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Deve essere risarcita la guardia particolare giurata licenziata ( sentenza n. 1524/2010 )
Categoria : Leggi & Sentenze
Pubblicato da ADMIN in 18/6/2010
Deve essere risarcita la guardia particolare giurata licenziata a causa di un illegittimo diniego di rinnovo del decreto prefettizio di nomina
by Mauro Di Pace
Il TAR Campania, con sentenza n. 1524/2010, affronta la questione del risarcimento del danno consequenziale all'illegittimo provvedimento di diniego di rinnovo del decreto di nomina a GPG, stabilendo alcuni punti fermi:

1) è dovuto il risarcimento, se al diniego illegittimo segue il licenziamento della GPG;

2) il risarcimento è subordinato alla preventiva impugnazione dinnanzi al TAR (e al conseguente annullamento) del provvedimento di diniego;

3) secondo le regole generali, grava sul ricorrente la prova della sussistenza del danno (come entità ulteriore rispetto a quella elisa con l'annullamento), del nesso causale fra illegittimità e danno, della colpa o del dolo della P.A.;

4) il danno c.d. esistenziale (non configurabile come categoria autonoma, ma come voce di danno non patrimoniale) non è in re ipsa, ma va provato.

Di seguito il testo della sentenza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 5843 del 2008, proposto da:
P.A., rappresentato e difeso dagli avv. Roberto Azzurro, Domenico Gagliardi, con domicilio eletto presso Domenico Gagliardi in Napoli, Segreteria T.A.R.;

contro

Prefettura di Napoli, Questore della Provincia di Napoli, Ministro dell'Interno, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Di Sirio, con domicilio eletto presso Giuseppe Di Sirio in Napoli, via Diaz, 11 c/o Avvocatura Stato;
per la condanna del Ministero dell'Interno al risarcimento del danno in favore del ricorrente, per illegittimo mancato rinnovo del decreto di approvazione della nomina a guardia giurata, con interessi e rivalutazione monetaria

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Prefettura di Napoli e di Questore della Provincia di Napoli e di Ministro dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2010 il dott. Antonio Onorato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso ritualmente notificato e depositato il ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni subiti a cagione dell' illegittimo comportamento dell'amministrazione intimata: il Prefetto di Napoli, infatti, in data 9 febbraio 2007 emetteva provvedimento di diniego di rinnovo del decreto di approvazione a nomina di guardia particolare giurata, che determinava la sospensione dal servizio del predetto a decorrere dall' 8 marzo 2007.
L'interessato con ricorso al TAR impugnava il provvedimento del Prefetto chiedendone l'annullamento.
Con sentenza n. n. 3777/2007 del 5 aprile 2007 il ricorso veniva accolto con sentenza immediata, successivamente passata in giudicato.
Sennonché, il Prefetto con nuovo provvedimento notificato il 22 giugno 2007 rinnovava il provvedimento di diniego.
Seguivano un nuovo ricorso e la nuova sentenza del Tribunale n. 8427/2007 del 6 settembre 2007 con la quale anche il secondo diniego veniva annullato.
Solo il 21 gennaio 2008 finalmente il Prefetto rilasciava il titolo richiesto che, tuttavia, interveniva dopo la scadenza del termine di sei mesi a suo concesso dal datore di lavoro del ricorrente, sicchè quest'ultimo in data 4 febbraio 2008 era definitivamente licenziato.
Il ricorrente, pertanto, atteso che, per effetto dei suddetti provvedimenti illegittimi, non ha prestato la propria attività lavorativa, con conseguente mancata percezione della retribuzione, ha agito per ottenere il risarcimento del danno ingiusto subito sotto i profili:
a)-della mancata percezione della retribuzione, per il periodo 8 marzo 2007-21 gennaio 2008.
b)- dell'indennità sostitutiva della reintegrazione, pari a quindici mensilità della retribuzione globale;
c)-della indennità aggiuntiva quantomeno nella misura minima di cinque mensilità a causa della perdita definitiva del posto di lavoro;
d)-del danno esistenziale di liquidare in misura equitativa.
Il tutto con interessi e rivalutazione monetaria.
L'amministrazione intimata si è costituita in giudizio ma la sua difesa non ha prodotto memoria difensiva, essendosi limitata a depositare la relazione dell'Ufficio territoriale del Governo di Napoli del 19 novembre 2008.

DIRITTO

1.Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento nei termini di seguito illustrati.
2.Come già evidenziato dalla IV Sezione di questo Tribunale con la sentenza n. 18312/2005, in via assolutamente preliminare deve rappresentarsi che nessun dubbio può sussistere sulla spettanza della giurisdizione a questo Giudice – con riguardo alla pretesa risarcitoria in oggetto- sol che si ponga mente alla condivisibile affermazione giurisprudenziale secondo cui "Con la nomina a guardia giurata si acquista una posizione di diritto soggettivo che, nell'ipotesi di revoca e di mancato rinnovo del provvedimento di nomina, degrada a interesse legittimo per riespandersi in diritto ove il provvedimento venga annullato dal giudice amministrativo."(App. Trieste, 19 gennaio 1998).
3.Ciò premesso, il principio dal quale muovere al fine della risoluzione della questione per cui è causa, è rappresentato dalla costante affermazione giurisprudenziale secondo cui – a seguito della novella di cui alla l. n. 205/2000 che ha affidato alla giurisdizione amministrativa la cognizione delle pretese risarcitorie da illegittima compressione di posizioni giuridiche attive rientranti nel novero dei c.d. "interessi legittimi"- " Il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno per lesione di interesse legittimo è condizionato dalla verifica di tutti i requisiti di legge che sono la lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento (danno ingiusto) e l'accertamento del dolo o della colpa della p.a., la cui imputabilità è esclusa sia ove la violazione delle regole sia l'effetto di un errore scusabile sia ove non possano essere mosse censure sul piano della diligenza e della perizia." (Consiglio Stato, sez. VI, 4 novembre 2002, n. 6000).
Il vaglio sulla fondatezza della pretesa di parte ricorrente trarrà le mosse, pertanto, dal superiore presupposto, pienamente condiviso dalla Sezione.
4.In punto di fatto – non è superfluo rammentarlo- parte ricorrente è stata destinataria di due successivi provvedimenti di diniego di rinnovo della nomina a guardia giurata sulla cui illegittimità non è il caso di soffermarsi: essa costituisce dato pacifico, posto che questo Tribunale Amministrativo Regionale ebbe ad annullarli con due successive sentenze.
Tuttavia, è coerente ribadire che – alla stregua del superiore orientamento giurisprudenziale esposto in premessa – il solo annullamento del provvedimento non determina ex se ed in via automatica la sussistenza di un danno ingiusto risarcibile ai sensi del paradigma normativo di cui all'art. 2043 cc..
La delibazione sul petitum risarcitorio postula invece che ci si soffermi sulla ricorrenza di tre ulteriori condizioni: l'esistenza di un nesso eziologico tra provvedimento illegittimo ed evento dannoso (T.A.R. Veneto, sez. II, 31 marzo 2003, n. 2166); la sussistenza di una condotta dolosa o colposa imputabile all'amministrazione (intesa, quest'ultima, quale "apparato amministrativo", nel solco inaugurato dalla sentenza n. 500/1999 della Suprema Corte di Cassazione); la ricorrenza di un danno risarcibile diverso ed ulteriore rispetto a quello eliso dalle due sentenze demolitive dei provvedimenti prefettizi.
5.Quanto all'aspetto del nesso eziologico, è pacifico che per effetto dei due provvedimenti il ricorrente è stato prima sospeso dalle proprie mansioni e successivamente licenziato.
6.Circa l'aspetto dell'elemento soggettivo, il Collegio non ignora la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui l'autorità amministrativa, in tema di ritiro e rinnovo delle c.d. "autorizzazioni di polizia" può apprezzare in chiave sfavorevole la sussistenza di episodi e circostanze pur prive di rilievo penale al fine della legittima emissione di provvedimenti negativi, (e viceversa) essendosi condivisibilmente affermato (in tema di porto d'armi, ma il principio è perfettamente trasponibile alla fattispecie in oggetto) che "L'art. 43 comma 2 r.d. 18 giugno 1931 n. 773, disciplina la licenza di porto d'armi, il cui potere di rilascio va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, per cui la valutazione della possibilità di abuso, pur fondandosi legittimamente su considerazioni probabilistiche, non può prescindere da una congrua ed adeguata istruttoria, della quale dar conto in motivazione, onde evidenziare le circostanze di fatto che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi: conseguentemente, qualora si tratti di denunce penali ovvero di segnalazioni della Autorità di P.S. l'Amministrazione non può limitarsi a richiamarle acriticamente, od a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo, ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base."(T.A.R. Emilia Romagna Parma, 25 marzo 2004, n. 122).
7.Nel caso di specie, tuttavia, occorre considerare che i due provvedimenti di diniego già oggetto di annullamento e dai quali trae le mosse l'odierno petitum risarcitorio si fondavano unicamente – come chiaramente si evince dalla loro motivazione – su circostanze che questo Tribunale ha ritenuto non di per sé idonee a comprovare la perdita del requisito della buona condotta.
La riscontrata illegittimità degli atti rappresenta, nella normalità dei casi, l'indice della colpa dell'amministrazione; indice tanto più grave, preciso e concordante quanto inspiegabile o non spiegata è l'illegittimità in cui l'apparato è incorso specialmente in occasione della reiterazione dei diniego con una motivazione sostanzialmente ripetitiva di quella già ritenuta insufficiente dal Tribunale con la prima sentenza, peraltro non impugnata in appello e, pertanto, divenuta cosa giudicata. (Consiglio di Stato 12 marzo 2004, n. 1261).
Alla luce dei predetti criteri nella fattispecie, ad avviso del Collegio, il comportamento dell'Amministrazione non può essere ritenuto giustificabile, non ricorrendo alcun elemento, né di fatto né di diritto, che possa renderelo giustificabile.
8. Quanto alla ricorrenza di un danno risarcibile, esso è senz'altro ravvisabile sotto il profilo del danno patrimoniale subito dal ricorrente per la la mancata percezione della retribuzione per l'attività lavorativa di "guardia giurata" per effetto dell'illegittimo diniego di rinnovo del decreto di approvazione della nomina.
Premesso che chi lamenta un danno da lesione di interessi legittimi, causato da un provvedimento illegittimo della p.a. non può pretenderne il risarcimento se non provveda ad impugnare l'atto asseritamente fonte di danno chiedendone l'annullamento (T.A.R. Lazio, sez. II, 14 febbraio 2005, n. 1259; Consiglio Stato, sez. IV, 27 dicembre 2004, n. 8215), nel caso in esame va evidenziato che il ricorrente ha regolarmente impugnato i provvedimenti di diniego del Prefetto che venivano annullati in sede giurisdizionale.
9. Circa la quantificazione del danno in parola, la giurisprudenza civilistica in materia di risarcimento del danno per mancata prestazione dell'attività lavorativa a seguito di licenziamenti illegittimi – e che può applicarsi al caso in esame- statuisce che ai fini della liquidazione del danno sulla base delle retribuzioni non percepite dal lavoratore non è necessaria la dimostrazione da parte dello stesso della permanenza dello stato di disoccupazione per tutto il periodo successivo al licenziamento, poiché grava sul datore di lavoro l'onere di provare, pur con l'ausilio di presunzioni semplici, l'"aliunde perceptum" o l'"aliunde percipiendum", allo scopo di conseguire il ridimensionamento della quantificazione del danno (Cass. Sez. Lavoro, n. 5662 del 08/06/1999; n. 1610 del 24/02/1999).
Pertanto, al ricorrente, in conformità alla sua richiesta, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno patrimoniale subito per effetto della mancata percezione della retribuzione per il periodo dall'8 marzo 2007 sino al 21 gennaio 2008, eccettuate le componenti stipendiali presupponesti l'effettiva prestazione dell'attività lavorativa, con interessi legali dalla data di consumazione del fatto illecito e rivalutazione monetaria, vertendosi nel caso di specie non in materia di crediti di lavoro bensì di risarcimento del danno di natura extracontrattuale, benché lato sensu connesso ad un pregresso rapporto di lavoro.
10-Merita favorevole scrutinio anche la richiesta del lavoratore illegittimamente licenziato di ottenere, in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro, l'indennità prevista dall'art. 18, comma 5, legge n. 300 del 1970 che costituisce esercizio di un diritto derivante dall'illegittimità del licenziamento, riconosciuto al lavoratore secondo lo schema dell'obbligazione con facoltà alternativa ex parte creditoris; ai fini della quantificazione di quanto a tal titolo dovuto, occorre far riferimento alla contrattazione collettiva del comparto in cui il ricorrente era inserito o in mancanza alla consolidata giurisprudenza in materia, detraendo quanto eventualmente già corrisposto dall'Azienda dalla quale lo stesso dipendeva.
11-Non può essere invece accolta la domanda di risarcimento del cosiddetto danno esistenziale.
La domanda risarcitoria, come è noto, deve essere formulata in maniera completa e determinata. àˆ difatti pacifico che la decisione, in quest'ambito, non è assistita dal principio dispositivo con metodo acquisitivo bensì dal principio dell'onere della prova.
Il ricorrente deve quindi assolvere in maniera compiuta all'onere della prova relativamente ai danni che sostiene di aver subito. In base all'art. 2697 c.c., il danneggiato deve provare tutti gli elementi costitutivi della domanda (danno, nesso di causalità , colpa) per illecito dell'Amministrazione.
Nel caso di specie, la domanda risarcitoria dei danni non patrimoniali è del tutto sfornita della prova dei danni patiti.
Né può supplire alla carenza di ogni supporto probatorio l'affermazione che il danno esistenziale da provvedimento sarebbe in re ipsa, come sostenuto dal ricorrente.
Il danno esistenziale, in disparte la sua concreta configurabilità , va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento. La prova del danno può essere fornita anche per presunzioni semplici, fermo restando l'onere del danneggiato di specificare gli elementi di fatto dai quali assumere l'esistenza e l'entità del danno.
Va poi precisato, in conformità al più recente orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, che il danno esistenziale non costituisce una categoria autonoma di pregiudizio, e rientrando nel danno morale, non può essere liquidato separatamente solo perché diversamente denominato. Il diritto al risarcimento del danno morale, in tutti i casi in cui è ritenuto risarcibile, non può prescindere dalla allegazione da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio (Cassazione civile , sez. un., 16 febbraio 2009 , n. 3677)
Nella nuova ricostruzione della responsabilità aquiliana di cui alle sentenze delle Sezioni Unite dell'11 novembre 2008, devono essere abbandonate le autonome categorie del danno biologico, del danno morale e/o del danno esistenziale (secondo le più disparate denominazioni). Questi tre istituti, in ossequio alla nuova ricostruzione della Suprema Corte, devono essere ricondotti, una volta per tutte, ad un'unica categoria generale di danno non patrimoniale, nell'ambito della quale devono rilevare come singole voci di pregiudizio.
In definitiva, l'illegittimità dell'atto amministrativo, accertata con sentenza del giudice, è un requisito necessario ma non sufficiente per l'accoglimento dell'azione risarcitoria dei danni non patrimoniali, occorrendo altresì che l'interessato dimostri compiutamente: la sussistenza di un evento dannoso, la qualificazione del danno come danno ingiusto in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l'ordinamento, il nesso di causalità con l'illegittimità o comunque con la condotta della p.a., l'elemento soggettivo. Il Giudice deve quindi essere sempre posto nella condizione di poter valutare quali sono le conseguenze che il ricorrente indica come pregiudizievoli anche se in area estranea al reddito e, in generale al patrimonio.
12-Le somma dovute per il risarcimento di un danno diverso dal mero inadempimento di un debito pecuniario liquido ed esigibile, rappresentano un debito di valore sul quale devono essere calcolate non solo la rivalutazione, ma anche gli interessi c.d. "compensativi" nella misura del tasso legale da calcolarsi separatamente sull'importo nominale del credito (T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 6 novembre 2003, n. 1491; Tribunale Monza, 14 ottobre 2004) .
La rivalutazione della somma da liquidarsi a titolo di risarcimento dei danni, consistente in un debito di valore, e gli interessi assolvono infatti a funzioni diverse, poiché la prima mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato quale era prima del fatto illecito generatore del danno ed a porlo nelle condizioni in cui si sarebbe trovato se l'evento dannoso non si fosse verificato, mentre i secondi hanno natura compensativa, con la conseguenza che le due misure sono giuridicamente compatibili e, quindi, cumulabili (T.A.R. Lazio, sez. III, 31 maggio 2004, n. 5124).
13-Da quanto sopra stabilito deriva l'obbligo per l'amministrazione di proporre, come previsto dall'art. 35 del d.lg. n. 80/1998, al ricorrente il pagamento di una somma da computarsi alla luce degli indicati criteri.
La suddetta proposta dovrà essere comunicata al ricorrente nel termine di giorni 90 (novanta) decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione – se anteriore – della presente sentenza.
14-Le spese di giudizio, tenuto conto anche della parziale soccombenza del ricorrente, sono liquidate nella misura indicata in dispositivo..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando accoglie la domanda risarcitoria nei limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, condanna l'Amministrazione intimata al risarcimento del danno in favore del ricorrente, per illegittima revoca del decreto di approvazione della nomina a guardia giurata nella misura di cui in motivazione, oltre interessi e rivalutazione.
Condanna altresì l'Amministrazione intimata al pagamento in favore del ricorrente delle spese di giudizio che – comprensive di diritti, onorari ed altre competenze e tenuto conto della parziale soccombenza del ricorrente (1/3) – sono liquidate in complessivo € 1.200.00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2010 con l'intervento dei Signori:
Antonio Onorato,Presidente, Estensore
Andrea Pannone,Consigliere
Sergio Zeuli,Primo Referendario

IL PRESIDENTE, ESTENSORE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/03/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO


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