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Re: Tatuaggio |
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8/2/2012 10:18 Da milano
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PROBLEMI PER ASPIRANTI CARABINIERI O POLIZIOTTI. MA IL SAP: «BASTA AVERE BUON SENSO»
Discriminati per il tatuaggio? Non si può I casi in cui la pubblica amministrazione è stata costretta a fare marcia indietro. Ma nel privato le cose cambiano I tatuaggi possono essere una discriminante nelle assunzioni. Lo sono meno se sono in punti del corpo non sempre visibili (Afp) ROMA — Hai un tatuaggio? Questo posto non fa per te, il tatuaggio è «indice di personalità abnorme». È capitato questo a un aspirante carabiniere di Genova, Andrea O., escluso da un concorso perché ha tatuati un piccolo geco sulla spalla destra e un angioletto sull’avambraccio sinistro. Lui non si è dato per vinto e ha fatto ricorso. E qualche giorno fa il Tar della Liguria gli dato ragione, smentendo l’Arma. Nessuna assimilazione si può fare tra un piccolo e inoffensivo tatuaggio e una personalità disturbata. Troppa severità, ha ravvisato il Tar, anche perché nel regolamento del bando di concorso si fa riferimento a tatuaggi deturpanti o tali da rappresentare l’indice di una personalità distorta, ma solo «se risultante da una perizia psichiatrica». Siamo molto oltre il caso di Andrea. L'INNOCUA FARFALLA - Eppure, non è la prima volta che accade. Tre anni fa una ragazza di Spezia, Ramona, venne scartata da un concorso per agenti di polizia per colpa di una farfalla sulla caviglia destra. Fece ricorso, naturalmente. «In queste cose ci vuole il buon senso — dice Nicola Tanzi, segretario generale del sindacato autonomo di polizia, Sap —. In generale, poliziotti e carabinieri, per la loro peculiare funzione di servizio, devono passare inosservati. Segni visibili non devono esserci, in particolare su viso e mani. I tatuaggi sulle mani, per esempio, hanno spesso una simbologia per la criminalità e quindi la loro inopportunità è evidente. Detto questo io credo che per i tatuaggi su caviglie e gambe, anche se visibili, occorra maggiore tolleranza. Non soltanto per evitare una eccessiva discrezionalità delle commissioni giudicanti ma anche per tutelare le amministrazioni pubbliche da successive sentenze del Tar e del Consiglio di Stato». Ottenere infatti soddisfazione non è difficile a meno che non si abbia stampata una svastica sul collo. NESSUN DIVIETO PER LEGGE - Non c’è una legge che blocchi l’assunzione di una persona tatuata. Al contrario, spiega Claudio Treves, coordinatore nazionale del dipartimento per le politiche del lavoro della Cgil, «esiste una recente direttiva europea contro ogni forma di discriminazione nei criteri per l’accesso al mondo del lavoro che vieta espressamente di escludere chiunque per motivi di credo, di opinione, di provenienza e anche di pratiche. Ovvero di scelte personali non offensive nei riguardi degli altri». Il presidente del Codacons Carlo Rienzi, che in passato ha assistito giovani esclusi da concorsi per un tatuaggio, dice che cose del genere «continuano a capitare ma sono sempre più chiaramente abusi. Persino sulla questione dell’altezza il Tar o il Consiglio di Stato tendono a dar ragione alla persona, ammettendo con riserva chi è più basso di quanto richiesto». NEL PRIVATO LE COSE CAMBIANO - «Nella pubblica amministrazione si accede per concorso — interviene Michele Gentile, del dipartimento settori pubblici Cgil —. I regolamenti per i bandi sono nazionali, nessun regolamento di ente locale può infischiarsene dei parametri nazionali». Cambia la faccenda, e non di poco se dal pubblico passiamo al privato. Qui il tatuaggio fa la differenza, eccome. «Ogni azienda ha le sue politiche — dice il presidente dell’associazione direttori del personale Roberto Savini —. Ma è chiaro che molto dipende dal ruolo, se si è esposti, se si sta a contatto con i clienti, nel commerciale per esempio, insomma se si rappresenta l’azienda, beh, l’abito fa il monaco». Mariolina Iossa 06 agosto 2010(ultima modifica: 07 agosto 2010) http://www.corriere.it/cronache/10_ag ... f-9bff-00144f02aabe.shtml
Data invio: 1/5/2013 6:20
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