|
Re: centrale operativa |
|
---|---|---|
Donatore GuardieInformate
![]() ![]() Iscritto il:
8/11/2010 6:25 Da Lombardia
Gruppo:
Utenti registrati Collaboratore Donatori Messaggi : 6286
![]() |
Data invio: 2/10/2011 7:11
|
|
![]() ![]() |
|
Re: centrale operativa |
|
---|---|---|
Donatore GuardieInformate
![]() ![]() Iscritto il:
8/2/2012 10:18 Da milano
Gruppo:
Utenti registrati Collaboratore Donatori Messaggi : 6261
![]() |
Trasferimento di lavoratori: possibilità di obbligare il lavoratore e uso art. 700 c.p.c.
04/08/09 - Si chiede se le disposizioni prevedono che il suo datore di lavoro possa trasferirla d'autorità e se lei per opporsi a tale scelta può ricorrere ai sensi dell'art. 700 c.p.c. Appare opportuno riportare una parte dell'ampia casistica giurisprudenziale che ha visto spesso datori di lavoro e lavoratori andare in giudizio per dirimere contrasti su questa trasformazione del rapporto di lavoro. In primo luogo il trasferimento del lavoratore è stato ritenuto legittimo: - se è stato determinato da comprovate ragioni tecniche, organizzative o produttive ; - se, secondo la prevalente giurisprudenza, il datore di lavoro ha comunicato i motivi del trasferimento stesso al lavoratore che ne abbia fatto espressa richiesta ; - se le mansioni alle quali il dipendente viene assegnato nella sede di destinazione sono almeno equivalenti rispetto a quelle precedentemente svolte (1); - se non lede la sicurezza e la dignità dei lavoratori (2). La Corte di Cassazione ha precisato che quando sussistono le ragioni tecniche organizzative e produttive per l'impresa il trasferimento è legittimo salvo che per disposizione di contratto collettivo o individuale non venga stabilito, con carattere vincolante per entrambe le parti, che la prestazione lavorativa debba essere effettuata in un determinato luogo: in tale caso se il datore di lavoro viola tale accordo con il derivante rifiuto del lavoratore di trasferirsi presso il nuovo luogo di lavoro il successivo licenziamento intimato dallo stesso datore è illegittimo, con il relativo diritto del lavoratore ad essere reintegrato nel suo posto di lavoro (3). La Corte di Cassazione ha affermato che la circostanza che il trasferimento del lavoratore - pur sorretto da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive - comporti l'illegittima assegnazione a mansioni inferiori, determina l'obbligo di assegnazione a mansioni equivalenti ed il risarcimento dei danni eventualmente cagionati ma non inficia la legittimità del trasferimento (4). La stessa Corte, tuttavia, ha altresì sostenuto che, in tema di mansioni del lavoratore, le limitazioni dello "ius variandi" introdotte dall'art. 2103 cod. civ. e disciplinate dalla contrattazione collettiva non vengono in considerazione nell'ipotesi in cui il trasferimento del lavoratore non consegua ad un atto unilaterale posto in essere dal datore di lavoro nel suo esclusivo interesse, ma costituisca piuttosto una misura precipuamente adottata nell'interesse del lavoratore di evitare la perdita del posto, a causa dell'impossibilità - non altrimenti ovviabile - di una prosecuzione dell'attività lavorativa nella sede di origine (5). ---------- (1) Cass. 19 febbraio 2008, n. 4060; Cass. 17 novembre 1989, n. 491; Cass. 16 marzo 1984, n. 1833. (2) Cass. 16 gennaio 1979, n. 331,. (3) Cass. 25 luglio 2006, n. 16907. (4) Cass. 27 agosto 2003, n. 12561; Cass. 14 luglio 1993, n. 7789,. (5) Cass. 29 marzo 2000, n. 3827. La giurisprudenza ha riconosciuto l'esistenza di "comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive", tali da legittimare il provvedimento del trasferimento nei seguenti casi: - frequenti assenze del lavoratore, che incidono negativamente sull'attività produttiva dove è originariamente occupato; - sussistenza di un vuoto d'organico nell'unità produttiva di destinazione, dovuto al pensionamento di un dipendente ; - necessità di coprire un posto vacante in uno dei negozi di un'impresa di distribuzione, in assenza di idonee soluzioni alternative ; - soppressione del posto occupato dal lavoratore ; - creazione di un nuovo punto vendita, se accompagnata dal venir meno delle funzioni del lavoratore nella sede originaria e dalla necessità della presenza dello stesso nello stabilimento di destinazione ; - il sopravvenire di crisi aziendali ; - riorganizzazione della rete ispettiva aziendale ; - decentramento del servizio legale centrale, con conseguente istituzione di una unità operativa in ciascuna sede ; - il rifiuto di un precedente trasferimento, disposto con il rispetto delle garanzie stabilite dall'art. 13 dello Statuto dei lavoratori ; - sostituzione di lavoratrice in maternità ; - necessità di evitare che il dipendente continui, con la sua attività, a pregiudicare il buon nome commerciale della ditta ; - insofferenza manifestata dal lavoratore rispetto all'ambiente di lavoro ed ai suoi immediati collaboratori nel solo caso in cui, in relazione a specifiche circostanze, l'incompatibilità sia venuta ad incidere sul normale svolgimento dell'attività dell'impresa (12). Se però tale insofferenza non reca intralcio al normale svolgimento dell'attività produttiva essa non può, da sola, legittimare il trasferimento non potendo quest'ultimo essere determinato da stati soggettivi del lavoratore ; - "indesiderabilità" del lavoratore da parte di un importante cliente del datore di lavoro presso il quale il dipendente svolgeva la sua attività ; - la necessità di ricorrere a personale interno con specifica esperienza del lavoro ; - esuberanza di personale dovuto alla non irragionevole chiusura di una filiale ; - trasferimento di lavoratore già in organico determinato dalla necessità di osservare l'obbligo di cui all'art. 11 della L. n. 482 del 1968 di assumere un invalido avviato obbligatoriamente ; - incompatibilità aziendale, qualora tale incompatibilità determini disfunzioni e disorganizzazione nell'unità produttiva . Di contro, è stata esclusa la sussistenza di ragioni giustificatrici del trasferimento nei casi di: - temporaneo incremento dell'attività di una diversa unità produttiva ; - intento del datore di lavoro di giovare all'arricchimento professionale ed alle prospettive di carriera di un proprio dipendente ; - esigenza di coprire un vuoto d'organico, nel caso in cui siano emerse ragionevoli soluzioni alternative per sopperire alla vacanza ; - generica deduzione di una pretesa esigenza di decentramento produttivo non sostenuta da alcun dato di riscontro obiettivo sul piano effettuale dell'organizzazione aziendale ; - posto lasciato vacante dal dipendente trasferito successivamente coperto da altro lavoratore svolgente le medesime mansioni ; - spostamento di tutto il personale addetto ad una determinata unità produttiva, nell'intento di far cessare i furti commessi da uno degli addetti rimasto ignoto ; - trasferimento disposto per gli stessi motivi per i quali il lavoratore era stato in precedenza posto in C.I.G. ; - trasferimento dovuto alla mera vacanza di un posto di lavoro nella sede di destinazione ; - trasferimento di lavoratore risultato professionalmente inidoneo a svolgere l'attività nel luogo di destinazione . La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che le ragioni giustificative del trasferimento - una volta che siano state richieste - devono essere comunicate al lavoratore in modo adeguato ed esauriente , in forma chiara, anche se succinta , così che la comunicazione dei motivi del trasferimento - oltre ad esplicitare compiutamente i motivi - non possa ingenerare equivoci o presentare lacune . Sulla base di tali premesse è stato riconosciuto illegittimo il trasferimento: - motivato con allegazioni generiche, tali da non consentire al lavoratore il controllo sulle ragioni poste alla base del provvedimento adottato ; - motivato, in particolare, con riferimento a generiche ragioni tecniche, organizzative e produttive indicate con formule quali, ad esempio, l'apertura di una nuova filiale , una "necessità operativa" , la provata esperienza del lavoratore da trasferire , l'esigenza di una riorganizzazione delle strutture , l'interesse a fornire un migliore e più qualificato servizio alla clientela (10), una pura e semplice esuberanza di organico (11). L'onere del datore di lavoro di indicare le ragioni del trasferimento può essere ampliato da disposizioni collettive, che, integrando in senso più garantistico la disciplina dell'art. 2103 cod. civ., assegnino rilievo anche a condizioni di ordine personale e familiare del lavoratore. Ciò peraltro non impone al datore di lavoro medesimo di esternare il complesso di attività relative all'acquisizione di dati, all'apprezzamento degli interessi coinvolti e al procedimento logico seguito per giungere all'adozione del provvedimento (12). E' illegittimo il trasferimento disposto senza il rispetto dell'obbligo del termine di preavviso eventualmente previsto dalla contrattazione collettiva. Tale obbligo non può, peraltro, essere eluso inviando - durante tale periodo di preavviso - il lavoratore in trasferta nel medesimo luogo per il quale è stato disposto il trasferimento, in quanto in tal modo verrebbe compromessa la finalità della disposizione dettata dalla contrattazione collettiva, intesa a ridurre al minimo i disagi del trasferimento ed a consentire al lavoratore di provvedere tempestivamente ad ogni bisogno individuale e familiare, anche abitativo, derivante dal mutamento di sede. Ne consegue che il lavoratore, il quale ometta di adempiere all'ordine di recarsi in trasferta, non può essere considerato assente ingiustificato, relativamente al periodo di durata del preavviso predetto (1). Se l'ordine di trasferimento risulta legittimamente intimato, in quanto adottato per comprovate ragioni tecnico-produttive ed organizzative, l'ingiustificato rifiuto del lavoratore di raggiungere la nuova sede di lavoro integra gli estremi di un notevole inadempimento contrattuale, sanzionabile con il licenziamento per giustificato motivo soggettivo ai sensi dell'art. 3, L. n. 604/1966, o, addirittura, può assumere il valore di un atto di dimissioni (1). Peraltro è stato ritenuto, al riguardo, che non costituisca inadempimento grave, tale da giustificare il licenziamento, il rifiuto del lavoratore nel caso in cui il datore di lavoro sia a sua volta inadempiente agli obblighi derivanti dal contratto collettivo nei confronti del lavoratore stesso (2). Nel caso in cui, al contrario, il trasferimento sia illegittimo, in quanto non giustificato da ragioni obiettive attinenti all'organizzazione dell'impresa, è opinione dominante che il rifiuto del lavoratore sia pienamente lecito, con la conseguenza che il rifiuto stesso non potrà mai giustificare la risoluzione unilaterale del rapporto ad iniziativa del datore di lavoro (3) ed il lavoratore avrà diritto, stante la mora credendi della controparte, a ricevere da questa la retribuzione per tutto il tempo in cui, rifiutando il trasferimento, sia rimasto a disposizione del datore di lavoro senza essere riammesso al servizio nella sede originaria (4). ---------- (1) Cass. 29 agosto 1979, n. 4713; Cass. 21 marzo 1975, n. 1073, (2) Cass. 3 luglio 1984, n. 3892, (3) Cass. 6 marzo 1975, n. 832, (4) Cass. 29 gennaio 1990, n. 577. Come si evince dalla suddetta casistica la nozione di "ragioni tecniche, organizzative e produttive" che giustificano il trasferimento è abbastanza vaga, tanto da dare luogo ad un lungo contenzioso basato su interpretazioni anche molto diverse di tali ragioni. Indicazioni a tale proposito possono essere rinvenite nel Contratto collettivo e nel contratto integrativo aziendale sia sul merito che sul metodo del trasferimento. In ogni caso, evidentemente, l'art. 700 costituisce la modalità principale per opporsi al trasferimento. Le numerose sentenze sinteticamente riportate sopra possono a tale proposito consentire l'acquisizione di una maggiore consapevolezza sugli esiti di un parte di tali ricorsi. http://www.portalavoro.regione.lazio. ... ito_1023_dettaglioQuesito
Data invio: 3/2/2013 10:30
|
|
_________________
VIRTUDE ET FIDE. |
||
![]() ![]() |