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CONSIDERAZIONI SUI PRIMI CASI DI ”MOBBING” PERVENUTI ALLA SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE
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CONSIDERAZIONI SUI PRIMI CASI DI ”MOBBING” PERVENUTI ALLA SOVRINTENDENZA MEDICA GENERALE


Citarella G.*, Cristiano A.*, De Luca M.G.*, Iugoli A.R.**Dirigente Medico Inail
Definizione
Il Mobbing ( dall’inglese to mobb, assalire tumultuosamente) è l’insieme delle azioni, che possiamo chiamare comunicazioni, negative nei confronti di una o più persone, per una certa durata e con una certa frequenza sul posto di lavoro.
Cenni storici
I primi studi sul mobbing , come terrore psicologico sul luogo di lavoro, responsabile di patologie per chi lo subisce, sono stati effettuati dallo psicologo tedesco Heinz Leyman che nel 1986 ha illustrato in un libro le conseguenze soprattutto sulla sfera neuropsichica di chi è esposto ad un comportamento ostile protratto nel tempo da parte dei superiori e dei vicini di scrivania .Leyman ha curato nel corso della sua carriera 1300 vittime di soprusi sul luogo di lavoro e nel 1992 ha coordinato la prima indagine sul mobbing.In Svezia, paese dove si era trasferito negli anni ’50, il 3,5 per cento dei lavoratori su una popolazione attiva di 4,4 milioni di persone soffriva o aveva sofferto di persecuzioni da parte di colleghi per un periodo della durata media di 15 mesi.Rapidamente le tesi di Leyman si sono diffuse in tutto il nord Europa conquistando credito soprattutto in Germania, dove il Mobbing, è stato studiato in maniera approfondita anche in ambito universitario. In questo Paese i danni alla salute determinati dal mobbing sono oggetto di cura anche nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale e sono considerati come vera e propria malattia professionale. Attualmente, secondo una indagine campione effettuata nel’98 nei Paesi dell‘Unione Europea , l’8,1% dei lavoratori ( oltre 12 milioni di persone ) ha sopportato angherie e attacchi vessatori in ambienti lavorativo negli ultimi 12 mesi (dati relativi al febbraio del ’99 ).
Tipologia

TAB.1
MOBBING VERTICALE· Il superiore vittimizza il subordinato ;· Il comportamento vessatorio del superiore si accentra su di un dipendente per volta fino alla distruzione dell’intero gruppo ;· Un gruppo di dipendenti vittimizza un superiore di reparto, ufficio, servizio.
MOBBING ORIZZONTALE
· L’azione di mobbing avviene all’interno di un gruppo quando uno dei componenti diventa oggetto di discriminazioni e di aggressività in conseguenza di gelosie e /o invidie o altro. MOBBING STRATEGICO o BOSSING· Una forma di vittimizzazione verticale che ha come unico bersaglio l’eliminazione di soggetti dall’azienda.
Meccanismi del mobbing
La comunicazione negativa che è alla base del mobbing e si può manifestare in varie forme: a) IsolamentoConsiste nell’isolamento sistematico della persona che si può realizzare o con il confinamento fisico in ambienti ristretti lontani dai centri operativi e/o privi di idonei strumenti per svolgere la propria attività ( scrivania o telefono ) esempio tipico è quello che si è verificato nella Palazzina Laf a Taranto; altra forma di isolamento è quella di tipo verbale e si realizza negando deliberatamente informazioni relative al lavoro e/o fornendo informazioni non corrette al riguardo. b) CalunniaConsiste nel diffamare un lavoratore , attaccando la sua reputazione in modo del tutto subdolo, senza affrontarlo direttamente e facendo divulgare un’opinione, un “ mito psicologico “ sul suo conto : non è importante che sia vero o no, ma che i colleghi lo credano. c) DemansionamentoIl Demansionamento, una pratica molto diffusa che priva la persona del proprio ruolo lavorativo specifico dequalificandola oppure impedendole in maniera deliberata l’ esecuzione del lavoro. d) Ultima modalità è quella rappresentata dalle molestie sessuali.
Fasi del mobbing
Leyman, in base alla esperienza acquisita nei paesi del NORD Europa, ha distinto quattro fasi attraverso le quali si sviluppa il mobbing: a) Prima Fase - segnali premonitori:il primo segnale, che non andrebbe sottovalutato , è da ricercare nel brusco cambiamento dei rapporti interpersonali nell’ambiente di lavoro Spesso tali problemi insorgono quando all’interno del gruppo lavorativo subentra una persona neoassunta o quando un dipendente riceve una promozione. Può succedere allora che la vittima fino a quel momento rispettata ed apprezzata riceva delle critiche in merito al proprio lavoro. b) Seconda Fase - mobbing e stigmatizzazione: è questa la fase del mobbing conclamato; la vittima subisce continui attacchi da parte di un superiore e/o dei colleghi. Le aggressioni pressochè giornaliere hanno lo scopo di ledere la reputazione e la dignità della vittima, ridurne la fiducia in se stessa impedirle ogni forma di comunicazione, c) Terza Fase - il caso diventa ufficiale:quando questa situazione viene riconosciuta e segnalata all’ufficio del personale, viene aperta un’inchiesta e il caso diviene allora ufficiale. Molto spesso però quando vengono interpellati i colleghi per chiedere informazioni a riguardo, questi tendono a colpevolizzare ulteriormente la vittima imputando la causa del problema alla sua personalità piuttosto che a condizioni esterne oggettive. c) Quarta Fase - allontanamento:è a questo punto che la vittima è totalmente isolata da ciò che succede nell’ambiente lavorativo, viene dequalificata professionalmente, le vengono assegnati incarichi lavorativi di scarso rilievo e poco gratificanti. La persona va incontro così ad un lungo periodo di malessere generale caratterizzato da disturbi di tipo depressivo e psicosomatici . A livello lavorativo tale situazione può portare al licenziamento o alle dimissioni.
Aspetti eziologici del mobbing
a) Aspetti psicologiciVari meccanismi psicologici possono essere alla base del mobbing. A tale proposito si è rilevato che le personalità degli aggressori presentano diverse caratteristiche in comune quali superficialità e buon livello intellettivo , inaffidabilità, mancanza di sincerità, mancanza di sensi di colpa e di rimorso, incapacità ad apprendere dall’esperienza, egocentrismo patologico, incapacità ad interessarsi degli altri , mancanza totale di introspezione. La vittima invece ++++ b) Aspetti OrganizzativiE’ di primaria importanza considerare anche gli aspetti organizzativi dell’ambiente di lavoro. A tale fine sarebbe utile anche se non facilmente attuabile individuare il confine tra una gestione manageriale rigida ma finalizzata al buon andamento dell’azienda e l’inizio del mobbing che invece dovrebbe essere una vessazione fine a se stessa.Le carenze organizzative tuttavia quali la mancanza di un sistema di informazione interna efficiente e capillare, il carico di lavoro mal distribuito, il tipo di prestazione lavorativa richiesta , a volte inadeguata per eccesso o per difetto alle caratteristiche individuali di predisposizione e/o di preparazione professionale e ancora l’atteggiamento tenuto dal datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, comportano alla fine la stessa conseguenza , la demolizione del senso di appartenenza dell’individuo all’organizzazione, la perdita cioè dell’entusiasmo derivante dalla sensazione di sentirsi parte di una squadra vincente.Nella Pubblica Amministrazione in particolare l’appartenenza è la radice della cultura organizzativa, dell’elemento cioè che costituisce la premessa e la condizione imprescindibile del successo di qualsiasi intervento riformatore.E’ l’appartenenza infatti che integra il consenso necessario ad assicurare la copertura culturale delle leggi di riforma dell’amministrazione pubblica: senza questo consenso detta riforma rimarrebbe un puro esercizio d’accademia o, peggio potrebbe sembrare addirittura una forma di violenza istituzionale. Non a caso è stato visto che la diversificazione dell’esperienza professionale propria della cultura americana non attecchisce in ambito europeo o giapponese dove è forte la cultura dell’immedesimazione nell’esperienza professionale . c) BossingIl bossing è una forma di terrorismo psicologico che viene programmato dall’azienda stessa o dai vertici dirigenziali ai danni di dipendenti divenuti in qualche modo scomodi che devono essere licenziati o allontanati . Il mobbing dunque si trasforma in una vera e propria politica aziendale assumendo i caratteri di paradossale normalità ed ineluttabilità.Nell’ambito del settore lavorativo privato allorchè una azienda è in crisi, nell’ottica di una riduzione del personale verranno favoriti dapprima i pensionamenti anticipati e le dimissioni volontarie mediante allettanti buonuscite, successivamente sarà adottata una strategia mirata a demotivare e dequalificare le persone che saranno pertanto indotte al licenziamento. Nel settore pubblico e statale le motivazioni del bossing non seguono la logica del profitto e quindi non sono di tipo economico ma politiche o ideologiche.
Sintomatologia e conseguenze in ambito sociale
Nelle tabelle successive è possibile evidenziare la sintomatologia soggettiva e oggettiva dei soggetti mobizzati e le conseguenze sociali a lungo termine in ambiente lavorativo .
SINTOMATOLOGIA SOGGETTIVA
TAB.2

INIZIALE AUTOCOLPEVOLIZZAZIONE
“in che cosa sono responsabile della situazione che si è creata?”“in che cosa ho sbagliato?”“che cosa non capisco di quanto sta accadendo?”
SOLITUDINE - UNICITA’ DELL’ESPERIENZA
“agli altri non può succedere”
SVALUTAZIONE PERSONALE
“non sono all’altezza della situazione” DISTURBI PIU’ FREQUENTEMENTE OSSERVATI TAB.3 *Depressione*Ansia* Disturbi del sonno*Attacchi di panico*Isolamento*Sensazione di depersonalizzazione*Cefalea*Vertigini*Disturbi gastrointestinali*Senso di oppressione toracica*Tachicardia*Manifestazioni dermatologiche*Disturbi della sessualità*Disturbi alimentari ( anoressia- bulimia )*Abuso di alcool, fumo e farmaci*Reazioni aggressive*Totale passività TAB. 4 POSSIBILI CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE IN AMBITO SOCIALE PER I SOGGETTI VITTIME DI MOLESTIE MORALI NELL’AMBITO LAVORATIVO PROTRATTE PER ANNI 1. A LIVELLO AMBIENTALE Estensione a livello degli ambienti extralavorativi dei vissuti di:· Non intelligibilità delle situazioni· Rottura dei rapporti tra azioni compiute e risultati ottenuti· Non accettabilità della vittima nel sociale· Ostilità e sospettosità sia intra che extra ambiente di lavoro. 2. A LIVELLO INTERPERSONALE Grave compromissione dei ruoli extralavorativi, coniugali, parentali, filiali, sociali risultanti in separazioni, abbandoni, isolamento 3. A LIVELLO PERSONALE* Perdita dell’autostima * Maggior facilità a contrarre malattie * Assunzione del ruolo di invalido
Il Mobbing nell’ambito medico-legale
Il mobbing ha significative conseguenze negative sullo stato di salute delle vittime causando nelle stesse uno stato di disagio psicologico e facilitando l’insorgenza di malattie psico-somatiche che possono sfociare, nelle forme più gravi, in quadri conclamati di depressione.Definito per grandi linee il fenomeno, emerge la necessità dal punto di vista medico-legale , di seguire la nota criteriologia del rapporto di causalità materiale tra evento giuridicamente rilevante e danno alla persona da mobbing rispondendo ai seguenti quesiti:- Se vi sia malattia da mobbing;- Se questa abbia dato origine ad un danno alla persona e di che tipo;- Se quest’ultimo sia accertabile e quantificabile medico-legalmente;- Se abbia una connotazione temporanea o permanente, - Se il comportamento del datore di lavoro ( bossing) sia censurabile;Per quanto attiene il primo ed il secondo quesito è indubbio che il danno all’integrità della persona derivato dal mobbing coinvolga la sfera psichica e, come tale, in base alle esperienze raccolte , viene definito attualmente come un “ Disturbo dell’Adattamento ” secondo il DSM IV.Perché avvenga questo inquadramento devono, però, essere soddisfatti alcuni requisiti ben precisi e cioè a) devono essere presenti uno o più fattori stressanti psicosociali alla base dei sintomi emotivi e comportamentali (caratterizzati da umore depresso, ansia, ecc.) b) la condotta aggressiva deve essere presente da almeno sei mesi; c) i sintomi devono svilupparsi entro tre mesi dall’inizio dei fattori stressanti.Da considerare, inoltre, che il mobbing può esplicitarsi in diverse tipologie a seconda dei sintomi predominanti ( umore depresso, ansia, alterazione della condotta, forme miste ).Nei casi più gravi si può giungere fino ad un “ Disturbo post- traumatico da stress ”, sempre nell’ambito del DSM IV caratterizzato da una maggiore compromissione dell’affettività, un marcato disagio nella vita di relazione, una cronicizzazione dei disturbi anche dopo la rimozione degli eventi stressogeni.Nell’inquadramento nosografico dei disturbi da mobbing è fondamentale quindi il ruolo che assumono gli specialisti psichiatri particolarmente nell’esclusione di patologie mentali di ben altra rilevanza quali forme schizoidi o paranoia. Per quanto attiene invece, l’influenza di possibili concause nell’insorgenza della malattia, la giurisprudenza ha più volte ribadito che la struttura della personalità del soggetto e la sua fragilità psicologica non costituiscono in sé elementi in grado di escludere o interrompere il rapporto etiologico tra l’atto illecito e il disturbo clinico ( Cass. 5 Novembre 1999, n.12339; T. di Milano 21 aprile 1998, in Riv. Crit. Dir. Lav. 1998, 957)Una volta connotata la malattia è necessario collegare alle azioni di mobbing l’insorgenza dei suddetti disturbi psichici.La giurisprudenza partendo dalla nozione di danno biologico- cioè di pregiudizio comunque incidente sul complessivo “ valore-uomo ”- ha delineato una figura autonoma di danno psichico quando ha più volte ribadito che una turbativa psichica può essere causata da ritmi e da carichi di lavoro eccessivi, dalla mancata crescita professionale e dalla forzata inattività, dalla discriminazione e dalla molestia sessuale.Non vi è quindi alcun dubbio che sia giuridicamente configurabile un danno all’integrità psico-fisica, e specificamente alla salute psichica, nei confronti della vittima di una condotta ostile ed ingiustamente persecutoria .In merito il Tribunale di Milano in una sua pronuncia del 14 dicembre 1995 ribadiva la “ risarcibilità del danno che si manifesta come una malattia psichica corrispondente alla consolidata nosografia psichiatrica, ma anche la possibilità di apprestare il rimedio risarcitorio per le conseguenze di una lesione che, senza assurgere alla rilevanza di una specifica patologia, ugualmente investe la psiche del soggetto, condizionandola e provocando reazioni che possono coinvolgere, sia pure per riflesso, anche la sfera psichica ”.Anche nell’ambito della Cassazione ( Cass. Civ. n.11096, sez. III, 10 ottobre 1992) i giudici di merito hanno confermato che un danno che si estrinseca in una malattia psichica può certamente essere considerato “ un danno risarcibile, anche se si presenteranno comunque problemi non lievi nella ricostruzione del nesso causale con una condotta illecita da individuarsi come causa rispetto al complesso di stimoli ambientali che alimentano la vita psichica di ogni essere umano, e nella sua quantificazione”.Una volta riconosciuta la risarcibilità del danno psichico ci si chiede come valutare il danno che non assurge a livello di patologia psichiatrica ma che ugualmente investe la psiche del soggetto incidendo sulla suo benessere.E’ questo un danno senza rilevanza giuridica solo perché temporaneo e non permanente e solo perché non impedisce al soggetto di svolgere in parte o del tutto la sua attività lavorativa?E’, pertanto, questa momentanea debacle del soggetto, da considerare danno, ed in caso affermativo, è risarcibile come inabilità temporanea relativa o danno biologico temporaneo?E’ suscettibile di risarcimento, quindi un danno da mobbing che prescinda dall’insorgenza di una psicopatologia apprezzabile sotto il profilo clinico e si ricolleghi, in via diretta ed immediata, alla lesione della dignità personale?A questi quesiti la giurisprudenza non ha ancora dato risposte definitive.In alcuni casi, e questo a solo titolo di conoscenza, è stato quantificato il solo danno biologico temporaneo e sono stati applicati dei correttivi in considerazione della non particolare gravità del caso e tenuto conto di altre variabili quali le condizioni di salute preesistenti, oppure, in via equitativa, è stato risarcito il solo danno emergente da mancato avanzamento di carriera, da perdita di chances, etc.Fino ad oggi l’art. 2087 del c.c. recita : “ L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro ” è sembrata l’unica norma invocabile a proprio favore dal lavoratore mobbizzato unitamente all’art.41 della Costituzione che impone agli imprenditori :”il limite di non arrecare danno alla sicurezza, libertà e dignità umana del lavoratore”.Questo articolo ribadisce l’obbligo di adottare per il datore di lavoro, oltre alle misure imposte dalla normativa , non ultima la 626/94, anche tutti quegli accorgimenti suggeriti dalle conoscenze sperimentali e tecniche del momento utili a proteggere la salute e la personalità del lavoratore.Il datore di lavoro, quindi, non è liberato dalla responsabilità civile per il solo fatto di aver adottato le misure indicate dalle leggi antinfortunistiche, ma si dilata a tutelare la salute del prestatore d’opera in tutte le sue manifestazioni.L’inosservanza dell’obbligo di protezione configura un inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c.E’ principio generalmente accolto dalla giurisprudenza che il lavoratore danneggiato possa pretendere dal datore di lavoro il risarcimento dei danni subiti attivando sia un’azione contrattuale che extracontrattuale o entrambe.Anche nel caso di immotivati provvedimenti del datore di lavoro, spesso intesi come mezzi attuativi del mobbing, quali la riduzione o sottrazione di mansioni, la dequalificazione, il trasferimento ingiustificato, la giurisprudenza ha più volte fatto riferimento all’art. 2103 c.c., invalidando gli atti o i provvedimenti senza escludere la eventuale riparazione del danno alla persona derivante dall’alterazione psico-fisica e/o dalla violazione di altri beni/diritti del lavoratore.In tale prospettiva, il danno da mobbing potrebbe risultare parte integrante per la quantificazione del nocumento da insufficiente protezione, accordata sul piano reintegratorio ed economico, a favore del dipendente che sia stato costretto a rassegnare le dimissioni per sottrarsi alla persecuzione aziendale. Sul piano dell’onere probatorio attualmente sono stati presentati solo dei progetti di legge che in parte riempiono il vuoto giurisprudenziale, vuoto fortemente penalizzante per il lavoratore ove si considerino le difficoltà, i disagi e gli ostacoli che un’eventuale azione in giudizio pone.A ciò si aggiunga che, ai fini della risarcibilità , il lavoratore è tenuto a provare la sussistenza di un preciso nesso causale tra la condotta illecita del datore di lavoro e il prodursi del danno ( art. 1223 c.c. ).La Corte di Cassazione infatti ha stabilito che : “ Non equivale a prova del danno la mera potenzialità dannosa della condotta del datore di lavoro il quale, violando l’art 2103 c.c. abbia lasciato un proprio lavoratore inattivo, impedendogli l’esercizio delle mansioni proprie della qualifica di appartenenza e mortificandone la professionalità….Infatti il lavoratore che assuma di essere stato danneggiato e pretenda il risarcimento, deve assolvere l’onere della prova dell’effettiva sussistenza del danno patrimoniale, anche nella sua eventuale componente di danno alla vita di relazione e di danno biologico, non potendo limitarsi ad invocare una pronuncia equitativa ” ( Cass. 13 Agosto 1991, n. 8835).
Casistica
Negli ultimi sei mesi del corrente anno 2000 sono giunti alla S.M.G dietro precisa richiesta del Settore Malattie Professionali finalizzata allo studio della problematica, diciannove casi di mobbing come sospetta malattia professionale “non tabellata”, dei quali dieci di sesso femminile e nove di sesso maschile, di età media 43 anni, prevalentemente addetti al settore privato (dodici casi); le caratteristiche salienti dei casi sono riassunte nelle tabelle seguenti.
DISTRIBUZIONE PER SESSO, ETA’ E SETTORE LAVORATIVOTotale casi esaminati n. 19Età media anni 43Femmine n. 10Maschi n. 9Settore privato n. 12Settore pubblico n. 6Non indicato n.1 CARATTERISTICHE INERENTI L’ITER AMMINISTRATIVO1) Presenza di denuncia di malattia professionale n. 6 casi2) Presenza di incarico ispettivo n. 6 casi3) Istanze respinte dalle sedi INAIL n. 9 casi4) Istanze in trattamento n. 10 casi Nell’intento di monitorare il fenomeno si è cercato di mettere in evidenza Tra l’altro :1) l’esistenza di precedenti psichiatrici;2) il tipo di mobbing se verticale o orizzontale;3) la presenza o meno di un demansionamento ;4) la presenza o meno di una documentazione adeguata sia sanitaria che testimoniale. Nei dati emersi dal pur se esiguo numero dei casi ,appare con chiarezza la prevalenza di alterati rapporti con il datore di lavoro e /o con il responsabile della struttura diciotto casi piuttosto che con i colleghi.In effetti le aggressioni verbali riferite come piuttosto frequenti (sette casi) rientrano in una psicopatologia dei rapporti interpersonali tra dipendente e datore di lavoro.In sette casi viene invece lamentato un vero e proprio demansionamento ,in due casi invece viene allegato il licenziamento come forma di mobbing.
Per quanto attiene agli elementi oggettivi da prendere in considerazione, oltre alla diagnosi desumibile dall’anamnesi patologica e lavorativa del soggetto e dagli accertamenti psico- diagnostici si è rilevata la necessità di acquisire una documentazione adeguata anche di tipo testimoniale inerente l’ambiente lavorativo inteso in particolare come tipo di organizzazione del lavoro.
Emerge tuttavia anche dagli incarichi ispettivi effettuati, la obiettiva difficoltà di procedere ad un’indagine mirata e circostanziata del mobbing senza una conoscenza più approfondita degli aspetti peculiari del fenomeno che solo nei tempi più recenti ha assunto rilevanza nell’ambito del mondo del lavoro nei suo vari aspetti: scientifico, imprenditoriale e sindacale .
In tale contesto appare pertanto evidente la necessità di un’adeguata opera di informazione e formazione di quelle figure professionali che per il loro precipuo compito lavorativo possono osservare da vicino l’ambiente di lavoro.
Inquadrare il mobbing come malattia professionale implica il superamento dell’aspetto lavorativo dualistico lavoratore - datore di lavoro e l’aspetto comportamentale di azione – reazione che si esaurisce in tempi brevi e non è finalizzata ad una vera e propria opera di vessazione protratta nel tempo .
Pertanto nella realtà lavorativa attuale risulta sempre più importante la considerazione dell’uomo non solo come “faber” ma come “persona” inserita nel contesto sociale che interagisce con le sue aspettative e con la sua emotività. Tale aspetto che è strettamente collegato con l’organizzazione del lavoro, trova un richiamo particolare nelle recenti studi parlamentari sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Bibliografia
1) Harold Ege: Mobbing. Che cos’è il terrore psicologico sul posto di lavoro. 1996. Pitagora Editrice. Bologna 2) Harold Ege: Il mobbing in Italia.Introduzione al Mobbing culturale. 1997. Pitagora Editrice. Bologna 3) Harold Ege: I numeri del Mobbing. 1997. Pitagora Editrice. Bologna 4) Harold Ege e Maurizio Lancioni: Stress e Mobbing. 1998. Pitagora Editrice. Bologna 5) A.Grieco, L.Andreis, M.G.Cassitto, C.Fanelli, E.Fattorini, R.Giglioli, G.Legnani, P.Prandoni:
A. Il Mobbing: alterata interazione psicosociale sul posto di lavoro. Prime valutazioni circa l’esistenza del fenomeno in una realtà lavorativa italiana.

B. Prevenzione Oggi – n. 2 – 1997 6) Atti del convegno dell’8/2/2000. Associazione Europea Camera dei Deputati Roma

Data invio: 5/12/2009 19:37
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