbing, da sempre le sentenze che hanno trattato temi come sovraccarico di lavoro ingiustificato, trasferimento di sede immotivato, dequalificazione o demansionamento, perpetuate minacce di licenziamento, isolamento dalla vita e dalle informazioni aziendali, si sono mosse nell’aria delle tutele del lavoratore da comportamenti vessatori, violenti e illegittimi perpetrati sul luogo di lavoro. Prime fra tutte però, in specifico, sul tema del mobbing, le due decisioni del Tribunale di Torino (1999), divenute un “simbolo giurisprudenziale” dell’azione legale nei confronti del fenomeno, per le novità introdotte dalle due pronunce.In primo luogo, la considerazione, da parte del giudice, del mobbing come un “fatto notorio”, cioè un fatto che essendo conosciuto dalla collettività non ha più necessità di essere dimostrato ( da non confondere con la necessità di fornire le prove che si è stati vittime di azioni mobbizzanti).Ancora, il riconoscimento del nesso di casualità tra il danno biologico di natura psichica e i comportamenti lesivi subiti sul luogo di lavoro, partendo da una documentazione medica e da prove testimoniali, arrivando a richiedere la piena liquidazione del danno. <br />FONTE: Pericolo mobbingSat, 5 Dec 2009 19:24:59 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8397&forum=55Legge 626, mobbing, burn-out e professione di psichiatra [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8396&forum=55
Mobbing:: Legge 626, mobbing, burn-out e professione di psichiatra<br />
Legge 626, mobbing, burn-out e professione di psichiatra <br />Mar, 2006-04-25 Tutela della professione <br />Dr.ssa Emanuela GAI – Giudice per le Indagini Preliminari – Tribunale di Torino <br /><br /><br />Se si scorrono le pagine di riviste di giurisprudenza o degli archivi informatici, che l’operatore del diritto consulta quotidianamente, numerose sono le sentenze pubblicate in tema di mobbing. Se il termine “mobbing” è ormai diventato, nel linguaggio giuridico, di uso comune per indicare – per giurisprudenza consolidata – “quei comportamenti ostili, vessatori e di persecuzione psicologica, posti in essere dal datore di lavoro ( c.d. mobbing verticale) o da colleghi ( c.d. mobbing orizzontale) che cagionano un disagio psicologico che assume i connotati di una propria malattia” (stadi di ansia, ipertensione arteriosa etc), così non può dirsi per il fenomeno che viene indicato con il termine “burn out”. <br />Anzi, l’indagine compiuta attraverso la lettura delle massime nei principali repertori di giurisprudenza è stata infruttuosa; il termine non si ritrova in alcuna sentenza. Mentre la consultazione di vari siti web evidenzia come il fenomeno sia studiato da tempo ormai anche in Italia, dove si organizzano convegni sul benessere organizzativo, la giurisprudenza non ha ancora acquisito nel linguaggio suo proprio il termine in questione per indicare quelle situazioni di stress maturate nell’ambiente di lavoro. <br />Ed allora, mutuando nel diritto penale la definizione del burn-out dagli studi di psicologia ( uno per tutti Burn-out in Sanità: sindrome da stress o malattia professionale di Francesca <br />Lamanna) – che lo individuano come lo stress lavorativo specifico delle helping professions, consistente in una “sindrome caratterizzata da esaurimento emozionale, depersonalizzazione e riduzione delle capacità personali”, le cui cause vanno individuate principalmente nell’organizzazione disfunzionale delle condizioni di lavoro, sovraccarichi, svolgimento di mansioni frustranti – il primo dato che pare subito rilevante, per l’operatore del diritto, è che si apre una nuova frontiera di tutela della salute del lavoratore: la tutela, in particolare, della salute psichica lesa o messa in pericolo dalla cattiva organizzazione delle risorse umane, la tutela del rischio specifico da stress lavorativo di una particolare categoria di lavoratori che in ragione delle peculiarità della prestazione lavorativa sono i soggetti più esposti alla sindrome in esame. <br />L’importanza dello studio del fenomeno è poi di tutta evidenza nel caso delle professioni sanitarie, laddove gli effetti negativi del burn-out non coinvolgono il solo lavoratore con i sintomi sopra evidenziati, ma anche l’utenza cui viene offerto un servizio inadeguato. Da qui la serietà della questione. Tornando all’esame delle sentenze, se è vero che il termine burn-out non ha trovato riferimento, ciò non significa che la giurisprudenza non sia attenta alla problematica della tutela della salute sul luogo di lavoro, e in particolare della tutela della salute psichica, soprattutto per quelle categorie di lavoratori che per la natura della prestazione lavorativa sono maggiormente sottoposti a forme acute di stress lavorativo. <br />Come insegna l’esperienza, il contributo maggiore viene offerto dalle decisioni dei giudici di merito, che sono i primi ad approfondire le nuove questioni attinenti, come in questo caso, al benessere sul luogo di lavoro, originate da una società in continua trasformazione, le cui conoscenze scientifiche raggiunte rendono migliorabili le condizioni di lavoro. <br />Con specifico riferimento alla problematica della tutela della salute del lavoratore sotto il particolare profilo di cui si discute nel convegno, un utile spunto di approfondimento è offerto da <br />una sentenza del Tribunale di Torino di tre anni or sono ( sez. I , 15.7.2002, imp Uccellini). <br />Il caso deciso è molto semplice. Il Giudice monocratico ha ritenuto che il responsabile dell’istituto di Vigilanza Privata di Torino fosse colpevole del reato di lesioni personali colpose aggravate dalla violazione delle norme antinfortunistiche cagionate ad un lavoratore (la persona offesa era stata colpita da infarto del miocardio) per colpa individuata segnatamente nell’aver omesso di effettuare la valutazione del rischio da stress psico-fisico inerente alla attività di vigilanza, e nell’aver omesso di adottare quei comportamenti organizzativi tecnici e procedurali atti ad evitare il rischio specifico dello stress che ha portato alla lesione personale citata. Al di là del caso specifico, ciò che rileva nella decisione è l’aver riconosciuto tutela alla salute del lavoratore per omessa valutazione del rischio specifico da stress lavorativo connesso all’attività lavorativa e dunque nell’aver posto l’attenzione, quale causa originante la lesione all’integrità fisica, sulla cattiva organizzazione del lavoro come fonte generatrice di fatti lesivi della salute del lavoratore. <br />E’ vero che il caso in esame è, per certi versi, più semplice, posto che nessuno può discutere che possa qualificarsi lesione personale l’infarto del miocardio, mentre nel caso della sindrome da burn- out si pone l’ulteriore problema, in fatto, di accertare in quali casi lo stress sia giuridicamente inquadrabile quale lesioni personale ovvero una malattia professionale ai sensi e per gli effetti dell’art. 582 cpv c.p., in ogni caso la sentenza in questione è utile per una molteplicità di aspetti. Il primo dato di riflessione, se vogliamo continuare il paragone con il c.d. mobbing, è che il P.M. prima, e il giudice poi, hanno ritenuto che la lesione personale sia stata cagionata dal datore di lavoro per colpa, laddove il rimprovero concreto che viene mosso è di aver male organizzato l’attività lavorativa del lavoratore e sottovalutato i rischi connessi allo specifico lavoro a cui è addetto. Allo stesso modo, anche con riferimento allo specifico stress lavorativo c.d. burn-out, il comportamento del datore di lavoro è qualificato come “colposo” (se diversamente il datore di lavoro agisse nella piena consapevolezza che l’organizzazione dell’attività lavorativa di un soggetto fosse fonte di malattie, allora il reato diventerebbe volontario e cioè, in termini giuridici, “doloso”); il rimprovero che viene mosso dal datore di lavoro, e che rileva dal punto di vista penalistico in quanto idoneo a cagionare uno stress lavorativo con le caratteristiche sopra indicate, può così essere sintetizzato: cattiva organizzazione dell’organizzazione del lavoro. Il datore di lavoro deve bene organizzare le risorse umane proprio per prevenire lo stato patologico di stress lavorativo. Ed allora, se ci si muove nell’ambito del reato colposo, occorre fare un passo avanti, e cioè individuare se trattasi di c.d. colpa generica ( negligenza, imprudenza e imperizia) ovvero di colpa specifica e segnatamente nella violazione proprio della normativa posta a tutela della salute del lavoratore sul luogo di lavoro. <br />Il fondamento normativo della colpa ha sicuramente un aggancio nella normativa specifica dettata dal D.lvo 19 settembre 1994 n. 626, che ha dato attuazione ad alcune direttive europee riguardanti il miglioramento della sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro e poi dalla norma generale di cui all’art. 2087 c.c. che stabilisce che il datore di lavoro è tenuto ad adottare, ell’esercizio dell’impresa, le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. <br />Quest’ultima, essendo norma di carattere generale di chiusura del sistema antinfortunistico estendibile a situazioni non ancora disciplinate dalla legge, si deve ritenere applicabile in ogni caso (vedi per tutti Cass. Sez. IV, 18 maggio 1982 n. 5063). Detto obbligo non si esaurisce – secondo quanto si legge nelle più recenti sentenze in materia – “nell’adozione e nel mantenimento perfettamente funzionante di misure di tipo igienico sanitario o intinfortunistico”, ma consiste anche e soprattutto nella predisposizione “di misure atte, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori dalla lesione dell’integrità psicofisica che può derivare come rischio connesso dall’esecuzione dell’attività lavorativa”, rischio che i più recenti studi in tema di burn-out hanno evidenziato come tipico delle helping professionis (operatori sanitari, operatori di polizia, ecc.). <br />In questo contesto, oltre alla norma di portata generale sopra citata, vi è una norma specifica che si adatta al caso in esame: l’art. 4 II co de D.Lvo n. 626/94, che impone al datore di lavoro la valutazione del rischio specifico inerente all’attività lavorativa che, con riferimento all’attività sanitaria, si traduce nella valutazione del rischio specifico da stress psico-fisico nell’esercizio dell’attività sanitaria, cui deve seguire, in positivo, un’organizzazione delle risorse umane tale da scongiurare proprio il suddetto rischio. Impostando così la questione, è evidente che potrà discendere una responsabilità colposa del datore di lavoro (in questo caso il Direttore Sanitario) tutte le volte che nell’organizzazione del lavoro non sia stata effettuata la valutazione del rischio specifico (stress lavorativo), ovvero questa sia stata del tutto inidonea, in base alle conoscenze <br />scientifiche di un dato momento e secondo il criterio della prevedibilità, a scongiurare l’evento. E’ indubbio, poi, che l’indagine dovrà aver riguardo al singolo lavoratore e al rischio <br />specifico connesso alla particolare attività lavorativa cui è addetto (si pensi alla diversa condizione della prestazione dell’attività lavorativa in un pronto soccorso rispetto alla attività identica svolta in un reparto di degenza, e allo stato di salute individuale (precedenti malattie sintomatiche) del lavoratore. <br />Ed è in quest’ottica che la legge impone al datore di lavoro di effettuare adeguati controlli periodici sui lavoratori. È solo attraverso i singoli controlli che è possibile acquisire quelle <br />conoscenze sulla base delle quali il datore di lavoro è in grado evitare il rischio specifico dello stress lavorativo (ad esempio non assegnare turni notturni una persona che ha già manifestato e magari curato sindromi depressive) con una diversa organizzazione del personale, secondo il normale criterio del prevedibile ed evitabile. <br />E’ evidente che la problematica deve poi spostarsi sul piano del fatto. Il giudice dovrà infatti accertare in concreto: a) la sussistenza del comportamento omissivo/inadeguato che ha portato ad un’organizzazione del lavoro del singolo lavoratore idonea a generare lo stress lavorativo; b) la sussistenza di una sindrome da stress lavorativo dipendente dalla condizione di lavoro. Indagini sicuramente non facili, rispetto alle quali un ruolo indispensabile assume l’accertamento peritale da parte di esperti psicologi, dal quale il giudice non potrà prescindere. Si tratta di stabilire “la natura, l’entità, la data dell’insorgenza e/o aggravamento (ai fini della prescrizione del reato) la durata, gli esiti e le cause della malattia sofferta dal lavoratore e se questa sia associabile all’attività svolta dal lavoratore come organizzata dal datore di lavoro”. Solo in caso di risposta positiva a tale ultima questione è poi possibile procedere all’individuazione del comportamento doveroso la cui omissione ha determinato l’evento, e cioè una diversa organizzazione delle prestazione lavorativa idonea ad evitarlo. <br />E qui si apre il capitolo più problematico e di difficile risoluzione del problema, con riguardo alla concreta organizzazione delle imprese private: la mancanza o insufficienza di risorse economiche e umane. E’ evidente che qui non si può richiamare la giurisprudenza che impone al datore di lavoro dell’impresa privata di dotarsi di risorse umane adeguate all’esercizio dell’impresa. Non si vuole, né si può giudicare la gestione amministrativa delle risorse economiche di una azienda sanitaria. Ciò che rileva, nella decisione del giudice, è una organizzazione del personale compatibile con le risorse economiche che un dato soggetto giudico ha in dotazione. La valutazione non potrà che essere effettuata in concreto, caso per caso, tenendo ben presente il criterio di valutazione della colpa. Intanto si potrà contestare il reato colposo nel caso in cui si possa individuare positivamente il comportamento doveroso che avrebbe impedito l’evento secondo le conoscenze scientifiche dell’epoca, tenuto conto, però, che giammai potrà costituire un’esimente il richiamo alla non conoscenza della patologia nella comunità scientifica (si pensi, ad esempio, alla problematica della non conoscenza del rischio di insorgenza del mesotelioma pleurico da inalazione di amianto in un dato momento storico, ritenuta irrilevante dalla giurisprudenza giacché erano già comunque conosciuti i rischi per la salute derivanti dall’asbestosi). Così come la responsabilità del datore di lavoro andrà esclusa – anche nel caso di effettiva insorgenza di una malattia del lavoratore – qualora egli abbia adottato tutte le cautele necessarie a tutelare l’integrità fisica del lavoratore, in modo che l’evento – stress lavorativo – non possa essere ricollegabile a un comportamento colposo del datore di lavoro. Deve, in altri termini, risultare che costui, non appena gli sia stata prospettata l’ipotesi concreta che le mansioni in atto svolte potrebbero concorrere a pregiudicare la salute del lavoratore, abbia destinato il dipendente ad altre mansioni (ad esempio, recenti studi epidemiologici hanno posto in correlazione le malattie cardiovascolari con il lavoro notturno. Ciò non significa di certo che nessuno possa più svolgere lavoro notturno, per la necessità di evitare l’insorgere di una malattia cardiovascolare, ma semplicemente che il lavoratore a rischio accertato di tale tipo di malattia andrà destinato ad altre mansioni). Altro profilo rilevante è quello relativo al nesso di causalità tra lo stato patologico di stress da lavoro e il comportamento colposo del datore di lavoro. Anche questo deve essere oggetto di quesito peritale, al quale gli esperti nominati dal giudice dovranno rispondere tenuto conto del caso concreto. Non resta che attendere qualche pronuncia dei giudici di merito e di legittimità. In ogni caso, ciò che pare essere un elemento imprescindibile è da individuarsi nella ricerca della colpa specifica e cioè nell’aver mal organizzato l’attività lavorativa del personale. Ciò rende possibile ed auspicabile una efficace opera di prevenzione, consistente in una maggiore attenzione alle condizioni in cui si esegue la prestazione lavorativa. Una presa di coscienza, da parte delle imprese, che avrebbe tra l’altro l’effetto di evitare – o quantomeno di ridurre al minimo – possibili strumentali ricorsi al giudice penale, soprattutto nei momenti di maggiori difficoltà economiche. <br />AIPSIMED.ORGSat, 5 Dec 2009 19:23:50 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8396&forum=55Un trasferimento d'ufficio del lavoratore ad altro reparto può costutuire «mobbing» [da ADMIN ]
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Mobbing:: Un trasferimento d'ufficio del lavoratore ad altro reparto può costutuire «mobbing»<br />
Suprema Corte di Cassazione - sezione lavoro - sentenza 4 settembre 2007, n. 18580<br />Un trasferimento d'ufficio del lavoratore ad altro reparto può costutuire «mobbing»<br />E' il lavoratore che deve provare l'atteggiamento persecutorio del datore di lavoro<br />Redazione - RM - 14/09/2007<br /><br />Con la sentenza del 4 settembre 2007, n. 18580 la Cassazione - Sezione lavoro - ha stabilito che il datore di lavoro non risponde di mobbing nel caso in cui abbia trasferito, d'ufficio, il lavoratore a un nuovo reparto, cambiandogli le funzioni svolte fino a quel momento.<br />Il mobbing si configura solo quando il dipendente non sia riuscito a provare che la nuova attività abbia comportato una dequalificazione professionale dovuta ad un atteggiamento persecutorio del datore di lavoro.<br /><br />Fatto e diritto<br />Un biologo, coordinatore dell'impianto di trattamento delle acque presso un'azienda farmaceutica, è stato spostato dal capo in un laboratorio di microbiologia con l'incarico di responsabile, alle dipendenze di un altro ingegnere.<br />Il biologo non aveva gradito tale nuovo incarico e per tutta risposta aveva fatto causa all'azienda farmaceutica per demansionamento e mobbing sostenendo il minore rilievo delle nuove mansioni e l'intento persecutorio del datore di lavoro.<br />Il biologo quindi chiedeva la condanna della società al risarcimento dei danni subiti, sia sotto il profilo della dequalificazione che sotto quello della lesione alla salute e alla identità personale.<br /><br />Le motivazioni del dipendente<br />Per il dipendente l'azienda lo avevano trasferito dandogli nuovi compiti perché aveva fatto insistentemente richiesta «di visionare le autorizzazioni amministrative ed i risultati di talune analisi, al fine di operare con chiarezza a seguito di un controllo effettuato dai Vigili urbani».<br />Il Tribunale di Rovereto gli aveva dato ragione e aveva condannato la casa farmaceutica a risarcirgli euro per mobbing e demansionamento.<br /><br />Le motivazioni ed il ricorso in appello dell'azienda<br />La società convenuta, costituitasi, contestava la ricostruzione dei fatti offerta dal ricorrente e segnalava che questi era stato licenziato per aver prodotto in giudizio documentazione aziendale e corrispondenza riservata.<br />A questo punto il Tribunale, dopo aver espletato prova testimoniale e consulenza tecnica medico legale sulla persona del ricorrente, dichiarava che il ricorrente era stato oggetto di dequalificazione professionale e mobbing e condannava l'azienda a i danni, oltre interessi legali e rivalutazione dalla data della sentenza al saldo.<br />L'azienda allora è ricorsa in appello che veniva accolto dalla Corte (di Appello) che aveva ritenuto che il biologo non avesse prodotto prova del demansionamento e quindi della non equivalenza fra le nuove e le vecchie mansioni. Il biologo ricorreva allora in Cassazione.<br /><br />La decisione della Cassazione<br />La Cassazione ha condiviso la decisione della Corte d'appello ritenendo che avesse valutato diversamente, rispetto al primo giudice, la attendibilità dei testi e la documentazione prodotta in giudizio, ritenendo cioé più attendibile la versione fornita dal datore di lavoro.<br />Ricostruita quindi la vicenda, la Cassazione ha concluso che il biologo non aveva provato la non equivalenza delle mansioni assegnategli rispetto a quelle precedenti.<br />Per la Cassazione peraltro le mansioni erano, invece, equivalenti, anche se l'allontanamento dall'impianto di trattamento acque, in concomitanza con il clima di tensione venutosi a creare con l'azienda, era stato erroneamente percepito dal lavoratore come fatto persecutorio e riduttivo della sua professionalità.<br /><br />Secondo la Cassazione è a carico del lavoratore, che assume la non equivalenza delle mansioni affidategli con quelle da ultimo svolte, provare la non equivalenza e la correlata dequalificazione.<br />La Cassazione - Sezione lavoro - ha stabilito quindi che il datore di lavoro non risponde di mobbing nel caso in cui abbia trasferito, d'ufficio, il lavoratore a un nuovo reparto, cambiandogli le funzioni svolte fino a quel momento in quanto anche nel caso del mobbing è sempre il lavoratore che deve provare semmai un atteggiamento persecutorio del datore di lavoro.<br /><br />Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 4 settembre 2007, n. 18580<br />Presidente Ravagnani - Relatore Cementano - Pm Destro - conforme - Ricorrente Dal Bosco - Controricorrente Sandoz Industrial Products Spa (già Biochemie Spa)<br />Svolgimento del processo<br />Con ricorso al Tribunale di Rovereto, depositato il 2 marzo 2001, Livio Dal Bosco, premesso di essere laureato in biologia e di essere dipendente della Biochemie s.p.a. dal 10.4.1991, dapprima come impiegato e poi come quadro, quale coordinatore di tutte le attività connesse all'impianto di trattamento acque, lamentava di essere stato demansionato ed oggetto di mobbing, avendo ricevuto in data 14.12.1998 l'incarico di responsabile del laboratorio 1 microbiologia, alle dirette dipendenze dell'ing. Cadez.<br />Assumeva che la destinazione alla nuova funzione era stato determinato dalle sue richieste, rimaste senza esito, di visionare le autorizzazioni amministrative ed i risultati di talune analisi, al fine di operare con chiarezza e trasparenza a seguito di un controllo effettuato dai vigili urbani di Rovereto nell'agosto del 1998.<br /><br />Sostenendo il minore rilievo delle nuove mansioni e l'intento persecutorio del datore di lavoro, chiedeva la condanna della società al risarcimento dei danni subiti, sia sotto il profilo della dequalificazione che sotto quello della lesione alla salute e alla identità personale.<br />La società convenuta, costituitasi, contestava la ricostruzione dei fatti offerta dal ricorrente e segnalava che in data 4 maggio 2001 questi era stato licenziato per aver prodotto in giudizio documentazione aziendale e corrispondenza riservata.<br />Espletate prova testimoniale e consulenza tecnica medico legale sulla persona del ricorrente, con sentenza del 23 gennaio 2003 il Tribunale dichiarava che il ricorrente era stato oggetto di dequalificazione professionale e mobbing dal 15.12.1998 alla data del licenziamento; condannava la Biochemie a pagare a titolo di danni la complessiva somma di € 31.321,120, oltre interessi legali e rivalutazione dalla data della sentenza al saldo.<br /><br />L'appello della Sandoz Industrial Products s.p.a., già Biochemie s.p.a., veniva accolto dalla Corte di Appello di Trento con sentenza dell'1/27 luglio 2004.<br />I giudici di secondo grado, ritenuta preferibile la ricostruzione della vicenda come risultante dalle deposizioni rese dai testi addotti dalla società, osservavano che il dott. Dal Bosco non aveva fornito la prova della non equivalenza fra le nuove e le vecchie mansioni e, quindi, del dedotto demansionamento.<br />Rigettavano pertanto la domanda del lavoratore, compensando le spese dei due gradi di giudizio, ad eccezione di quelle relative alla consulenza tecnica, che ponevano a carico dell'appellato.<br />Per la cassazione di tale decisione ricorre, formulando due motivi di censura, Livio Dal Bosco.<br />La Sandoz Industrial Products s.p.a. resiste con controricorso.<br />Motivi della decisione<br /><br />1. Con il primo motivo, denunciando violazione dell'art. 2103 c.c., la difesa del ricorrente lamenta che i giudici di appello hanno erroneamente posto a carico del lavoratore l'onere della prova della mancanza di equivalenza delle mansioni e del conseguente demansionamento, posto che è il datore di lavoro, titolare dello jus variandi, che deve provare la sussistenza delle esigenze aziendali che lo giustificano.<br /><br />2. Con il secondo motivo, denunciando vizi di motivazione su punti decisivi, la difesa Dal Bosco critica la sentenza:<br /><br />a) per non aver considerato che né nella lettera indirizzata al ricorrente né nella e-mail interna, entrambe del 14.12.1998, e neppure nellejob descriptions successive, si fa riferimento alla necessità di spostare il dr. Dal Negro al laboratorio microbiologico in vista delle preannunciate dimissioni del dirigente di questo, dr. Cadez;<br /><br />b) perché non si è tenuto conto del giudizio espresso dall'ordine nazionale dei biologi, in termini di «obiettiva riduzione delle funzioni proprie» e di «diminuzione della capacità e competenza del biologo»;<br /><br />c) per non aver valutato la insanabile contraddizione fra i documenti 25 e 27 di parte aziendale, atteso che con il primo il dr. Casareto, a fronte delle proteste sollevate dal Dal Bosco circa il suo sottoutilizzo nella nuova destinazione, riconosceva il fondamento della lamentela imputandola alla «provvisorietà dettata da situazioni contingenti», mentre con il secondo (lettera 7.9.1999) si contesta al Dal Bosco la responsabilità di questi inconvenienti per un atteggiamento non collaborativo; <br /><br />d) per non aver considerato la motivazione della richiesta del Pm presso il Tribunale di Rovereto di archiviazione della posizione penale aperta nei confronti dei responsabili di Biochemie per i reati di inquinamento, trattandosi di richiesta fondata sulla prescrizione per essersi i fatti verificati in epoca coperta, appunto, da prescrizione.<br /><br />3. Il ricorso non è fondato.<br />La Corte di Trento ha valutato diversamente, rispetto al primo giudice, la attendibilità dei testi e la documentazione prodotta in giudizio, ritenendo più attendibile la versione fornita dal datore di lavoro.<br />E, ricostruita la vicenda, ha conclusivamente osservato che il dr. Dal Bosco non aveva provato la non equivalenza delle mansioni assegnate nel dicembre 1998 rispetto a quelle precedenti; che le mansioni erano, invece, equivalenti, anche se l'allontanamento dall'impianto di trattamento acque, in concomitanza con il clima di tensione venutosi a creare con l'azienda, era stato erroneamente percepito dal lavoratore come fatto persecutorio e riduttivo della sua professionalità, tanto da fargli assumere un atteggiamento di mancanza di collaborazione e adattamento al nuovo ruolo (con conseguente necessità di affidare la responsabilità di quel settore ad altra persona, individuata nel dr. Casareto: pag. 26 della sentenza).<br /><br />Non sussiste in tale affermazione la dedotta violazione dell'art. 2103 c.c., atteso che tale disposizione, come ammette la stessa difesa del ricorrente, attribuisce al datore di lavoro il diritto e il dovere di adibire il lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione.<br />Incombe sul lavoratore, che assume la non equivalenza delle mansioni affidategli con quelle da ultimo svolte, provare la non equivalenza e la correlata dequalificazione (Cass., 9 giugno 1997 n. 5162).<br />Ad ogni modo, come sopra rilevato, la Corte territoriale ha ritenuto che le mansioni attribuite presso il laboratorio di microbiologia, nella prospettiva della cessazione del rapporto di lavoro del dott. Cadez, fossero adeguate alla professionalità del lavoratore, tenendo conto della sua formazione tecnica e della precedente esperienza in materia di fermentazione.<br /><br />In ordine al secondo motivo va osservato che gli elementi che si assumono non valutati o insufficientemente valutati dai giudici di appello o non appaiono decisivi (come il parere dell'ordine nazionale dei biologi) o si risolvono nel diverso apprezzamento di documenti (come la circostanza, peraltro anch'essa non decisiva, che non fossero state prospettate al ricorrente le future dimissioni annunciate dal dr. Cadez) o muovono da una diversa interpretazione dei fatti (come la dedotta contraddizione fra i documenti 25 e 27 e la mancata considerazione delle motivazioni poste a base della richiesta di archiviazione del procedimento aperto a carico dei responsabili Biochemie per reati ambientali).<br />Per tutto quanto esposto il ricorso va rigettato. Il diverso esito dei due gradi di giudizio consiglia la compensazione anche delle spese di questo giudizio di legittimità.<br /><br />PQM<br />La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.<br /><br />Redazione - RM<br /><br /><a href="http://www.newsfood.com/Articolo/Lavoro/News.asp?UN=2950" title="http://www.newsfood.com/Articolo/Lavoro/News.asp?UN=2950" rel="external">http://www.newsfood.com/Articolo/Lavoro/News.asp?UN=2950</a>Sat, 5 Dec 2009 19:22:34 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8395&forum=55Mobbing: non è penalmente sanzionabile Cassazione penale, sez. V, sentenza 29 agosto 2007, n. 33624 [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8394&forum=55
Mobbing:: Mobbing: non è penalmente sanzionabile Cassazione penale, sez. V, sentenza 29 agosto 2007, n. 33624<br />
Cassazione penale, sez. V, sentenza 29 agosto 2007, n. 33624<br />Mobbing: non è penalmente sanzionabile<br />Necessità di individuazione degli atti lesivi<br /><br />Nella sentenza 29 agosto 2007, n. 33624 la sez. V della Cassazione penale ha fatto rilevare che non esiste nel codice penale una espressa norma che penalmente sanzioni il mobbing ed a ricercare nello stesso la figura di reato il più vicina allo stesso dobbiamo riferirci a quella dei maltrattamenti commessa da persona dotata di autorità per l'esercizio di una professione.<br /><br />Fatto e diritto<br />Trattasi di in contenzioso amministrativo sfociato poi in penale. Protagonista una insegnante di sostegno presso un Istituto d'arte che aveva accusato il preside della scuola per lesioni personali volontarie gravi per condotta di mobbing. <br />Il giudice ha ritenuto sostanzialmente 'insostenibile' la tesi della ricorrente di ricondurre alla nozione di lesione della mera alterazione del tono dell'umore per la difficoltà di individuare un atto a cui collegare eziologicamente la malattia.<br />Sostiene infatti che con la nozione (delineatasi nella esperienza giudiziale gius/lavoristica) di mobbing si individua la fattispecie relativa ad una condotta che si protragga nel tempo con le caratteristiche della persecuzione, finalizzata all'emarginazione del lavoratore, onde configurare una vera e propria condotta persecutoria posta in essere dal preposto sul luogo di lavoro.<br />La difficoltà di inquadrare la fattispecie in una precisa figura incriminatrice, mancando in seno al codice penale questa tipicizzazione, deriva - nel caso di specie - dalla erronea contestazione del reato da parte del P.M.<br /><br />La decisione della Cassazione penale<br />L'atto di incolpazione non è stato idoneo a descrivere i tratti dell'azione censurata. La condotta di mobbing suppone non tanto un singolo atto lesivo, ma una mirata reiterazione di una pluralità di atteggiamenti, anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, convergenti sia nell'esprimere l'ostilità del soggetto attivo verso la vittima sia nell'efficace capacità di mortificare ed isolare il dipendente nell'ambiente di lavoro. <br />Pertanto la prova della relativa responsabilità 'deve essere verificata, procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi... che può essere dimostrata per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa...'. <br />Secondo la stessa Cassazione penale la figura di reato maggiormente prossima ai connotati caratterizzanti il cd. mobbing è quella descritta dall'art. 572 c. p., commessa da persona dotata di autorità per l'esercizio di una professione e nei ricorsi presentati e dal giudice nella decisione impugnata, non è dato vedere - nella contestazione formulata dalla pubblica accusa quale azione possa ritenersi illecita e causativa della malattia.<br />Per la Cassazione penale non è risultata, pertanto, illogica l'osservazione del giudice che lamenta la mancata individuazione degli atti lesivi, ciascuno dei quali difficilmente in grado di rapportarsi alla patologia evidenziata (malattia, a sua volta, non connotata da esiti allocabili cronologicamente - con sicurezza - quanto al suo insorgere, così da evidenziare l'autore del fatto illecito e le circostanze modali dell'azione lesiva).<br /><br />Sentenza Cassazione penale, sez. V, 29 agosto 2007, n. 33624<br />SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE<br />SEZIONE V PENALE<br />REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />Quinta Sezione penale<br />Sentenza sul ricorso presentato dalla Parte Civile I.C. e dal Pubblico Ministero di Santa Maria Capua Vetere avverso la sentenza di non luogo a procedere resa dal Giudice dell'Udienza preliminare presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 3.11.2006 nei confronti di G.D.N. nato il ...omissis... Sentita la Relazione svolta dal Cons. Gian Giacomo Sandrelli sentita la Requisitoria del Procuratore Generale nella persona del Cons. Giuseppe Febbraro che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.<br /><br />IN FATTO<br />Ricorrono avverso la sentenza di non luogo a procedere resa dal GUP presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere nel proc. a carico di G.D.N. sia il PM. sia la Parte Civile I.C., lamentando entrambi sia la erronea applicazione della legge penale sia la carenza di motivazione. La vicenda attiene ad una annosa querelle tra la prof. I.C., insegnante di sostegno presso l'Istituto d'arte di S.L., ed il preside della scuola, G.D.N., sfociata in contenzioso amministrativo e, di poi, penale. L'accusa dedotta nell'attualeprocedimento è di lesioni personali volontarie gravi in ragione dell'indebolimento permanente dell'organo della funzione psichica, in sostanza un comportamento riconducibile, come si esprimono le parti, nella condotta di mobbing. Il giudice ha reso sentenza liberatoria sostanzialmente ritenendo 'insostenibile' la tesi (espressa da CT.) della riconducibilità alla nozione di lesione della mera alterazione del tono dell'umore attesa la natura transeunte ed assai comune e la difficoltà di individuare un atto a cui collegare eziologicamente la malattia.<br /><br />IN DIRITTO<br />1) Sia le parti private sia il giudicante invocano, per l'attuale vicenda, la condotta di mobbing.<br />Con la nozione (delineatasi nella esperienza giudiziale gius/lavoristica) di mobbing si individua la fattispecie relativa ad una condotta che si protragga nel tempo con le caratteristiche della persecuzione, finalizzata all'emarginazione del lavoratore, onde configurare una vera e propria condotta persecutoria posta in essere dal preposto sul luogo di lavoro. La difficoltà di inquadrare la fattispecie in una precisa figura incriminatrice, mancando in seno al codice penale questa tipicizzazione, deriva - nel caso di specie - dalla erronea contestazione del reato da parte del P.M. Infatti, l'atto di incolpazione è assolutamente incapace di descrivere i tratti dell'azione censurata. La condotta di mobbing suppone non tanto un singolo atto lesivo, ma una mirata reiterazione di una pluralità di atteggiamenti, anche se non singolarmente connotati da rilevanza penale, convergenti sia nell'esprimere l'ostilità del soggetto attivo verso la vittima sia nell'efficace capacità di mortificare ed isolare il dipendente nell'ambiente di lavoro. Pertanto la prova della relativa responsabilità 'deve essere verificata, procedendosi alla valutazione complessiva degli episodi dedotti in giudizio come lesivi... che può essere dimostrata per la sistematicità e durata dell'azione nel tempo, dalle sue caratteristiche oggettive di persecuzione e discriminazione, risultanti specificamente da una connotazione emulativa e pretestuosa...' (cfr. Cass. civ., Sez. L, 6.2006, Meneghello/Unicredit Spa, CED Cass. 587359).<br />2) E' approdo giurisprudenziale di questa Corte che la figura di reato maggiormente prossima ai connotati caratterizzanti il cd. mobbing è quella descritta dall'art. 572 c. p., commessa da persona dotata di autorità per l'esercizio di una professione: si richiama, in tal senso, per una situazione di fatto giuridicamente paragonabile - in linea astratta - alla presente Cass., sez. VI, 22.1.2001, Erba, CED Cass. 218201. Ove si accolga siffatta lettura, risulta evidente che, soltanto per l'ipotesi dell'aggravante specifica della citata disposizione, si richieda la individuazione della conseguenza patologica riconducibile agli atti illeciti.<br />3) Se questa è la premessa di diritto (richiamata dalle parti processuali nei loro ricorsi e dal giudice nella decisione impugnata), non è dato vedere - nella contestazione formulata dalla pubblica accusa verso il D.N. - quale azione possa ritenersi illecita e causativa della malattia della C. Non risulta - pertanto - illogica l'osservazione del giudice che lamenta la mancata individuazione degli atti lesivi, ciascuno dei quali difficilmente in grado di rapportarsi alla patologia evidenziata (malattia, a sua volta, non connotata da esiti allocabili cronologicamente - con sicurezza - quanto al suo insorgere, così da evidenziare l'autore del fatto illecito e le circostanze modali dell'azione lesiva). D'altra parte, in carenza financo di una prospettazione espressamente continuativa (la condotta è, tuttavia, contestata 'sino all'aprile 2003' senza richiamo all'art. 81 cpv. c.p.), è ben ardua la ravvisabilità del rapporto di cui all'art. 40 c. p. di una singola ingiuria o di una sola propalazione diffamatoria o intimidativa (i cui contorni restano oscuri, non essendo assolutamente specificati nell'addebito di accusa). Gli stessi atti di impugnazione richiamano la pluralità di gesti ostili, senza che - peraltro - degli stessi vi sia indicazione (se non indebitamente generica) nella formale incolpazione. Non è, conseguentemente data la ravvisabilità dei parametri di frequenza e di durata nel tempo delle azioni ostili poste in essere dal soggetto attivo delle lesioni personali, onde valutare il loro complessivo carattere persecutorio e discriminatorio.<br />4) Trascurando quanto attiene alla già resa valutazione della prova, incompatibile con il giudizio di legittimità, le censure addotte sono infondate poiché pretendono dal GIP di considerare una 'reiterazione' di condotte, non compiutamente contestata; inoltre riferita ad azioni in sé prive di potenzialità direttamente lesiva dell'integrità della vittima (come ingiurie, diffamazioni, ecc.), o prive di riscontri di esiti obiettivamente dimostrabili. Per questa ragione, non si rileva né carenza né illogicità della motivazione, attesa la radicale insufficienza della contestazione a contenere possibili sviluppi dibattimentali dell'accusa (ben avendo potuto, già in sede di udienza preliminare, il PM. procedere a più confacente contestazione) ed a sviluppare un possibile compendio probatorio ex art. 422 c.p.p., onere che grava principalmente sull'organo di accusa. I ricorsi vengono rigettati: da tanto consegue la condanna della parte civile al pagamento delle spese del procedimento.<br /><br />P.Q.M.<br />Rigetta i ricorsi e condanna la parte Civile al pagamento delle spese del procedimento.<br /><br />Redazione - RM<br /><br /><a href="http://www.newsfood.com/Articolo/Lavoro/News.asp?UN=2931" title="http://www.newsfood.com/Articolo/Lavoro/News.asp?UN=2931" rel="external">http://www.newsfood.com/Articolo/Lavoro/News.asp?UN=2931</a>Sat, 5 Dec 2009 19:21:12 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8394&forum=55Lo stalking entra nel codice penale [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8393&forum=55
Mobbing:: Lo stalking entra nel codice penale<br />
La reclusione va da 6 mesi a 4 anni<br />Lo stalking entra nel codice penale<br />Punite le persecuzioni e le discriminazioni per religione, orientamento sessuale, etnia, genere e razza<br /><br />Nella seduta del 14 novembre la Commissione Giustizia della Camera ha approvato il testo unificato che punisce lo stalking, ovvero gli atti persecutori e l’omofobia.<br /><br />Il reato prevede la reclusione da 6 mesi a 4 anni “chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere”.<br />La durata della pena, inoltre, aumenta di due terzi se il reato reiterato e della metà se esso viene commesso contro un minore.<br />In merito alle procedure, il testo prevede che la vittima dello stalking possa presentare all'autorità competente richiesta di diffida e se, nonostante essa, “l'indagato commette nuovi atti persecutori espressamente denunciati all'autorità, il reato è perseguibile d'ufficio e la pena detentiva prevista dal primo comma dell'articolo 612-bis del codice penale è aumentata fino a sei anni”.<br />Il testo, infine, precisa che rientrano nello stalking gli atti persecutori, la discriminazione, l’odio e la violenza mossi da motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi, dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere della vittima.<br /><br /><br />CAMERA DEI DEPITATI, COMMISSIONE GIUSTIZIA, 14 NOVEMBRE 2007<br />TESTO UNIFICATO<br />MISURE CONTRO GLI ATTI PERSECUTORI E LA DISCRIMINAZIONE FONDATA<br />SULL'ORIENTAMENTO SESSUALE O SULL'IDENTITÀ DI GENERE<br />Art. 1.<br />(Modifiche al codice penale).<br />1. Dopo l'articolo 612 del codice penale sono inseriti i seguenti:<br />«Art. 612-bis. - (Atti persecutori). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque<br />reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli<br />un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza<br />personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il<br />suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a<br />quattro anni.<br />La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso da persona già condannata per il<br />delitto di cui al primo comma.<br />La pena è aumentata fino alla metà e si procede d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti<br />di un minore ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall'articolo 339.<br />Si procede altresì d'ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il<br />fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d'ufficio.<br />Art. 612-ter. - (Diffida). - La persona che si ritiene offesa da condotta che può presentare gli<br />elementi del reato di cui all'articolo 612-bis può presentare all'autorità competente richiesta di<br />diffida all'autore della stessa.<br />Quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del<br />reato di cui all'articolo 612-bis, l'autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del pubblico<br />ministero che procede, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti persecutori.<br />La diffida è notificata all'indagato con le forme di cui agli articoli da 148 a 171 del codice di<br />procedura penale.<br />Se nonostante la diffida formale l'indagato commette nuovi atti persecutori espressamente<br />denunciati all'autorità, il reato è perseguibile d'ufficio e la pena detentiva prevista dal primo<br />comma dell'articolo 612-bis è aumentata fino a sei anni.».<br />2. All'articolo 577 del codice penale, primo comma, dopo il numero 4), è aggiunto il seguente:<br />«5) a seguito degli atti persecutori di cui all'articolo 612-bis».<br />3. All'articolo 609-ter del codice penale, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente: «La<br />pena è della reclusione da quattro a quattordici anni se il fatto è commesso in seguito ad atti<br />persecutori di cui all'articolo 612-bis».<br />Art. 2.<br />(Modifiche al codice di procedura penale).<br />1. All'articolo 266, comma 1, lettera f), dopo la parola: «minaccia,» sono inserite le seguenti:<br />«atti persecutori,».<br />2. All'articolo 392, il comma 1-bis, la parole 609-bis è aggiunta la seguente: «612-bis».<br />3. Al comma 5-bis dell'articolo 398 dopo la parola: «609-octies» è aggiunta la seguente: «612-<br />bis».<br />4. Al comma 4-ter dell'articolo 498 dopo la parola: «609-octies» è aggiunta la seguente: «612-<br />bis».<br />5. Dopo l'articolo 282-bis è inserito il seguente: «Art. 282-ter. - (Divieto di avvicinamento ai<br />luoghi frequentati dalla persona offesa). - 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di<br />avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati<br />abitualmente frequentati dalla persona offesa.<br />2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all'imputato di non<br />avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona<br />offesa o da persone con questa conviventi.<br />3. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di<br />lavoro, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.<br />4. I provvedimenti di cui al presente articolo sono comunicati all'autorità di pubblica sicurezza<br />competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e<br />ai servizi socio-assistenziali del territorio».<br />Art. 3.<br />(Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654 ed al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122,<br />convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205).<br />1. All'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, sono apportate<br />le seguenti modificazioni:<br />a) al comma 1, lettera a), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o<br />fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere»;<br />b) al comma 1, lettera b), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o<br />fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere»;<br />c) al comma 3, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati<br />sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».<br />2. La rubrica dell'articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con<br />modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituita dalla seguente:<br />«Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati<br />sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».<br />3. All'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con<br />modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «o religioso» sono sostituite dalle<br />seguenti: «, religioso o motivato dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere».<br />4. All'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con<br />modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, dopo le parole: «comma 1,» sono inserite le<br />seguenti: «ad eccezione di quelli previsti dall'articolo 609-bis del codice penale,».Sat, 5 Dec 2009 18:56:13 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8393&forum=55MOBBING: TUTELA IN SEDE PENALE [da ADMIN ]
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Mobbing:: MOBBING: TUTELA IN SEDE PENALE<br />
MOBBING: TUTELA IN SEDE PENALE <br /><br /><br />Come abbiamo già detto, nel nostro ordinamento non vi sono norme penali che sanzionano atteggiamenti di vessazione morale o di dequalificazione professionale in quanto tali. Proprio le difficoltà che l’interprete incontra nell’individuare, nell’attuale normativa, un’efficace tutela penale a favore della vittima di mobbing, hanno determinato il proliferare di nuove proposte anche in sede legislativa. Pur nella consapevolezza della difficoltà di stabilire con precisione le fattispecie concrete degli atti e dei comportamenti attraverso i quali si verificherebbero la violenza e la persecuzione psicologica ai danni dei lavoratori; è evidente che il mobbing in quanto tale, può e deve avere autonoma rilevanza penale e trovare sanzione nell’ambito di una normativa non limitata al risarcimento del danno davanti al giudica del lavoro.Nella vigenza delle norme attuali, sono le singole figure di reato ad essere sussunte dall’interprete, allorché si determina l’insorgere di un procedimento per tali figure delittuose, nell’ambito del fenomeno mobbing.A parte i casi di ingiuria (offesa all’onore e al decoro) o di diffamazione (offesa della reputazione resa pubblica) previsti dal codice penale e sanzionati come delitti contro l’onore, l’individuazione delle ipotesi di reato a carico del soggetto che pone in essere attività inquadrabili nel fenomeno del mobbing, si basa attualmente sugli effetti che tali azioni hanno sull’individuo che le subisce. Questo determina il fatto che la perseguibilità degli stessi (dagli abusi sessuali ai ricatti lavorativi qualificabili come vere e proprie estorsioni) passa solo attraverso l’attuale paradigma normativo delle specifiche figure di reati, prescindendosi dal contesto lavorativo nel quale tali episodi si verifichino.<br />In base all’attuale normativa, fino a che non si dimostri in modo inequivocabile che il lavoratore mobbizzato si sia ammalato di mobbing, la tutela in ambito penalistico -nell’ambito del delitto di lesioni- non ha concreta praticabilità.<br />Ove fosse stabilito che è stata danneggiata la sua salute fisica o psichica o entrambe, il primo passo da compiere è accertare se la lesione sia stata causata effettivamente dal mobbing, se cioè, esiste un nesso di casualità tra i comportamenti posti in essere nell’ambiente di lavoro e gli effetti subiti.<br />E’ poi indispensabile accertare se la volontà del soggetto agente (il datore di lavoro o il collega) sia frutto di un dolo (si basa sulla coscienza e volontà della condotta e dell’evento offensivo)o di una colpa (si basa sulla coscienza e volontà della condotta ma non dell’evento, che si realizza invece per negligenza, imprudenza, imperizia o violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline specifiche). Tale verifica si fonderà innanzitutto sulla condotta del soggetto, ma anche sulle circostanze del fatto che hanno concorso all’azione criminosa, oltre che su altri elementi, quali le motivazioni dichiarate dal lavoratore stesso.<br />Il risultato di queste verifiche potrà essere per esempio: l’eventuale connessione tra l’evento lesivo ed una attività di contrasto del lavoratore legata alla necessità dell’organizzazione aziendale (che venga ritenuta valida e legittima), per cui potrà emergere eventualmente un delitto colposo; oppure la rilevazione di un comportamento (dalle finalità preordinate e precise), ingiustificabile e non collegabile a valide scelte di organizzazione aziendale, tali per cui emergerà un reato doloso che, in quanto tale, sarà sanzionato più gravemente.Questi sono alcuni esempi, anche se dobbbiamo sempre tenere presente la specificità di ogni singolo caso. La vera difficoltà, tuttavia, di tale percorso di tutela del lavoratore è quella di riuscire a provare l’esistenza di una connessione tra molestia morale e l’insorgere di una malattia fisica o psichica. E’ quindi necessario definire il rapporto causale tra malattia contratta sul lavoro e la sua origine.<br />La Medicina Legale definisce il rapporto causale, tra un evento patologico determinatosi e una causa in relazione con esso, unica ed efficiente, capace di produrre quel fenomeno patologico. Analizzando quindi i due elementi di questo ipotetico rapporto causale, così come richiesto dalla normativa attuale e dalle proposte di legge presentate alle Camere, si evince che essi sono fattori variabili, infatti:1. i comportamenti del datore di lavoro che si connotano per il contenuto vessatorio e per le finalità persecutorie possono variare da maltrattamenti verbali, alla svalutazione dei risultati ottenuti, ad impropri aumenti di carichi dai lavoro o ad esclusione da incarichi con la finalità di ottenere l’isolamento del lavoratore sgradito;2. le conseguenze dell’azione mobbizzante presentano altresì connotazioni e stadi variabili, dall’assenza di sintomi a disagi psichici, fino alla vera e propria malattia depressiva.Il rapporto causale pertanto, così come lo intende la legge attuale è, in caso di mobbing, moto difficilmente dimostrabile.<br />Anzitutto perché la malattia psichica, seppur verificatasi, è per sua stessa definizione plurietiologica e riflette senza dubbio condizioni ambientali pluriconcorsuali.<br />Il fenomeno del mobbing dovrebbe allora essere perseguito "in sé", quale reato di pericolo a produrre l’evento, cioè, come reato di pura condotta, e non tanto per gli effetti prodotti. Il legislatore dovrebbe mirare a punire il comportamento lesivo sul luogo di lavoro al di là del fatto che l’effetto dannoso si sia realmente prodotto. <br /><br /><br />fonte: <a href="http://www.sindacatonazionale.com" title="www.sindacatonazionale.com" rel="external">www.sindacatonazionale.com</a>Sat, 5 Dec 2009 18:55:08 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8392&forum=55MOBBING: TUTELA IN SEDE CIVILE [da ADMIN ]
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Mobbing:: MOBBING: TUTELA IN SEDE CIVILE<br />
In sede civile il mobbing è stato, di recente, oggetto di una serie di interessanti pronunce della Corte di Cassazione dalla portata assai innovativa. Tali sentenze sono state pronunciate nell’ambito di procedure del lavoro e nell’ambito della tutela apprestata dallo Statuto dei Lavoratori.<br />Quasi nessuna di queste sentenze ha denominato mobbing il comportamento dei datori di lavoro. <br />Ciò da un lato dimostra che anche senza una particolare codificazione del fenomeno una tutela è già apprestata, dall’altro che una codificazione normativa del mobbing (in quanto categoria fenomenica e socio-giuridica) è forse meno importante di una più chiara presa di coscienza sociale del fenomeno; onde meglio inquadrare come contrari al lavoratore una serie di comportamenti sistematici che hanno comunque conseguenze, se non finalità, vessatorie e lesive della sua integrità psico-fisica e della sua dignità.<br /><br />• corte di cassazione sent. n.475 del 1999 ha statuito che: un comportamento, anche astrattamente lecito, del datore di lavoro diventa illegale, e quindi risarcibile, ove nasconda un intento persecutorio.<br /><br />• corte di cassazione sent. n.8267/97 ha statuito che il datore di lavoro è responsabile ex art. 2087 c.c. ove i lavoratori subiscano una compromissione della salute a causa di un eccessivo impegno sul lavoro, nella misura in cui la ricerca di maggiori livelli di competitività produttiva non può compromettere l’integrità psico-fisica dei lavoratori. Di conseguenza il datore di lavoro ha il dovere di adottare un organico di personale adeguato al volume produttivo della sua azienda.<br /><br />• corte di cassazione sent. n.1307/00 ha statuito che rientrano nella responsabilità contrattuale del datore di lavoro, per cd. danno biologico, tutte le lesioni arrecate all’integrità psico-fisica dei lavoratori da un eccessivo e continuativo carico di lavoro straordinario; si pensi, ad esempio, al lavoro riconducibile ad una deliberata mancata integrazione dell’organico necessario da parte dell’imprenditore.<br /><br />• corte di cassazione sent. n.3147/99 ha stabilito che il lavoratore che abbia subito un licenziamento ingiusto, per esempio con accuse false sul suo comportamento, ha diritto non solo alla reintegrazione nel posto di lavoro, ma anche ad un risarcimento per il danno arrecato alla sua reputazione.<br /><br />• corte di cassazione sent. n.5491/02-05-00 ha anzitutto ribadito che, ove si controverta i materia di danno biologico, la norma di riferimento deve essere l’art. 2087 c.c. e non l’art. 2043 (che obbliga l’autore di un fatto ingiusto al risarcimento del danno); confermando così, in sostanza, che è la società datrice di lavoro a doversi discolpare e non invece il lavoratore a provare l’esistenza del fatto.<br />D’altra parte la Corte ha ribadito che è comunque il dipendente ad avere l’onere di provare l’esistenza di un nesso causale tra il comportamento del datore e l’insorgere di un pregiudizio alla sua salute.<br /><br />FONTE: <a href="http://www.sindacatonazionale.com" title="www.sindacatonazionale.com" rel="external">www.sindacatonazionale.com</a>Sat, 5 Dec 2009 18:54:07 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8391&forum=55Rapporto di lavoro - mobbing - definizione - danno esistenziale - presupposti - valutazione equitati [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8390&forum=55
Mobbing:: Rapporto di lavoro - mobbing - definizione - danno esistenziale - presupposti - valutazione equitati<br />
Rapporto di lavoro - mobbing - definizione - danno esistenziale - presupposti - valutazione equitativa - criteri.<br /><br />L’individuazione in concreto dei comportamenti che integrano il mobbing, in quanto volti a respingere dal contesto lavorativo il soggetto mobbizzato (il quale può riportare anche conseguenze negative di ordine fisico), deve essere compiuta in base ai risultati della psicologia del lavoro internazionale e nazionale. Questo fenomeno può causare un danno esistenziale o danno alla vita di relazione, di natura sia contrattuale che extracontrattuale, ogniqualvolta l’aggressione alla sfera della dignità del lavoratore non possa ricevere una diversa qualificazione risarcitoria: in tal caso, il danno potrà essere liquidato in via equitativa, ex artt. 1226 e 2056 c.c., in base ai parametri del tempo e della retribuzione. <br /><br />FONTE: <a href="http://www.sindacatonazionale.com" title="www.sindacatonazionale.com" rel="external">www.sindacatonazionale.com</a>Sat, 5 Dec 2009 18:53:11 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8390&forum=55MOBBING: LA LEGISLAZIONE IN VIGORE IN ITALIA [da ADMIN ]
http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8389&forum=55
Mobbing:: MOBBING: LA LEGISLAZIONE IN VIGORE IN ITALIA<br />
• costituzione (art.32): la salute è un diritto dell’individuo e della collettività. (art.40) l’iniziativa economica privata è libera, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.<br /><br />• Codice Civile (art. 2087): sulla tutela delle condizioni di lavoro. Richiama l’imprenditore "...ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro". Come a dire che il legislatore, già all’inizio degli anni 40, riconosceva la complessità dell’uomo, fatto di struttura organica (integrità fisica), ma anche di emozione, pensiero, sentimento (personalità morale) che l’imprenditore è tenuto ugualmente a tutelare.<br /><br />• Codice Penale: prevede sanzioni specifiche in caso di omissione dolosa (art.437) e colposa (art.451) di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Inoltre denuncia per "lesioni personali", punisce con la reclusione da tre mesi a tre anni "chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente" (art.582) e punisce con l’arresto fino a sei mesi di reclusione "chiunque reca molestie o disturbo a qualcuno" (art. 660). violenza sessuale (609bis) Siccome il mobbing può causare malattie professionali e quindi costituire reato, può essere punito dall’art.590 secondo il delitto di lesione personale colposa.<br /><br />• Statuto dei Lavoratori, Legge 300/1970: <br />art.9 tutela della salute e dell’integrità fisica. <br />art.13 al dipendente non possono essere date mansioni di livello professionale inferiore a quello d’inquadramento. <br />art.15 atti discriminatori per motivi politici o religiosi <br />art.18 reintegrazione nel posto di lavoro in caso di ingiusto licenziamento<br /><br />• D.Lgs 626/94: riguardante il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Definisce che il datore di lavoro (art. 4 comma 5 lett. c), nell’affidare i compiti ai lavoratori, deve tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza.Sat, 5 Dec 2009 18:52:16 +0100http://www.guardieinformate.net/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=8389&forum=55