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Guardia giurata spara accidentalmente al ladro durante la colluttazione: è omicidio preterintenziona
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Cassazione penale, sez. V, sentenza 04/02/2019 n° 5515

Nell’omicidio preterintenzionale, l’evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la condotta intenzionale volta a ledere o percuotere una persona, con la conseguenza che se la morte della vittima è del tutto estranea all’area di rischio attivato con la condotta iniziale, intenzionalmente diretta a percuotere o provocare lesioni, ed è, invece, conseguenza di un comportamento successivo, l’evento mortale non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall’evento di percosse o lesioni dolose.

E’ quanto emerge dalla sentenza 4 febbraio 2019, n. 5515 della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione.

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Nello specifico, il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte prende spunto dalla condanna inflitta dalla Corte di Assise di Appello di Napoli del 19/12/2017 nei confronti di una guardia giurata per il reato di omicidio preterintenzionale, in quanto a seguito di una colluttazione con un soggetto sorpreso ad aggirarsi nel luogo ove egli fungeva da vigilante, lo colpiva con la propria pistola in dotazione al capo per percuoterlo ed invece ne esplodeva un colpo, cagionandone la morte.

Ricorreva in Cassazione la difesa della guardia giurata deducendo il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 584 c.p.

Nello specifico, la difesa sosteneva che già la dizione letterale del dettato normativo dell’art. 584 c.p. si presterebbe ad identificare come antecedenti causali della morte condotte diverse dalle percosse e dalle lesioni a condizione che siano ad esse strettamente connesse, celandosi dietro tale dizione una ipotesi di responsabilità oggettiva. Conseguentemente, sarebbe stata più idonea al caso de quo l’interpretazione che circoscrive l’ambito applicativo del reato di cui all’art. 584 c.p. al riscontro di un nesso di derivazione diretta della morte dalle percosse o dalle lesioni, venendo altrimenti in rilievo una ipotesi di omicidio colposo in cui l’evento morte è da addebitarsi al soggetto agente per averlo determinato a causa di un comportamento negligente, imprudente o imperito.

Ed è per proprio per questo motivo che secondo la difesa dell’imputato la qualificazione giuridica esatta del fatto avrebbe dovuto coincidere con il reato di omicidio colposo, essendo sopraggiunta la morte non per i colpi inferti col calcio della pistola in dotazione, ma a causa del colpo accidentalmente esploso in violazione delle regole cautelari da osservare per espletare i propri compiti di vigilanza in sicurezza.


Gli ermellini respingevano il ricorso dando preliminarmente atto del fatto che la Corte territoriale avesse fatto buon governo delle regulae iuris secondo le quali ai fini dell'integrazione dell'omicidio preterintenzionale è necessario che l'autore dell'aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o a ledere taluno e che esista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l'evento letale, senza necessità che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall'agente (Sez. 5, n. 41017 del 12/07/2012, S. e altri, Rv. 253744; Sez. 1, n. 1008 del 03/10/1986 - dep. 30/01/1987, Smorgon e altri, Rv. 174956).

Invero, il reato ex art. 584 c.p. è compiutamente descritto attraverso la presenza di elementi distintivi sia per quel che concerne la qualificazione dell’elemento soggettivo, sia rispetto l’elemento oggettivo, avendo il Legislatore inteso presidiare con una sanzione specifica e particolarmente severa quelle fattispecie aggravate dall'evento morte che si caratterizzino per la commissione di atti di diretta aggressione all'integrità fisica del soggetto passivo: vale a dire per la commissione di condotte che, per loro intrinseca natura, esprimono più di ogni altra il pericolo che vengano innescati processi causali in grado di degenerare nell'uccisione di colui che le subisce (Sez. 5, n. 35015 del 03/05/2016, Baciu, Rv. 267549).

Conseguentemente, nell’omicidio preterintenzionale l’evento morte deve costituire il prodotto di una specifica situazione di pericolo generata dal reo (la volontà di ledere o percuotere una persona), con la conseguenza che se la morte della vittima è del tutto estranea all'area di rischio attivato con la condotta iniziale, intenzionalmente diretta a percuotere o provocare lesioni, ed è, invece, conseguenza di un comportamento successivo, l'evento mortale non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall'evento di percosse o lesioni dolose (Sez. 5, n. 3946 del 03/12/2002 - dep. 28/01/2003, Belquacem, Rv. 224903).

Alla luce di tutto ciò, la Suprema Corte rilevava quindi la correttezza della sussunzione del fatto oggetto di gravame nello schema del delitto di omicidio preterintenzionale.

Invero, l’evento morte si è verificato a causa del colpo accidentalmente partito dall’arma da fuoco in dotazione alla guardia giurata che la aveva estratta dalla fondina ed adoperata per percuotere la testa della soggetto sorpreso ad aggirarsi nel luogo ove fungeva da vigilante, nella consapevolezza che l’arma fosse carica.

Non può quindi sostenersi che l'evento letale si sia verificato per una serie causale diversa da quella avente origine dall'evento percosse e che, quindi, sia del tutto estraneo all'area di rischio attivato con la condotta di percosse inflitte nell'ambito della colluttazione.

La Suprema Corte quindi rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
https://www.altalex.com/documents/news ... icidio-preterintenzionale

Data invio: 6/4/2019 12:51
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