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Re: Contratti a tempo determinato |
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Maestro
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18/8/2008 14:14 Da piemonte
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Direttamente dal nostro CCNL, inserisco l'ART.52
Art. 52 - Contratto a tempo determinato Ferme restando le ragioni di apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato previste dalla normativa vigente, le parti convengono che l’utilizzo complessivo di tutte le tipologie di contratto a tempo determinato non potrà superare il 15% dell’organico a tempo indeterminato in forza nell’unità produttiva provinciale, ad esclusione dei contratti per sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto. Nelle singole unità produttive provinciali che occupino da 6 fino a 15 dipendenti è consentita in ogni caso la stipulazione di contratti a tempo determinato per tre lavoratori. Le imprese forniranno ai lavoratori in forza e all’ente bilaterale informazioni in merito al posto di lavoro , relativi alle mansioni svolte dagli stessi, che si dovessero rendere disponibili a tempo indeterminato nell’ambito della provincia di impiego. Inoltre le imprese, in caso di assunzione a tempo indeterminato, daranno la priorità, a parità di mansioni, ai lavoratori già assunti con rapporto determinato, il cui contratto sia stato rinnovato almeno una volta, e che sia scaduto nel corso dei 24 mesi precedenti. Il lavoratore potrà esercitare tale diritto a condizione che manifesti la propria volontà in tal senso entro tre mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Con l'abrogazione della legge n. 230/62 i contratti a tempo determinato a subito nuove regole, ve le ho inserite quì di seguito. Le nuove regole sui contratti a tempo determinato Con l’entrata in vigore della riforma del contratto a tempo determinato, introdotta dal D. Lgs. n. 368/01, in attuazione della direttiva 1999/70/CE, le aziende potranno operare all’interno di un rinnovato quadro legislativo per stipulare accordi a termine. La legge n. 230/62 che costituiva precedentemente la disciplina di riferimento del contratto a termine è abrogata. La nuova normativa attribuisce agli imprenditori la possibilità di utilizzare uno strumento contrattuale che non è più un’eccezione rispetto al rapporto subordinato a tempo indeterminato, ma rappresenta una tipologia contrattuale autonoma praticabile in tutti quei casi in cui sussistano “ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”. In armonia con le disposizioni comunitarie anche il nostro mercato del lavoro si adegua a quei parametri di flessibilità sui quali puntare per il rilancio dell’occupazione. TUTTE LE NOVITA’ SULLA RIFORMA Eliminato il ruolo marginale rispetto al contratto a tempo determinato L’art. 1 sancisce il principio secondo il quale il termine può essere apposto al contratto di lavoro non più in via d’eccezione ma ogniqualvolta sussistano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. - Esempio di ragioni tecniche sono quelle per le quali il datore di lavoro si trova nella necessità temporanea di dover assumere personale specializzato per un determinato lavoro che i dipendenti in forza non sono in grado di poter svolgere. - Le ragioni produttive ed organizzative ricorrono quando ad esempio il datore di lavoro assume nuovo personale per far fronte a temporanee situazioni di mercato o per commesse eccezionali. - Relativamente al concetto di sostituzione dei lavoratori non vi sono dubbi d’interpretazione, i limiti per l’utilizzo del contratto a tempo determinato sono quelli previsti dall’art. 3, che verranno di seguito meglio precisati. Sempre l’articolo 1 stabilisce che l’apposizione del termine è inefficace se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto con l’indicazione espressa delle ragioni di stipula. La norma prevede anche l’obbligo per il datore di lavoro di consegnare al lavoratore una copia del contratto, sottoscritta da entrambe le parti, entro cinque giorni decorrenti dall’inizio della prestazione lavorativa; la forma scritta del contratto a termine può essere omessa quando la durata del rapporto di lavoro è puramente occasionale e non supera i 12 giorni. I casi in cui non è possibile stipulare un contratto a termine L’elenco previsto dall’art. 3 del decreto legislativo n. 368/01 è tassativo in quanto la nuova ratio del contratto a termine è rendere il più possibile flessibile il rapporto di lavoro. Le singole fattispecie in presenza delle quali non è possibile apporre un termine alla durata del contratto di lavoro riguardano: 1. la sostituzione di lavoratori in sciopero; 2. la sospensione dei rapporti di lavoro (CIG ordinaria e straordinaria); 3. la riduzione dell’orario di lavoro (CIG ordinaria, straordinaria e contratti di solidarietà); 4. le imprese che non effettuano, ai fini della sicurezza sul lavoro, la valutazione dei rischi (art. 4 D. Lgs. 626/94). 5. il caso in cui nell’unità produttiva siano stati effettuati licenziamenti collettivi (art. 4 e 24 legge 223/91) o siano state adottate procedure per la dichiarazione di mobilità (art. 8 legge 223/91), che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a termine, nei sei mesi precedenti salvo che tale contratto: - sia stato concluso per sostituire i lavoratori assenti; - sia stato concluso con i lavoratori in mobilità; - abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi; - è in ogni caso fatta salva la diversa disposizione stabilita dagli accordi sindacali. Le tipologie contrattuali escluse L’art. 10 comma 1 esclude dall’ambito di applicazione il lavoro temporaneo ( Legge 196/97 e successive modifiche), il contratto di formazione e lavoro (regolato dall’art. 3 Legge 863/1984 e dall’art. 16 Legge 451/94 e successive modificazioni), l’apprendistato (Legge 25/1955 e successive modificazioni) e tutte le tipologie contrattuali caratterizzate da finalità formative, quali tirocini e stage così come disciplinati dalla Legge 196/97 e dal D.M. 142/98, che non costituiscono rapporti di lavoro. I settori esclusi L’art. 10 da comma 2 a 5 prevede specifiche esclusioni per particolari rapporti lavorativi, quali quelli tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato e quelli instaurati con le aziende che esercitano il commercio di esportazione, importazione e all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli. L’art. 2 invece prevede la possibilità di stipulare contratti a termine per le imprese esercenti trasporto aereo o servizi aeroportuali per lo svolgimento di attività di terra e di volo per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile e ottobre di ogni anno, o di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti. Tali assunzioni devono rispettare il limite quantitativo del 15% dell’organico aziendale, con la possibilità però per gli aeroporti minori di aumentare questa percentuale, previa autorizzazione della Direzione provinciale del lavoro su istanza documentata delle aziende interessate. Presupposti in presenza dei quali il contratto può essere prorogato L’art. 4 prevede che il contratto a tempo determinato possa essere, con il consenso del lavoratore, prorogato una sola volta e solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni; la richiesta deve essere motivata da ragioni oggettive e riguardare la stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. In ogni caso la durata complessiva del rapporto, contratto iniziale più proroga, non può superare i tre anni. La ragione di questa norma trova la sua giustificazione nella necessità di evitare che il datore di lavoro ricorra al contratto a termine solo per eludere l’applicazione del contratto a tempo indeterminato al fine di evitare maggiori oneri. La prosecuzione del rapporto e la conversione del contratto La scadenza del contratto (che può essere anche legata anche al verificarsi di un dato evento) comporta l’automatica cessazione del rapporto senza che sia necessaria un’esplicita comunicazione del datore di lavoro. L’art. 5 definisce le conseguenze nel caso in cui il rapporto prosegua oltre il termine inizialmente previsto. Qualora il rapporto continui fino al decimo giorno successivo alla scadenza il datore di lavoro sarà obbligato a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione pari al 20% fino al decimo giorno di prosecuzione del rapporto di lavoro; oltre tale termine sarà dovuta una maggiorazione ulteriore pari al 40%. Qualora il rapporto continui oltre il ventesimo giorno, in caso di contratti di durata inferiore ai sei mesi, od oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato. Nel caso in cui invece, la riassunzione a termine avvenga entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto avente durata fino a sei mesi, o venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore di sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato (art. 5 comma III). Qualora si sia in presenza di due assunzioni successive senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si dovrà considerare a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto (art. 5 comma IV). Al riguardo è agevole constatare come gli appena enunciati principi possono dar luogo a considerevoli e complessi dubbi interpretativi nelle ipotesi di successioni di contratti a termine nel tempo oltre ai termini previsti dall’art. 5 comma IV. La formazione; salvaguardia della sicurezza negli ambienti di lavoro L’art. 7 stabilisce che il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato dovrà ricevere una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire rischi specifici connessi all’esecuzione del lavoro. Si tratta di una novità in quanto nulla di tutto ciò era previsto con la vecchia disciplina (Legge n. 230/1962). Alla contrattazione collettiva a livello nazionale viene attribuito il compito di stabilire le modalità e gli strumenti adatti per agevolare la formazione dei lavoratori al fine di: - aumentare la qualificazione; - promuovere la carriera, - migliorare la mobilità occupazionale. L’art. 6 sancisce il principio di non discriminazione, che comporta l’equiparazione dei lavoratori a tempo determinato ai lavoratori a tempo indeterminato (diritto alle ferie, al trattamento di fine rapporto e alla tredicesima mensilità) e il principio pro rata temporis in forza del quale il godimento dei diritti è subordinato alla compatibilità con la natura del contratto a termine e proporzionato al periodo lavorativo prestato. In base a tale principio una disparità verso i lavoratori a tempo determinato può scaturire qualora la natura del trattamento economico sia incompatibile con la temporaneità dell’inserimento del lavoratore nell’impresa (es: mancata inclusione del lavoratore in un piano di stock-option). Diritti sindacali L’art. 8 specifica che, ai fini dell’applicazione dell’art. 35 dello Statuto dei Lavoratori ( Legge n. 300/1970) relativo all’ambito di applicazione del titolo III della legge, avente come oggetto l’attività sindacale, sono computabili i lavoratori a tempo determinato ove il contratto abbia durata superiore a nove mesi. Dirigenti: novità e conferme Il D. Lgs. N. 368/2001 apporta delle modifiche sostanziali al rapporto di lavoro a termine nell’area dirigenziale. L’art. 10 conferma il limite massimo di durata del contratto di cinque anni, fatta salva la facoltà di recesso del dirigente dopo il trascorrere di un triennio con le modalità previste dall’art. 2118 c.c. I dirigenti potranno essere assunti con contratto a termine anche in aziende in cui si sia proceduto nei sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi, o vi siano in atto riduzioni o sospensioni di orario di lavoro; la prorogabilità del termine non è soggetta a vincoli, fermo il limite di durata massima del contratto di cinque anni; la successione di contratti e la successione di due assunzioni senza soluzione di continuità non porta alla conseguenze di cui all’art. 5. Norme abrogate L’entrata in vigore del D. Lgs. N. 368/01 determina l’abrogazione espressa dei seguenti provvedimenti: - Legge n. 230 del 1962 che costituiva la vecchia disciplina di riferimento della materia; - Art. 8-bis della Legge n. 79 del 1983 relativa al diritto di precedenza di assunzione dei lavoratori stagionali; - Art. 23 Legge n. 56 del 1987. L’art. 11 prevede inoltre l’abrogazione implicita di tutte quelle norme incompatibili con la nuova disciplina, mentre l’abrogazione non influisce sui contratti individuali e sulle clausole dei c.c.n.l. stipulati in base all’art. 23 legge n. 56/1987 che mantengono la loro efficacia fino alla data di scadenza. Contributi e incentivi L’utilizzo del contratto a tempo determinato, oltre a rendere più flessibile il rapporto di lavoro, può portare anche dei benefici economici: - nelle aziende con meno di venti dipendenti che assumono lavoratori a tempo determinato in sostituzione di altri lavoratori/lavoratrici in astensione dal lavoro per congedo di paternità/maternità e parentale possono godere di uno sgravio contributivo nella misura del 50% (art. 4 D.Lgs. 151/2001); - per tutti i datori di lavoro si ha l’esenzione contributiva previdenziale se il dipendente differisce, raggiunti i requisiti per l’accesso alla pensione di anzianità, la domanda di pensione e contestualmente stipula un contratto a termine della durata di almeno due anni rinunciando all’accredito contributivo. Ai rapporti a tempo determinato si applicano interamente le regole del DPR 917/86 (T.U.I.R.) con riferimento all’imposta sul reddito delle persone fisiche, alle detrazioni d’imposta e agli oneri deducibili. Studio Legale GGM & Partners Spero di esservi stato di aiuto. Ciao toffy
Data invio: 29/8/2008 14:42
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Membro Staff - Sezione "Libertà di Parola" ...::: Ed.GuardieInformate :::... Editoriale d'Informazione per le Guardie Giurate // [email protected] info: [email protected] // http://www.guardieinformate.com ... |
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Re: Contratti a tempo determinato |
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Allievo
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31/7/2008 19:53 Gruppo:
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si ma bisogna vedere sè tengono o ci lasciano senza lavoro
Data invio: 29/8/2008 14:58
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