Le norme poste dagli art. 2 e 3 l. 20 maggio 1970 n. 300 a tutela della liberta' e dignita' del lavoratore, delimitando la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei suoi interessi, con specifiche attribuzioni nell'ambito dell'azienda (rispettivamente con poteri di polizia giudiziaria a tutela del patrimonio aziendale e di controllo della prestazione lavorativa), non escludono il potere dell'imprenditore, ai sensi degli art. 2086 e 2104 c.c., di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, gia' commesse o in corso di esecuzione, e cio' indipendentemente dalle modalita' del controllo, che puo' legittimamente avvenire anche occultamente, senza che vi ostino ne' il principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione dei rapporti, ne' il divieto di cui all'art. 4, stessa legge n. 300 del 1970, riferito esclusivamente all'uso di apparecchiature per il controllo a distanza (non applicabile analogicamente, siccome penalmente sanzionato). Sono pertanto legittimi, in quanto estranei alle previsioni delle suddette norme, i controlli posti in essere da dipendenti di un'agenzia investigativa i quali, operando come normali clienti di un esercizio commerciale e non esercitando potere alcuno di vigilanza e di controllo, verifichino l'eventuale appropriazione di denaro (ammanchi di cassa) da parte del personale addetto, limitandosi a presentare alla cassa la merce acquistata, a pagare il relativo prezzo e a verificare la registrazione o meno della somma incassata da parte del cassiere. Ne' possono considerarsi anomale o contrarie ai principi di correttezza e buona fede modalita' caratterizzate dall'intervento di piu' controllori e dalla pluralita' dei controlli in un breve arco temporale, essendo necessarie per l'individuazione di comportamenti illeciti quali quelli in questione. Cassazione civile sez. lav., 23 agosto 1996, n. 7776 Giust. civ. Mass. 1996,1216